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I quattro peccati della comunicazione secondo Papa Francesco (c’è anche la coprofilia)

Il Pontefice: "La comunicazione è qualcosa di sacro. È forse una delle cose più belle che un essere umano abbia. Comunicare è divino e bisogna saperlo fare con onestà e autenticità"

Città del Vaticano – Sono quattro i peccati della comunicazione: Papa Francesco li elenca in una lunga intervista alla testata argentina Telam. E cita espressamente la coprofilia, “l’amore per la cacca”. “L’ho detto per la prima volta in una conferenza a Buenos Aires quando ero arcivescovo – racconta il Pontefice -. Mi è venuto in mente di parlare dei quattro peccati della comunicazione, del giornalismo. In primo luogo, la disinformazione: dire ciò che mi fa comodo e tacere sul resto. No, dì tutto, non puoi disinformare. In secondo luogo, la calunnia. Inventano cose e a volte distruggono una persona con una comunicazione. In terzo luogo, la diffamazione, che non è calunnia, ma è come attribuire a una persona un pensiero che ha avuto in un altro momento e che ora è cambiato. È come se a un adulto si portassero i pannolini sporchi di quando eri bambino. Ero un bambino e la pensavo così. È cambiato, ora è così. E per il quarto peccato ho usato la parola tecnica coprofilia, cioè l’amore per la cacca, l’amore per la sporcizia”.

Vale a dire, spiega ancora Bergoglio, “cercare di infangare, cercare lo scandalo per il gusto dello scandalo. È l’amore per lo sporco e il brutto. Credo che i media debbano stare attenti a non cadere nella disinformazione, nella calunnia, nella diffamazione e nella coprofilia”.

“Il loro valore è quello di esprimere la verità. Dico la verità, ma sono io a esprimerla e ci metto del mio”, prosegue, “Ma chiarisco bene ciò che è mio e ciò che è oggettivo. E lo trasmetto. Anche se a volte in quella trasmissione si perde un po’ di onestà, poi dal passaparola della trasmissione passi a un primo passo con Cappuccetto Rosso che scappa dal Lupo che vuole mangiarla e finisci, dopo la comunicazione, in un banchetto dove la nonna e Cappuccetto Rosso stanno mangiando il Lupo. Bisogna fare attenzione che la comunicazione non cambi l’essenza della realtà”.

“La comunicazione è qualcosa di sacro”, avverte il Papa, “È forse una delle cose più belle che un essere umano abbia. Comunicare è divino e bisogna saperlo fare con onestà e autenticità. Senza aggiungere cose di mia invenzione e non dirlo. ’È successo questo. Penso che debba essere questo o lo interpreto cosi”, ma che sia chiaro che è il tuo pensiero. Oggi i media hanno una grande responsabilità didattica: insegnare alla gente l’onestà, insegnare a comunicare con l’esempio, insegnare a vivere insieme. Ma se ci sono media che danno l’impressione di avere in mano una granata per distruggere le persone – con la selezione della verità, con la calunnia, con la diffamazione o con il fango – questo non farà mai crescere un popolo”.

“Chiedo che i media abbiano questa sana obiettività, il che non vuol dire che sia acqua distillata. E scendi nell’arena, ma che sia chiaro quello che pensi. Ciò è molto nobile. Ma se parli con il programma che t’impone un movimento politico, un partito, senza dire che è così, questo è ignobile e non è corretto. Il comunicatore, per essere un buon comunicatore, deve essere una persona corretta”, aggiunge.

Bergoglio, che ha raccontato come in gioventù apprezzasse il tango, ricorre a questo punto ad una citazione in materia. “Sì, quando a volte penso ad alcuni media che purtroppo non svolgono bene la loro missione, quando penso a queste cose della nostra cultura in generale, della cultura mondiale, che danneggiano la società stessa, mi viene in mente una frase della nostra filosofia che sembra pessimista, ma è la verità: “Dai che va tutto bene! Tutto è uguale, tanto laggiù all’inferno c’incontreremo”, spiega.

Si tratta di una citazione tratta dal tango Cambalache. “In altre parole, non importa cosa sia la verità e cosa no”, spiega, “Non importa se questa persona vince o perde. Tutto è uguale. Dai che va tutto bene! Quando questa filosofia viene diffusa dai media è disastrosa perché crea una cultura dell’indifferenza, del conformismo e del relativismo che danneggia tutti noi”.

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