Migranti, da Malta l’appello del Papa: “Non sono virus da cui difendersi ma persone da accogliere”

2 aprile 2022 | 12:23
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Migranti, da Malta l’appello del Papa: “Non sono virus da cui difendersi ma persone da accogliere”

Dall’isola centro del Mediterraneo Francesco leva un grido contro l’Occidente che alza muri: “Non possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri”

dall’inviato a Malta – I migranti? “Persone da accogliere” e “non un virus da cui difendersi”. Nella prima tappa del suo 36mo Viaggio Apostolico, dall’isola situata nel cuore del Mediterraneo, il Papa riaccende i riflettori sulla problematica delle migrazioni, una questione – proprio in questi giorni – amplificata dal conflitto nell’est Europa che sta costringendo milioni di ucraini a lasciare la propria terra martoriata dalle bombe.

Un argomento, quello della guerra in Ucraina (che in questa due giorni maltese terrà banco tanto quanto il tema dell’accoglienza e dei migranti) affrontato anche sul volo papale. Diversi i giornalisti che hanno accompagnato il Pontefice con un fazzoletto giallo blu o la bandierina ucraina fissa sul bavero della giacca con una spilletta. Francesco si commuove quando una collega gli consegna i disegni di alcuni bambini ucraini ospitati in una parrocchia romana. Sulla carta sono rappresentati, come solo dei bimbi di cinque anni sanno fare, famiglie felici che si tengono per mano su un prato verde. Lo sfondo è un cielo azzurro. Un cielo che ora, invece di regalare sorrisi, fa piovere morte e distruzione.

Atterrato puntuale all’aeroporto internazionale, la Cerimonia di Benvenuto si svolge come da protocollo. Ad attendere Francesco ci sono, come da consuetudine, il picchetto d’onore e le più alte cariche dello stato. Due bimbi gli offrono dei fiori. E dopo gli inni, tra due ali di folla festante, il Papa raggiunge il Palazzo del Gran Maestro dove incontra, privatamente, prima il Presidente della Repubblica al quale regala la medaglia celebrativa di questo viaggio apostolico raffigurante San Paolo apostolo, un santo che con Malta ha un legame particolare. legame che lo stesso Pontefice ricorda iniziando il primo dei cinque discorsi sull’isola, ovvero quello rivolto al Corpo Diplomatico e alle autorità maltesi.

“I vostri antenati diedero ospitalità all’Apostolo Paolo mentre era diretto a Roma, trattando lui e i suoi compagni di viaggio ‘con rara umanità’ (At 28,2)”, esordisce Francesco, citando anche il motto del viaggio. “Venendo da Roma, sperimento anch’io la calorosa accoglienza dei maltesi, tesoro che nel Paese si tramanda di generazione in generazione”. Nella Grand Council Chamber, Bergoglio, per la posizione dell’isola, la definisce “il cuore del Mediterraneo”. Ma non si tratta solo di una questione geografica.

“L’intreccio di avvenimenti storici e l’incontro di popolazioni fanno da millenni di queste isole un centro di vitalità e di cultura, di spiritualità e di bellezza, un crocevia che ha saputo accogliere e armonizzare influssi provenienti da molte parti. Non a caso – spiega – nelle antiche rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo la rosa dei venti era spesso collocata vicino all’isola di Malta”. Francesco prende in prestito questa immagine della rosa dei venti e articola il suo discorso per “delineare quattro influssi essenziali per la vita sociale e politica di questo Paese”.

Il primo sguardo del Papa è rivolto al nord, ovvero all’Unione Europea, “edificata perché vi abiti una grande famiglia unita nel custodire la pace”. Una pace per la quale è necessario “lavorare insieme” anteponendo “la coesione a ogni divisione”, così com’è accaduto a Malta. “Ma per garantire una buona convivenza sociale – ammonisce -, non basta consolidare il senso di appartenenza; occorre rafforzare le fondamenta del vivere comune, che poggia sul diritto e sulla legalità”.

Francesco sferza quindi le autorità maltesi, negli ultimi tempi tornati sotto i riflettori della cronaca a causa della corruzione: “L’onestà, la giustizia, il senso del dovere e la trasparenza sono pilastri essenziali di una società civilmente progredita. L’impegno a rimuovere l’illegalità e la corruzione sia dunque forte, come il vento che, soffiando da nord, spazza le coste del Paese. E siano sempre coltivate la legalità e la trasparenza, che permettono di sradicare malvivenza e criminalità, accomunate dal fatto di non agire alla luce del sole”.

Ma promuovere giustizia ed equità sociale equivale anche a salvaguardare il pianeta: “Il creato appare come il dono che, fra le prove della storia e della vita, ricorda la bellezza di abitare la terra. Va perciò custodito dall’avidità vorace, dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia, che non compromette solo il paesaggio, ma il futuro. Invece, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale preparano l’avvenire, e sono ottime vie per far appassionare i giovani alla buona politica, sottraendoli alle tentazioni del disinteresse e del disimpegno”.

