L’identikit del perfetto discepolo secondo il Papa: non un “battitore libero” ma un testimone di vita

3 luglio 2022 | 13:17
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L’identikit del perfetto discepolo secondo il Papa: non un “battitore libero” ma un testimone di vita

All’Angelus il Pontefice striglia i credenti: “Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”

Città del Vaticano – Quali sono le caratteristiche del “perfetto discepolo” di Gesù? A rispondere a questa domanda ci pensa Papa Francesco che, affacciato su una rovente piazza San Pietro, gremita da 15mila fedeli per la tradizionale preghiera dell’Angelus, traccia “l’identikit” del vero credente.

Il Pontefice, prendendo spunto dal vangelo di questa domenica, dove si legge che “il Signore designò altri settantadue [discepoli] e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”, fa notare come la scelta di inviare i suoi “in missione a due a due, da un punto di vista pratico, sembrerebbe comportare più svantaggi che vantaggi. C’è il rischio che i due non vadano d’accordo, che abbiano un passo diverso, che uno si stanchi o si ammali lungo la via, costringendo anche l’altro a fermarsi. Quando invece si è da soli, sembra che il cammino diventi più spedito e senza intoppi. Gesù però non la pensa così”.

Il motivo? Il vero compito dei discepoli, spiega Papa Bergoglio, “è di andare avanti nei villaggi e preparare la gente ad accogliere Gesù; e le istruzioni che Egli dà loro sono non tanto su che cosa devono dire, quanto su come devono essere”. In altre parole, aggiunge a braccio, non devono leggere “sul ‘libretto’ ciò che devono dire, no; sulla testimonianza di vita, la testimonianza da dare più che sulle parole da dire. Infatti li definisce operai: sono cioè chiamati a operare, a evangelizzare mediante il loro comportamento. E la prima azione concreta con cui i discepoli svolgono la loro missione è proprio quella di andare a due a due”.

“I discepoli non sono dei ‘battitori liberi’, dei predicatori che non sanno cedere la parola a un altro – il monito del Pontefice -. È anzitutto la vita stessa dei discepoli ad annunciare il Vangelo: il loro saper stare insieme, il rispettarsi reciprocamente, il non voler dimostrare di essere più capace dell’altro, il concorde riferimento all’unico Maestro”.

Poi striglia gli operatori pastorali: “Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”.

Francesco racconta poi quello che gli disse un missionario partito per l’Africa insieme a un confratello: “Dopo qualche tempo si separò da lui, fermandosi in un villaggio dove realizzò con successo una serie di attività edilizie per il bene della comunità. Tutto funzionava bene. Ma un giorno ebbe come un sussulto: si accorse che la sua vita era quella di un bravo imprenditore, sempre in mezzo a cantieri e carte contabili! Ma … e il ‘ma’ è rimasto lì. Allora lasciò la gestione ad altri, ai laici, e raggiunse il suo confratello”. “Comprese così perché il Signore aveva mandato i discepoli ‘a due a due’: la missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, cioè sul ‘fare’ ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta”, ammonisce ancora il Papa.

Prima delle benedizione, il Santo Padre invita tutti a chiedersi: “Come portiamo agli altri la buona notizia del Vangelo? Lo facciamo con spirito e stile fraterno, oppure alla maniera del mondo, con protagonismo, competitività ed efficientismo? Domandiamoci se abbiamo la capacità di collaborare, se sappiamo prendere decisioni insieme, rispettando sinceramente chi ci sta accanto e tenendo conto del suo punto di vista, se lo facciamo in comunità, non da soli. Infatti, è soprattutto così che la vita del discepolo lascia trasparire quella del Maestro, annunciandolo realmente agli altri”.

Dopo la benedizione, il pensiero del Papa va ancora una volta all’Ucraina, rivolgendosi direttamente a Zelensky e Putin: “Se lo si vuole può ancora diventare, una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni (leggi qui)”. Infine, l’immancabile saluto: “Auguro a tutti voi una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.

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