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La frecciatina del Papa a Kirill: “Guerre e imperialismo non c’entrano nulla con Gesù”

30 giugno 2022 | 17:31
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La frecciatina del Papa a Kirill: “Guerre e imperialismo non c’entrano nulla con Gesù”

Il Pontefice incontra la Delegazione del Patriarcato Ecumenico per la festa dei santi Pietro e Paolo. Al centro del discorso “l’insensata e crudele” guerra in Ucraina “nella quale tanti cristiani combattono tra di loro”

Città del Vaticano – Come da tradizione, all’indomani della solennità dei Santi Pietro e Paolo, Papa Francesco incontra la Delegazione del Patriarcato Ecumenico, Delegazione del Patriarcato Ecumenico guidata dall’Arcivescovo di Telmissos Job, Rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese e co-presidente della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, accompagnato dal Vescovo di Alicarnassos Adrianos e dal Diacono Patriarcale Barnabas Grigoriadis. La stessa era presente ieri nella basilica vaticana per la Santa Messa dei patroni di Roma (leggi qui).

Nel salottino di Casa Santa Marta, sotto il quadro della Madonna che scioglie i nodi, il Pontefice li ringrazia per la presenza, ricordando che “il tradizionale scambio di delegazioni tra le nostre Chiese in occasione delle rispettive feste patronali è un segno tangibile che il tempo della distanza e dell’indifferenza, durante il quale si pensava che le divisioni fossero un fatto irrimediabile, è stato superato. Oggi, ringraziando Dio, in obbedienza alla volontà del nostro Signore Gesù Cristo e con la guida dello Spirito Santo, le nostre Chiese portano avanti un fraterno e proficuo dialogo e sono impegnate in modo convinto e irreversibile nel cammino verso il ristabilimento della piena comunione”.

Nel suo intervento, il pensiero del Pontefice è tutto per l’Ucraina, martoriata dalla guerra, e pone, come via per la pace, l’unità dei cristiani. Cita il Patriarca Ecumenico Athenagoras, “pastore saggio e coraggioso che continua ad essere per me e per tanti fonte di ispirazione. Egli diceva: ‘Chiese sorelle, popoli fratelli”‘. E spiega: “la riconciliazione tra cristiani separati, quale contributo alla pacificazione dei popoli in conflitto, risulta oggi quanto mai attuale, mentre il mondo è sconvolto da un’aggressione bellica crudele e insensata, nella quale tanti cristiani combattono tra di loro. Ma di fronte allo scandalo della guerra anzitutto non c’è da fare considerazioni: c’è da piangere, soccorrere e convertirsi”.

C’è da piangere, precisa, per “le vittime e il troppo sangue sparso, la morte di tanti innocenti, i traumi di famiglie, città, di un intero popolo: quanta sofferenza in chi ha perso gli affetti più cari ed è costretto ad abbondonare la propria casa e la propria patria! C’è poi da soccorrere questi fratelli e sorelle: è un richiamo alla carità che, in quanto cristiani, siamo tenuti a esercitare nei riguardi di Gesù migrante, povero e ferito”.

Poi, una frecciatina al Patriarca di Mosca Kirill, che ha sempre giustificato e “difeso” l’operato delle truppe russe: “C’è da convertirsi per capire che conquiste armate, espansioni e imperialismi non hanno nulla a che vedere con il Regno che Gesù ha annunciato, con il Signore della Pasqua che nel Getsemani chiese ai discepoli di rinunciare alla violenza, di rimettere la spada al suo posto ‘perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno’ (Mt 26,52); e troncando ogni obiezione disse: ‘Basta!’ (Lc 22,51)”.

In questa prospettiva, essere “Chiese sorelle, popoli fratelli” assume anche un altro significato: “la ricerca dell’unità dei cristiani non è solo una questione interna alle Chiese. È una condizione imprescindibile per la realizzazione di un’autentica fraternità universale, che si manifesta nella giustizia e nella solidarietà verso tutti”, sottolinea Francesco.

“A noi cristiani si impone pertanto una seria riflessione: quale mondo vorremmo che emerga dopo questa terribile vicenda di scontri e contrapposizioni? E quale apporto siamo pronti a offrire ora per una umanità più fraterna?”, domanda il Santo Padre, che spiega: “Come credenti non possiamo che attingere le risposte a tali domande nel Vangelo: in Gesù, che ci invita ad essere misericordiosi e mai violenti, perfetti come il Padre senza adeguarci al mondo (cfr Mt 5,48)”.

Quindi un monito: “Aiutiamoci, cari fratelli, a non cedere alla tentazione di imbavagliare la novità dirompente del Vangelo con le seduzioni del mondo e di trasformare il Padre di tutti, che ‘fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti’ (cfr v. 45), nel dio delle proprie ragioni e delle proprie nazioni. Cristo è la nostra pace”.

E un segno di speranza, per Papa Bergoglio, si può già intravedere “dalla riunione del Comitato di coordinamento della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa che, dopo un’interruzione di due anni a causa della pandemia, ha avuto luogo lo scorso maggio. Auspico che il dialogo teologico progredisca promuovendo una mentalità nuova che, conscia degli errori del passato, porti a guardare sempre più insieme al presente e al futuro, senza lasciarci intrappolare nei pregiudizi di altre epoche”.

“Non accontentiamoci di una ‘diplomazia ecclesiastica’ – il monito finale del Pontefice – per rimanere gentilmente sulle proprie idee, ma camminiamo insieme da fratelli: preghiamo gli uni per gli altri, lavoriamo gli uni con gli altri, sosteniamoci vicendevolmente guardando a Gesù e al suo Vangelo. Questa è la via”.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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