Roma, finti investimenti e la minaccia per essere risarcito: “Faccio parte di un noto clan”

12 aprile 2022 | 09:46
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Roma, finti investimenti e la minaccia per essere risarcito: “Faccio parte di un noto clan”

La Polizia ha dato esecuzione a un provvedimento di carcerazione a seguito delle numerose condanne nei confronti del 35enne

Roma – Gli agenti della Polizia di Stato del commissariato Colombo, a seguito di approfondite indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, hanno proceduto all’esecuzione di un provvedimento di carcerazione a seguito delle numerose condanne nei confronti di un 35enne, sorvegliato speciale, che dovrà espiare la pena di 4 anni, 5 mesi e 11 giorni di reclusione.

Nel corso degli anni il 35enne aveva collezionato una lunga serie di reati, tra i quali estorsione e truffa aggravata commessi nei confronti di numerosi soggetti rimasti vittime della c.d. “tecnica dello specchietto” dove venivano costretti a pagare somme di denaro quale risarcimento di danni mai realmente provocati.

Grazie all’attività d’indagine intrapresa sul “modus operandi ” del reo, gli agenti son riusciti ad attribuire allo stesso numerosi reati, con più di 10 vittime, culminati nel giugno del 2019 con l’esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Terminato il periodo in carcere e sottoposto in regime di Sorveglianza Speciale, lo stesso però ha perseverato con le medesime condotte: recentemente è fuggito a bordo di un ciclomotore durante l’ennesimo tentativo nei confronti di un’automobilista – tentativo non andato a buon fine poiché seguito dagli agenti in borghese.

La tecnica utilizzata, era sempre la stessa: l’autore simulava di “essere stato colpito a piedi sul ciglio della strada o a bordo di autovettura/motociclo in transito”….da qui la successiva richiesta di soldi sotto minaccia alla vittima prescelta, e l’affermazione da parte dello stesso di appartenere ad un noto “clan”. In altri casi invece il 35enne asseriva di “essere il padre di un pugile campione del mondo…minacciando di spaccare la faccia alle povere vittime” fino a costringerle a recarsi presso il più vicino bancomat per prelevare i soldi.

Dall’attività investigativa i poliziotti hanno potuto delineare la pressoché univoca descrizione del responsabile: un uomo alto tra 1,70 e 1,80 metri , carnagione olivastra, fra i 30 e 40 anni.

L’uomo metteva a segno le proprie condotte seriali nelle zone limitrofe alla propria abitazione dove era sottoposto inizialmente agli arresti domiciliari e poi alla Sorveglianza Speciale.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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