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Inchini e “sorrisi”: ecco lo studio sul linguaggio dei cani 

Le ricerche di un gruppo di etologhe dell'Università di Pisa concentrata sul Cane lupo cecoslovacco

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“Un inchino per incitare al gioco e un ‘sorriso’ per rassicurare nel caso di azioni potenzialmente ambigue come morsi o spinte”. Sarebbe questo il significato di due segnali molto comuni emessi dai cani durante il gioco secondo le ricerche di un gruppo di etologhe dell’Università di Pisa pubblicate sulle riviste Current Zoology e Animal Behaviour. Le studiose si sono concentrate su una specifica razza, il Cane lupo cecoslovacco, fra le più vicine alla controparte selvatica, il lupo.

Dopo aver visionato più di 15 ore di video, le etologhe sono riuscite a estrarre 822 ‘sorrisi’ o facce da gioco e 76 inchini, che sono stati poi analizzati in modo dettagliato: “In particolare – spiega l’Ateneo pisano in una nota – la faccia da gioco è un’espressione facciale caratterizzata dall‘apertura rilassata della bocca che somiglia fortemente al sorriso umano e a quello di numerose specie di scimmie. Di fatto per i cani ha la stessa funzione che per noi hanno gli smile quando scriviamo un messaggio di testo che potrebbe essere frainteso. L’inchino è, invece, una postura che coinvolge tutto il corpo dell’animale e che viene eseguito quando il compagno di gioco comincia a perdere interesse e a rispondere alle azioni in modo rallentato. È a questo punto della partita che il giocatore più motivato si mette ‘in posa’ inchinandosi per risvegliare la voglia di giocare nel partner”.

“Grazie a questi studi – spiega la professoressa Elisabetta Palagi, coordinatrice delle ricerche – si possono comprendere, un tassello alla volta, i raffinati segnali comunicativi che questi animali hanno sviluppato nel corso della loro storia evolutiva per comunicare con i propri simili e con noi”.

Le ricerche sono state ideate e condotte dall’unità di etologia del dipartimento di biologia dell’Università di Pisa con il contributo Veronica Maglieri, di Fosca Mastrandrea studentessa magistrale del corso in conservazione ed evoluzione e di Anna Zanoli, dottore di ricerca all’Università di Torino e collaboratrice del team pisano. (Fonte Ansa).

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