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Un anno fa l’omicidio di Attanasio, l’ambasciatore italiano ucciso per 50mila dollari

22 febbraio 2022 | 11:24
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Un anno fa l’omicidio di Attanasio, l’ambasciatore italiano ucciso per 50mila dollari

La moglie Zakia Seddiki: “Quel giorno dovevo essere insieme a Luca. Era un sognatore ma nonostante il viso d’angelo si arrabbiava molto se le cose non erano fatte con correttezza e onestà”

Roma – Ben 50mila dollari per ottenere il “lasciapassare”. Soldi che non erano però nella disponibilità delle persone, tra cui l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabinieri Vittorio Iacovacci, che erano a bordo del convoglio Onu fermato da un gruppo di banditi esattamente un anno fa, il 22 febbraio in Congo. Da qui il tentativo di rapimento finito tragicamente (leggi qui).

Dalle carte della Procura di Roma, che nelle scorse settimane ha proceduto alla chiusura delle indagini nei confronti di Rocco Leone, vicedirettore del Pam, il programma alimentare dell’Onu e del suo collaboratore Mansour Rwagaza. Nei loro confronti l’accusa è di omicidio colposo per non avere rispettato i protocolli di sicurezza nella preparazione della missione di Attanasio. Entro la metà di marzo i magistrati romani dovrebbero procedere con la richiesta di rinvio a giudizio.

Nei verbali di interrogatorio i due indagati ricostruiscono quanto avvenuto a Goma, nella zona del Parco del Virunga. “Ho dato tutto quello che avevo, 300-400 dollari e il mio telefonino – ha detto agli inquirenti Leone -. Anche l’ambasciatore ha cominciato a togliersi le cose che aveva indosso, sicuramente il portafogli e forse l’orologio. Ho detto a Iacovacci di stare calmo e di non prendere la pistola, forse gliel’ha detto anche l’ambasciatore”. Dal canto suo Rwagaza ha raccontato che i banditi “hanno intimato di consegnare i soldi. Volevano 50 mila dollari, altrimenti ci avrebbero portati nella foresta e poi avrebbero chiesto un riscatto… ho detto a Rocco Leone che dovevamo cooperare per evitare che fossimo sparati”.

I due sono accusati di avere “attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, – è detto nel capo di imputazione- quelli di due dipendenti Pam così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima”.

Per i magistrati di piazzale Clodio i dipendenti del Pam avrebbero anche “omesso, in violazione dei protocolli Onu, di informare cinque giorni prima del viaggio, la missione di pace Monusco che è preposta a fornire indicazioni specifiche in materia di sicurezza informando gli organizzatori della missione dei rischi connessi e fornendo indicazioni sulle cautele da adottare (come una scorta armata e veicoli corazzati)”.

E proprio nei giorni in cui l’indagine romana ha chiarito i contorni dell’agguato arriva in libreria un volume in cui a parlare è Zakia Seddiki, la moglie di Attanasio, la donna di origine marocchina che il diplomatico aveva conosciuto in una sua precedente missione in Marocco. “Quel giorno dovevo essere insieme a Luca – rivela la donna -. Era una mattina normalissima, come tutte le altre, avevo preparato le bimbe e le stavo accompagnando a scuola in macchina. Luca era un sognatore che guardava il mondo come un bel giardino, sempre con grandi motivazioni, molto serio e preciso al lavoro: nonostante il viso d’angelo, si arrabbiava molto se le cose non erano fatte con correttezza e onestà“. (fonte Ansa)