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Roma, pirateria editoriale: rubavano lettori diffondendo notizie “prese” da altri giornali

L'intervento della Finanza di contrasto al furto di contenuti in danno di realtà editoriali e giornalistiche ha portato al sequestro di 32 canali social

Sono 32 i canali Telegram, Facebook, Instagram, Twitter ed i siti internet sequestrati dai finanzieri del Nucleo Speciale Beni e Servizi nel corso di un’operazione di contrasto alla pirateria editoriale online.

Le indagini sono iniziate nel mese di dicembre a seguito della collaborazione instaurata dal reparto speciale delle Fiamme gialle con F.I.E.G. – Federazione Italiana Editori Giornali, che ha messo a disposizione i suoi esperti per la verifica, unitamente alle case editrici delle testate interessate, dei canali social e dei siti individuati dai finanzieri.

Ultimata l’analisi dei contenuti finalizzati a circoscrivere le pubblicazioni illegali, è stata informata la Procura della Repubblica di Roma, che ha aperto un fascicolo ed avanzato richiesta di sequestro al Giudice per le indagini preliminari.

Il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria è stato, quindi, notificato a gestori e provider interessati e l’illecita diffusione di quotidiani, settimanali, mensili e riviste specializzate interrotta; oltre 500mila lettori “a scrocco” sono rimasti con lo schermo vuoto.

La pirateria editoriale e, quindi, il furto di contenuti a danno di realtà editoriali e giornalistiche regolarmente registrate, sottrae risorse alle case editrici e danneggia la vendita di prodotti digitali, le cui modalità di diffusione consentono di raggiungere un numero elevato di utenti con costi estremamente limitati, senza contare che il rincaro delle materie prime degli ultimi tempi rende più onerosa la distribuzione con metodi tradizionali anche a causa dell’aumento dei costi per la stampa ed il trasporto di giornali e riviste.

Oltre al rischio di sanzioni, i lettori che si rivolgono ai canali illeciti si espongono alla concreta possibilità di subire il furto dei propri dati mediante “pishing”. Infatti, come contropartita alla lettura gratis, taluni canali espongono link che reindirizzano a proposte commerciali a prezzi particolarmente vantaggiosi o di registrazione gratuita a servizi digitali. Utilizzando questi link, l’utente finisce per mettere i propri dati personali e finanziari nelle mani dei criminali oppure per attivare servizi a pagamento non richiesti.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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