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Texas, uomo armato si barrica nella sinagoga: in ostaggio quattro persone

L'attacco trasmesso in diretta sui social durante la funzione religiosa. Poi il blitz delle forze dell'ordine

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Colleyville – Terrore nella sinagoga di Colleyville, in Texas, dove un uomo si è barricato prendendo in ostaggio quattro persone, tra cui il rabbino.

Tutti sono stati liberati ore dopo. Il sequestratore, Muhammad Siddiqui, ha chiesto il rilascio di quella che ha detto di essere la sorella: Aaifa Siddiqui, la neuroscienziata pachistana conosciuta come ‘Lady Al Qaida’ e condannata a 86 anni di carcere per terrorismo. Successivamente gli avvocati hanno smentito la notizia spiegando che il sequestratore “non ha nulla a che fare con Aafia Siddiqui o con la sua famiglia”.

I primi minuti dell’attacco sono andati in diretta su Facebook, che stava trasmettendo in live stream la cerimonia all’interno della sinagoga. Si sente Muhammad Siddiqui – questo il nome del sequestratore secondo Abc – con il suo spiccato accento britannico chiedere ripetutamente di poter parlare con la sorella. Dice che “oggi morirà” e avverte i negoziatori fuori dall’edificio: “Se entrate moriranno tutti” gli ostaggi.

Chi è Lady Al Quaida

Di origini pachistane, Aaifa Siddiqui – che è stata per un periodo la donna più ricercata del mondo – ha studiato negli Stati Uniti, al Massachusetts Institute of Technology. Lo zio del suo secondo marito è Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto uno degli architetti dell’11 settembre. Aaifa Siddiqui è stata arrestata nel 2008 in Afghanistan: quando è stata fermata aveva con sé cianuro di sodio e documenti che descrivevano come produrre armi chimiche e come rendere l’Ebola un’arma, ma anche mappe dettagliate della città di New York. La donna ha sempre respinto le accuse. Durante il suo processo disse: “Sono musulmana ma amo l’America”. Il suo avvocato aveva quindi spiegato che la sua assistita aveva cercato di scappare alla custodia americana “per paura di essere torturata e inviata a Guantanamo”.

Il caso di Aaifa Siddiqui da anni solleva comunque dubbi e perplessità sull’atteggiamento tenuto nei suoi confronti dagli Stati Uniti, che mantengono nei riguardi della donna uno stretto riserbo. A destare dubbi è la sua scomparsa in Pakistan nel marzo del 2003 e la misteriosa ricomparsa cinque anni dopo in custodia americana. Secondo alcuni negli anni della sua scomparsa sarebbe stata imprigionata nel carcere di Bagram, rinomato per le torture ai prigionieri. Ora il fratello, con gesto folle, ne chiede il rilascio. “Fatemi parlare con mia sorella”, ha ripetuto ai negoziatori. Mentre la tensione resta alta a Colleyville, i controlli sono stati rafforzati in molte sinagoghe d’America. (Fonte: Ansa)

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