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Santi Pietro e Paolo, il Papa: “Non lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per migliorarla” foto

Nella festa dei patroni di Roma il Papa celebra messa nella basilica vaticana e benedice i palli per i nuovi Arcivescovi. Poi il monito ai fedeli: "Attenzione al clericalismo. è una perversione. Peggio ci sono solo i laici clericalizzati"

Città del Vaticano – “Nella Chiesa, ciascuno è chiamato ad essere discepolo missionario e a offrire il proprio contributo. Non bisogna lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per la Chiesa”, per renderla migliore, per far sì che nessuno “sia al di sopra degli altri” o “al centro”, perché il centro spetta solo a Cristo. Dal pulpito della basilica vaticana, addobbata a festa per la Solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo, patroni della città di Roma, Papa Francesco striglia preti, vescovi e cardinali, sottolineando la necessità di partecipare alla vita della Chiesa “con passione e umiltà: con passione, perché non dobbiamo restare spettatori passivi; con umiltà, perché impegnarsi nella comunità non deve mai significare occupare il centro della scena, sentirsi migliori e impedire ad altri di avvicinarsi.
Chiesa sinodale significa: tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri”.

Come da tradizione benedice i Palli, presi dalla Confessione e destinati agli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’anno. Da qualche anno, per volere dello stesso Bergoglio, il Pallio (la stola di lana bianca che richiama l’agnello portato sulle spalle, come simbolo del ufficio del Vescovo, chiamato a essere buon pastore, ndr), non viene più imposto ma solo consegnato. La cerimonia dell’imposizione avverrà in seguito nella rispettiva Sede Metropolitana di ogni Arcivescovo, e sarà presieduta da un rappresentante del Pontefice.

Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico guidata dall’Arcivescovo di Telmissos Job, Rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese e co-presidente della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, accompagnato dal Vescovo di Alicarnassos Adrianos e dal Diacono Patriarcale Barnabas Grigoriadis.

Il dolore al ginocchio persiste e Francesco rinuncia a salire i gradini dell’altare per la consacrazione e anche a scendere le scalette che portano alla tomba del Principe degli Apostoli: la preghiera con Telmissos Job avviene davanti al cancelletto. Francesco partecipa comunque attivamente al rito con indosso i paramenti sacri. La sede è situata di lato, a pochi passi dalla maestosa statua bronzea di San Pietro, per l’occasione rivestita con il tradizionale piviale rosso e dorato e incoronata con la tiara papale tempestata di pietre preziose.

Nell’omelia, il Santo Padre riflette su due aspetti che emergono dalle letture del giorno: alzarsi in fretta e combattere la buona battaglia: “Chiediamoci che cosa hanno da suggerire alla Comunità cristiana di oggi, mentre è in corso il processo sinodale”, esordisce il Pontefice, ricordando in primis il racconto degli Atti degli Apostoli sulla liberazione di Pietro da parte dell’angelo: “È un’immagine significativa per la Chiesa. Anche noi, come discepoli del Signore e come Comunità cristiana siamo chiamati ad alzarci in fretta per entrare nel dinamismo della risurrezione e per lasciarci condurre dal Signore sulle strade che Egli vuole indicarci”.

“Sperimentiamo ancora tante resistenze interiori che non ci permettono di metterci in movimento, tante resistenze. A volte, come Chiesa, siamo sopraffatti dalla pigrizia e preferiamo restare seduti a contemplare le poche cose sicure che possediamo, invece di alzarci per gettare lo sguardo verso orizzonti nuovi, verso il mare aperto. Siamo spesso incatenati come Pietro nella prigione dell’abitudine, spaventati dai cambiamenti e legati alla catena delle nostre consuetudini – ammonisce il Papa -. Ma così si scivola nella mediocrità spirituale, si corre il rischio di ‘tirare a campare’ anche nella vita pastorale, si affievolisce l’entusiasmo della missione e, invece di essere segno di vitalità e di creatività, si finisce per dare un’impressione di tiepidezza e di inerzia”.

