Roma, società cinematografiche per riciclare denaro di clan mafiosi

17 marzo 2022 | 11:42
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Roma, società cinematografiche per riciclare denaro di clan mafiosi

Sono 9 le persone arrestate oltre al sequestro preventivo per un valore complessivo di oltre 1 milione e 500mila euro

Roma – Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma nella mattinata odierna hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma nei confronti di nove persone gravemente indiziate, a vario titolo, di riciclaggio in concorso con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa [artt. 110, 648bis, 416 bis 1 c.p.] e di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti [artt. 2, 8 D.lgs 74/2000] e contestualmente il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma della Guardia di Finanza ha dato esecuzione alle misure cautelari reali (sequestro preventivo) disposte in seno al medesimo procedimento per un valore complessivo di oltre 1 milione e 500mila euro.

Più in particolare, l’attività di indagine svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma costituisce l’approfondimento di un filone collegato al procedimento che aveva portato, in data 18 gennaio 2022, all’esecuzione di misure cautelari personali relative a soggetti gravemente indiziati di aver costituito due sodalizi armati dediti al narcotraffico.

Erano emersi, infatti, nel corso delle indagini, dei rapporti con un produttore cinematografico finalizzati alla realizzazione del sequestro di persona di un imprenditore che aveva accumulato un rilevante debito nei confronti del clan camorristico D’Amico-Mazzarella, operante nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di Napoli, progetto delittuoso poi non andato a buon fine; gli approfondimenti investigativi inerenti il versante imprenditoriale delle indagini portavano a ricostruire e documentare le diverse fasi di un sistema di riciclaggio di somme ritenute provento delle attività del citato clan di camorra, così articolate:

prelievo del denaro in contanti a Napoli e successivo trasporto a Roma con opportuni accorgimenti atti all’occultamento a bordo dei veicoli utilizzati, avvalendosi del contributo di due appartenenti alle Forze dell’Ordine, uno alla Polizia di Stato e uno all’Arma dei Carabinieri, gravemente indiziati di concorso nel medesimo reato; questi, oltre a offrire maggiori garanzie di poter sfuggire a eventuali controlli durante il trasporto, avrebbero – alla stregua degli elementi indiziari emersi – esteso la propria collaborazione alla acquisizione e comunicazione di informazioni riservate utili a consentire l’elusione di eventuali indagini;

consegna del denaro da ripulire a un’azienda vitivinicola compiacente onde realizzare l’introduzione nel sistema finanziario legale attraverso movimentazioni monetarie anche all’estero;

trasferimento del denaro dall’azienda vitivinicola alle società cinematografiche controllate e gestite dal produttore con la copertura documentale di fatture per operazioni inesistenti, con particolare riferimento ad asserite sponsorizzazioni di opere filmiche, particolarmente indicate allo scopo di giustificare grosse transazioni grazie agli importanti flussi finanziari sottostanti (come captato nel corso delle intercettazioni: “perché un film può costare 200 mila ma può costare pure 50 milioni di euro”);

ritorno del denaro a Napoli attraverso transazioni bancarie eseguite dalle società cinematografiche a beneficio di altre società ritenute riferibili alla organizzazione camorristica beneficiaria delle operazioni ricostruite, in termini di gravità indiziaria, come riciclaggio.

Durante le investigazioni sono state documentate movimentazioni bancarie per operazioni di riciclaggio di almeno 1.250.000 euro, pur emergendo elementi di prova in ordine alla disponibilità sistematica di 200 mila euro al giorno da destinare a dette operazioni di mascheramento della provenienza illecita.

Le attività di indagine si sviluppavano grazie all’integrazione dei tradizionali strumenti investigativi, quali i servizi di pedinamento, con quelli tecnologicamente più avanzati (intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e video), che consentivano, da un canto, di monitorare direttamente il prelievo del denaro e le successive consegne al produttore cinematografico e all’azienda vitivinicola e, dall’altro, essendo la captazione eseguita anche all’interno degli uffici delle società cinematografiche, la consegna fisica del denaro contante in borsoni così come – mediante le intercettazioni dei dialoghi intercorsi – di captare le considerazioni in ordine alla convenienza dei reati finanziari rispetto ad altre tipologie di reati, soprattutto in termini di rapporto costi-benefici in ragione delle diverse pene edittali previste e dei rilevanti introiti in denaro.

Alla acquisizione degli elementi di prova che consentivano di delineare il quadro di gravità indiziaria nei termini di cui si è detto, concorrevano anche le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia intraneo al sodalizio camorristico.

Nell’ambito delle attività d’indagine, l’attenzione investigativa del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma della Guardia di Finanza è stata orientata alla ricostruzione dei rapporti economici intercorsi tra le persone fisiche e giuridiche coinvolte, consentendo l’individuazione di un complesso giro di fatture per operazioni inesistenti poste in essere per ripulire il denaro dei clan camorristici, frutto delle attività illecite perpetrate.

Sulla base dell’analisi dei flussi finanziari, è stato in particolare accertato, in termini di gravità indiziaria, l’utilizzo strumentale di una società operante nel campo della produzione cinematografica, con sede in Roma, che, da un lato, avrebbe emesso fatture per oltre 1,2 milioni di euro a favore di altra impresa con sede in provincia di Roma, attiva nel settore del commercio all’ingrosso di bevande alcoliche e alla quale sarebbe stata fornita la provvista in contanti per far fronte al pagamento, e, dall’altro, avrebbe ricevuto fatture per circa un milione di euro da diverse ditte localizzate in provincia di Napoli, relative a prestazioni di servizi non attinenti all’attività svolta, ma funzionali a giustificare il ritorno del denaro a quella sede.

In relazione a tali fatti è stata data esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo disposto dal GIP su richiesta della D.D.A. di Roma di oltre 1,5 milioni di euro in relazione alle ipotesi di reato di riciclaggio e di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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