Italia e Cina: l’economia corre veloce sulla (nuova) via della seta

6 giugno 2022 | 12:41
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Italia e Cina: l’economia corre veloce sulla (nuova) via della seta

Scambi commerciali e turistici, investimenti di capitale e produzioni nel rispetto dell’ambiente. Ecco la via della seta post-Covid, che ora deve fare i conti con la guerra in Ucraina

Roma – Cina e Italia: una superpotenza economica collegata con il Bel Paese da quella che in passato era conosciuta come la “via della seta”. Ai più riaffioreranno alla mente ricordi di banchi di scuola, con le vicende di Marco Polo e grandi carovane di cavalli e cammelli pronte a sfidare torridi deserti e gelide montagne, per commerciare tessuti preziosi, spezie e quant’altro, ma anche per approfondire la conoscenza e i saperi di due culture lontane.

Oggi, a distanza di secoli, la via della seta è una realtà viva: a percorrerla non più le carovane di cammelli e cavalli ma più moderni mezzi di trasporto che consentono, con molta più rapidità, di raggiungere territori lontani. Ma in cosa consiste oggi questa via della seta? Quali tipi di “merce” legano Italia e Cina? Noi de ilfaroonline.it ne abbiamo parlato con Michele De Gasperis, fondatore e Presidente dell’Istituto Italiano Obor – 意 大 利 一 带 一 路 研 究 机, un’istituzione italiana che mira a creare sbocchi commerciali e di cooperazione lungo le rotte di Belt e Road, nonché esperto di internazionalizzazione e attrazione di investimenti esteri per le imprese italiane e consulente per istituzioni, società private, enti e amministrazioni pubbliche.

“La One Belt One Road Initiative, conosciuta in Italia come ‘Nuova Via della Seta’, non è solo una realtà viva, ma è anche la migliore opportunità per il nostro made in Italy. Questa nuova piattaforma commerciale, infatti, costituita da un collegamento terrestre e da uno marittimo, è probabilmente l’esempio più ambizioso di attività politica economica nel XXI secolo. Basti pensare che essa attraversa 146 Paesi e comprende 32 organizzazioni internazionali. La Cina, inoltre, che secondo le stime nel 2028 diventerà la prima economia mondiale, è anche il nono mercato di destinazione per le merci italiane e il terzo Paese fornitore verso l’Italia. Le principali merci al centro di questo interscambio sono ancora quelle legate al settore medico-sanitario, fondamentali durante la pandemia, al comparto dell’automotive, della pelletteria, dell’abbigliamento e del lusso. Per questo, la Cina è ancora uno dei main partner per il nostro commercio extra Ue”.

La pandemia da Covid ha avuto il suo peso in negativo, ma anche se ad oggi, continua De Gasperis, che è anche professore e presidente del Dipartimento Belt and Road dell’Università delle Nazioni Unite per la Pace di Roma, “non è facile avere dei numeri aggiornati al periodo pandemico ed emergenziale, in base agli ultimi dati possiamo affermare che la natura degli investimenti cinesi in Italia è soprattutto legata al capitale. Nel 2019 erano infatti ben 405 i gruppi cinesi che avevano investito in 706 aziende italiane, per un valore complessivo di 25 miliardi di euro. Le aziende italiane presenti in Cina, invece, prediligono gli investimenti diretti, con l’entrata dei propri brand sul mercato cinese. Queste imprese, ampiamente diversificate dal punto di vista settoriale, sono circa 2mila, con un fatturato di circa 5 miliardi di Euro. L’ingresso di queste realtà in un mercato in crescita ma ampiamente diversificato come quello cinese, non consiste in un mero esercizio di traduzione. Occorre spesso avvalersi dell’esperienza del giusto partner locale, che possa guidare il brand italiano lungo tutto il processo di internazionalizzazione”.

Negli ultimi anni, prima il Covid, ora la guerra nell’est Europa, hanno e stanno ancora influenzando gli asset commerciali tra Italia e Cina. Eppure, “nonostante le importanti limitazioni causate dalla persistente pandemia, la Cina resta il principale partner commerciale dell’Italia e anche dell’Ue. Se pensiamo – sottolinea il Presidente dell’Obor – ai dati del primo trimestre 2022, infatti, gli scambi commerciali da e verso la Cina hanno mantenuto un andamento positivo. Ciò rappresenta il legame profondo che ha unito prima i popoli e poi i mercati italiano e cinese anche durante le difficoltà della pandemia e che ha permesso di implementare gli scambi tra le due realtà in materia di attrezzature e di conoscenze mediche. È ancora presto per dare un giudizio sull’impatto che la guerra in Ucraina avrà sugli scambi tra i nostri Paesi, ma i segnali ricevuti finora sono molto positivi”.