Parlando poi del dell’ovest, Francesco mette in luce l’importanza di tutelare i diritti umani: “Progredire non significa tagliare le radici con il passato in nome di una falsa prosperità dettata dal profitto, dai bisogni indotti dal consumismo, oltre che dal diritto di avere qualsiasi diritto. Per uno sviluppo sano, è importante custodire la memoria e tessere con rispetto l’armonia tra le generazioni, senza lasciarsi assorbire da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche. Alla base di una crescita solida c’è la persona umana, il rispetto della vita e della dignità di ogni uomo e di ogni donna”. Torna poi a condannare, implicitamente, eutanasia e aborto: “Vi incoraggio a continuare a difendere la vita dall’inizio fino al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla trascuratezza. Penso specialmente alla dignità dei lavoratori, degli anziani e dei malati. E ai giovani, che rischiano di buttare via il bene immenso che sono, inseguendo miraggi che lasciano dentro tanto vuoto”.

Poi è la volta del sud, da dove “giungono tanti fratelli e sorelle in cerca di speranza. Vorrei ringraziare le Autorità e la popolazione per l’accoglienza loro riservata in nome del Vangelo, dell’umanità e del senso di ospitalità tipico dei maltesi. Secondo l’etimologia fenicia – spiega -, Malta significa ‘porto sicuro’. Tuttavia, di fronte al crescente afflusso degli ultimi anni, timori e insicurezze hanno generato scoraggiamento e frustrazione”.

Il Papa invita a contestualizzare la problematica dei migranti nelle “prospettive più ampie di tempo e di spazio. Di tempo: il fenomeno migratorio non è una circostanza del momento, ma segna la nostra epoca. Porta con sé i debiti di ingiustizie passate, di tanto sfruttamento, di cambiamenti climatici, di sventurati conflitti di cui si pagano le conseguenze. Dal sud povero e popolato masse di persone si spostano verso il nord più ricco: è un dato di fatto, che non si può respingere con anacronistiche chiusure, perché non vi saranno prosperità e integrazione nell’isolamento”.

“C’è poi da considerare lo spazio: l’allargamento dell’emergenza migratoria – pensiamo ai rifugiati dalla martoriata Ucraina – chiede risposte ampie e condivise”. E qui tuona contro l’Occidente: “Non possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri! E non possono Paesi civili sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che schiavizzano le persone. Il Mediterraneo ha bisogno di corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà”. “Il Mediterraneo – aggiunge a braccio – non può diventare un cimitero più grande dell’Europa”.

Parlando di naufragio, il pensiero del Pontefice torna a San Paolo, “che nel corso della sua ultima traversata nel
Mediterraneo giunse su queste coste in modo imprevisto e fu soccorso. Poi, morso da una vipera, fu giudicato un malvivente; poco dopo, invece, venne ritenuto una divinità per non averne subito conseguenze (cfr At 28,3-6). Tra le esagerazioni dei due estremi sfuggiva l’evidenza primaria: Paolo era un uomo, bisognoso di accoglienza. L’umanità viene prima di tutto e premia in tutto”. Francesco inviata a riscoprire “la bellezza di servire i bisognosi. Mentre oggi, nei confronti di chi attraversa il Mediterraneo in cerca di salvezza, prevalgono il timore e “la narrazione dell’invasione”, e l’obiettivo primario sembra essere la tutela ad ogni costo della propria sicurezza, aiutiamoci a non vedere il migrante come una minaccia e a non cedere alla tentazione di innalzare ponti levatoi e di erigere muri”.

“L’altro – ammonisce – non è un virus da cui difendersi, ma una persona da accogliere, e ‘l’ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone’ (Esort. ap. Evangelii gaudium, 88). Non lasciamo che l’indifferenza spenga il sogno di vivere insieme! Certo, accogliere costa fatica e richiede rinunce. Anche per San Paolo fu così: per mettersi in salvo fu prima necessario sacrificare i beni della nave (cfr At 27,38). Ma sono sante le rinunce fatte per un bene più grande, per la vita dell’uomo, che è il tesoro di Dio!”.

Infine, nel ricordare il vento che arriva dall’est, il pensiero del Papa non può che andare ai venti di guerra che stanno soffiando su tutto il continente. Bergoglio definisce Putin un “potente infantile” rimasto “tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti” che “provoca e fomenta conflitti” (leggi qui).

Ma “la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”.

“Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace. Dio benedica Malta e Gozo!”, conclude il Pontefice che, prima di arrivare alla Nunziatura Apostolica si affaccia sul balcone per salutare e benedire la folla, radunatasi nello spiazzo, che lo acclama festante.

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