Il Papa striglia i preti: “Quando confessate non torturate i fedeli: ascoltate e perdonate”

24 aprile 2022 | 11:35
Share0
Il Papa striglia i preti: “Quando confessate non torturate i fedeli: ascoltate e perdonate”

Il dolore al ginocchio costringe il Pontefice, ancora una volta, a non presiedere la Messa, ma pronuncia comunque l’omelia ed esorta i fedeli ad accostarsi al sacramento della confessione: “La Chiesa è strumento di riconciliazione per tutta l’umanità”

Città del Vaticano – Ascoltare e perdonare, non torturare i fedeli nel confessionale. E’ il monito che arriva da Papa Francesco durante la Messa dell’Ottava di Pasqua, che Giovanni Paolo II ha consacrato alla Divina Misericordia. Pur senza presiedere la celebrazione, facendosi sostituire dall’arcivescovo Rino Fisichella, il Pontefice pronuncia l’omelia durante la liturgia nella basilica di San Pietro.

Il dolore al ginocchio persiste, ed è per questo che il Santo Padre, prima dell’inizio del rito, è stato accompagnato a sedersi su una poltrona davanti all’Altare della Confessione (come era già successo durante la Veglia Pasquale leggi qui): evidente la difficoltà di camminare e il procedere a piccoli passi, in conseguenza dell’infiammazione ai legamenti.

In basilica, gremita da migliaia di fedeli, sono presenti anche i Missionari della Misericordia, istituiti dallo stesso Pontefice argentino a coronamento del Giubileo straordinario del 2015: sono stati incaricati di assolvere anche peccati che in genere possono essere assolti solo dal Pontefice o dai Vescovi (come l’aborto). Ed è soprattutto a loro, e ai preti in generale, a cui è rivolto principalmente il messaggio dell’omelia, incentrata sulle parole che Cristo Risorto pronuncia agli apostoli e che compare nel Vangelo odierno ben tre volte: “Pace a voi!” (Gv 20,19.21.26). In questi tre saluti, sottolinea il Papa, possiamo scoprire “tre azioni della divina misericordia in noi. Essa anzitutto dà gioia; poi suscita il perdono; infine consola nella fatica”.

La misericordia di Dio, innanzitutto, “dà gioia, una gioia speciale, la gioia di sentirsi perdonati gratuitamente”. Gli apostoli, infatti, “quando la sera di Pasqua vedono Gesù e si sentono dire per la prima volta ‘Pace a voi!’, gioiscono”. Dopo la morte erano rimasti chiusi in casa per paura, “ma erano anche chiusi in sé stessi, abbattuti da un senso di fallimento”. Ed è in questo clima che arriva il Risorto: “Avrebbero dovuto provare vergogna – spiega Bergoglio -, e invece gioiscono. Perché? Perché quel volto, quel saluto, quelle parole spostano la loro attenzione da sé stessi a Gesù. Vengono distolti da sé stessi e dai propri fallimenti e attirati dai suoi occhi, dove non c’è severità, ma misericordia. Cristo non recrimina sul passato, ma dona loro la benevolenza di sempre”. Questo “li rianima, infonde nei loro cuori la pace perduta, li rende uomini nuovi, purificati da un perdono donato senza calcoli e senza meriti. Questa è la gioia di Gesù, la gioia che abbiamo provato anche noi sperimentando il suo perdono”. Anche a noi, sottolinea, “è capitato di assomigliare ai discepoli della sera di Pasqua: dopo una caduta, un peccato, un fallimento. In quei momenti sembra che non ci sia più nulla da fare. Ma proprio lì il Signore fa di tutto per donarci la sua pace: attraverso una Confessione, le parole di una persona che si fa vicina, una consolazione interiore dello Spirito, un avvenimento inaspettato e sorprendente… In vari modi Dio si premura di farci sentire l’abbraccio della sua misericordia”.

Nel secondo “Pace a voi!”, Cristo aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (v. 21). E dona ai discepoli lo Spirito Santo, per renderli operatori di riconciliazione: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (v. 23). “Non solo ricevono misericordia – fa notare Francesco -, ma i discepoli diventano dispensatori di quella stessa misericordia che hanno ricevuto. Ricevono questo potere, ma non in base ai loro meriti, no: è un puro dono di grazia, che poggia però sulla loro esperienza di uomini perdonati”. E, a braccio, rivolgendosi ai Missionari della Misericordia, dice: “Se non vi sentite perdonati fermatevi. Fate memoria della vostra riconciliazione e da quella misericordia sarete in grado di dare tanta gioia”.  Bergoglio striglia poi tutti i sacerdoti: “Non torturate i fedeli che si confessano, ascoltate e perdonate. Dio perdona tutto. Non chiudere quella porta”.

“Tutta la Chiesa – ammonisce il Papa – è stata resa da Gesù una comunità dispensatrice di misericordia, un segno e uno strumento di riconciliazione per l’umanità. Quando sperimentiamo la gioia di essere liberati dal peso dei nostri peccati, dei nostri fallimenti; quando sappiamo in prima persona che cosa significa rinascere, dopo un’esperienza che sembrava senza via d’uscita, allora bisogna condividere con chi ci sta accanto il pane della misericordia”. Quindi, invita tutti a riflettere: “Io, qui dove vivo, in famiglia, al lavoro, nella mia comunità, promuovo la comunione, sono tessitore di riconciliazione? Mi impegno per disinnescare i conflitti, per portare perdono dove c’è odio, pace dove c’è rancore?”. E a braccio aggiunge: “O io cado nel mondo del chiacchiericcio che sempre uccide?”.

Il terzo “Pace a voi!” il Signore lo ripete “per confermare la fede faticosa di Tommaso”. Tommaso, spiega Bergoglio, “vuole vedere e toccare. E il Signore non si scandalizza della sua incredulità, ma gli viene incontro: ‘Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani’ (v. 27)”. Non sono parole di sfida, ma di misericordia – precisa -. Gesù comprende la difficoltà di Tommaso: non lo tratta con durezza e l’apostolo è scosso dentro da tanta benevolenza. Ed è così che da incredulo diventa credente”. In Tommaso, aggiunge “c’è la storia di ogni credente: ci sono momenti difficili, in cui sembra che la vita smentisca la fede, in cui siamo in crisi e abbiamo bisogno di toccare e di vedere. Ma, come Tommaso, è proprio qui che riscopriamo il cuore del Signore, la sua misericordia”.

“Davanti al nostro peccato c’è Gesù che offre le sue piaghe. E nel nostro ministero di confessori – aggiunge nuovamente a braccio rivolgendosi ai preti – dobbiamo far vedere questo, che le piaghe di Gesù sono più potenti del peccato”. Ma quelle piaghe ci fanno “scoprire anche le piaghe dei fratelli e delle sorelle. Sì, la misericordia di Dio, nelle nostre crisi e nelle nostre fatiche, ci mette spesso in contatto con le sofferenze del prossimo. E, se ci prendiamo cura delle piaghe del prossimo e vi riversiamo misericordia, rinasce in noi una speranza nuova, che consola nella fatica”.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
ilfaroonline.it è su TELEGRAM. Per iscriverti al canale Telegram con solo le notizie di Papa & Vaticano, clicca su questo link.
ilfaroonline.it è anche su GOOGLE NEWS. Per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie, clicca su questo link e seleziona la stellina in alto a destra per seguire la fonte