Un altro aspetto importante è che lungo la nuova via della seta viaggiano anche i turisti: basti pensare che “i viaggiatori cinesi – spiega De Gasperis – sono il principale target del turismo italiano, che nel 2020 ha visto una decrescita di circa 35 miliardi di euro rispetto ai livelli dell’anno precedente. Per capirne il peso specifico e le sue ricadute sull’intero sistema economico, pensiamo che nel 2019 sono stati circa 4 milioni i viaggi organizzati dai tour operator cinesi verso l’Italia, molti dei quali a Roma e Milano, i quali avevano generato una spesa di più di 600 milioni di euro. Allo stesso modo, per la Cina quello dei viaggiatori italiani è uno dei maggiori target da sviluppare nel prossimo futuro, come possibile via d’accesso anche al turismo europeo”.

E con il conflitto nell’est Europa le cose stanno cambiando? “Sebbene anche qui non sia possibile indicare l’impatto preciso della guerra in Ucraina sui flussi turistici tra i due Paesi, il desiderio reciproco di scoperta è ancora vivo nei viaggiatori. Per intercettarlo, sarà necessario mettere in piedi nuove strategie per permettere ai due Paesi di valorizzare i propri territori. Una di queste è la promozione di patti di amicizia tra città ed enti territoriali omologhi italiani e cinesi, che potranno mettere in collegamento i propri settori artistici, culturali e produttivi, dando vita a nuove iniziative volte ad intercettare i flussi turistici transfrontalieri. Tale approccio nuovo mira a sostenere lo sviluppo dei sistemi territoriali, economici e industriali locali attraverso la promozione e l’organizzazione di iniziative congiunte. Tale modello si applicherebbe bene anche al nostro litorale romano, sede di uno dei più importanti aeroporti d’Europa”.

In occidente la Cina è considerata da molti una potenza in grado di sbilanciare l’economia internazionale. Oggi ha realmente la forza e la rilevanza economica per farlo? “La Cina è indubbiamente il maggiore mercato commerciale in crescita al momento. Lo dimostra il fatto che l’economia del Paese ha chiuso il 2021 con un incremento del PIL pari al 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tutto ciò rende il Paese ancora uno dei principali interlocutori sul piano internazionale in materia di cooperazione economica e commerciale“.

Oggi la parola economia si lega alla parola ambiente. La sfida del clima oggi è di rilievo e, oltre agli accordi degli Stati, anche le aziende stanno lavorando per arrivare a quel famoso abbattimento delle emissioni di Co2. Non a caso, “la sostenibilità è il tema del futuro, e anche noi dell’Istituto Italiano Obor con il progetto Rise – Rome Initiative for Sustainable Enterprises stiamo investendo nel settore fornendo assistenza tecnica a startup innovative che costruiscano un ponte comunicativo in realtà economiche emergenti. In Cina, in particolare, il quattordicesimo piano quinquennale ha dettato le linee guida per la rivoluzione green nel Paese, con obiettivi specifici per migliorare l’efficienza energetica del sistema produttivo, della qualità dell’aria e delle acque. Un impegno che è stato reso evidente dai risultati ottenuti durante le ultime Olimpiadi invernali di Pechino in termini di qualità dell’aria e di inquinamento del terreno. Per questo, la Cina è un partner determinante per l’Italia, che sta destinando sempre più energie al perseguimento della neutralità climatica grazie anche ai fondi del Pnrr“.

Nei suoi interventi sull’economia Papa Francesco ripete sempre che oggi è fondamentale “rimettere al centro l’uomo e non i soldi”. In una situazione come quella odierna, con una guerra alle porte di casa e dopo due anni di pandemia, come si può realizzare un’economia che abbia al centro l’uomo? “Noi dell’Istituto Italiano Obor crediamo fortemente che solo attraverso un processo di conoscenza reciproca e di pacificazione tra i popoli è possibile creare legami economici e commerciali stabili. Questi valori, su cui si basa la Belt and Road, rappresentano le fondamenta per costruire un nuovo futuro condiviso, costruito su ideali che oggi sono ancor più determinanti sullo scenario internazionale. La nostra visione in questo senso si intreccia con quella proposta da Papa Francesco, arricchendosi di nuove idee per la rinascita di un nuovo modello economico”.

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