In questa prospettiva, “il Sinodo che stiamo celebrando ci chiama a diventare una Chiesa che si alza in piedi, non ripiegata su sé stessa, capace di spingere lo sguardo oltre, di uscire dalle proprie prigioni per andare incontro al mondo, con il coraggio di aprire le porte”.

Poi, a braccio aggiunge: “Apriamo le porte. È il Signore che chiama. Una Chiesa senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato, in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito Santo. Una Chiesa libera e umile, che ‘si alza in fretta’, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti”.

“Non dimentichiamo questa parola: tutti. Tutti! Andate all’incrocio delle strade e portate tutti, ciechi, sordi, zoppi, ammalati, giusti, peccatori: tutti, tutti! Questa parola del Signore deve risuonare – aggiunge ancora a braccio -, risuonare nella mente e nel cuore: tutti, nella Chiesa c’è posto per tutti. E tante volte noi diventiamo una Chiesa dalle porte aperte ma per congedare gente, per condannare gente. Ieri uno di voi mi diceva: ‘Per la Chiesa questo non è il tempo dei congedi, è il tempo dell’accoglienza’. ‘Non sono venuti al banchetto…’ – Andate all’incrocio. Tutti, tutti! ‘Ma sono peccatori…’ – Tutti!”, ribadisce il Papa.

Riferendosi poi alla seconda lettera di San Paolo a Timoteo, dove l’apostolo afferma: “Ho combattuto la buona battaglia” (2 Tm 4,7), Papa Bergoglio la definisce “una Parola di vita anche per noi, che risveglia la consapevolezza di come, nella Chiesa, ciascuno sia chiamato ad essere discepolo missionario e a offrire il proprio contributo. E qui mi vengono in mente due domande. La prima è: cosa posso fare io per la Chiesa?”. La risposta è un monito per tutti i credenti: “Non lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per la Chiesa. Partecipare con passione e umiltà: con passione, perché non dobbiamo restare spettatori passivi; con umiltà, perché impegnarsi nella comunità non deve mai significare occupare il centro della scena, sentirsi migliori e impedire ad altri di avvicinarsi. Chiesa in processo sinodale significa: tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri. Non ci sono cristiani di prima e di seconda classe, tutti, tutti sono chiamati”.

La seconda domanda invece è: “Cosa possiamo fare insieme, come Chiesa, per rendere il mondo in cui viviamo più umano, più giusto, più solidale, più aperto a Dio e alla fraternità tra gli uomini?”. In primis, “non dobbiamo certamente chiuderci nei nostri circoli ecclesiali e inchiodarci a certe nostre discussioni sterili”. Poi, ancora a braccio, aggiunge: “State attenti a non cadere nel clericalismo, il clericalismo è una perversione. Il ministro che si fa clericale con atteggiamento clericale ha preso una strada sbagliata; peggio ancora sono i laici clericalizzati. Stiamo attenti a questa perversione del clericalismo. Aiutiamoci ad essere lievito nella pasta del mondo”.

“Insieme possiamo e dobbiamo porre gesti di cura per la vita umana, per la tutela del creato, per la dignità del lavoro, per i problemi delle famiglie, per la condizione degli anziani e di quanti sono abbandonati, rifiutati e disprezzati. Insomma, essere una Chiesa che promuove la cultura della cura, della carezza, la compassione verso i deboli e la lotta contro ogni forma di degrado, anche quello delle nostre città e dei luoghi che frequentiamo, perché risplenda nella vita di ciascuno la gioia del Vangelo: questa è la nostra sfida – aggiunge -. Le tentazioni di rimanere sono tante; la tentazione della nostalgia che ci fa guardare altri sono stati tempi migliori, per favore non cadiamo nell’“indietrismo”, questo indietrismo di Chiesa che oggi è alla moda”.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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