il fatto

Malamovida a Ladispoli: spacciava cocaina all’interno del locale

9 luglio 2022 | 12:16
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Malamovida a Ladispoli: spacciava cocaina all’interno del locale

L’uomo è stato trovato in possesso di altri 15 g della stessa sostanza, già suddivisa in dosi pronte alla vendita

Ladispoli – A conclusione di specifici servizi volti a monitorare e a contrastare il fenomeno dello spaccio e della detenzione di sostanze stupefacenti, i Carabinieri della Compagnia di Civitavecchia, in linea con l’azione fortemente voluta dal Prefetto di Roma Matteo Piantedosi in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, hanno proposto e ottenuto la sospensione della licenza per 7 giorni per un’attività di ristorazione e bar di Ladispoli situato nella zona della movida.

Al proprietario i carabinieri hanno notificato un decreto firmato da Questore di Roma ai sensi dell’Art. 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) a seguito della proposta inviata dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Civitavecchia in relazione a un grave episodio accaduto proprio all’interno del locale, già sotto la lente degli investigatori per un insolito andirivieni di persone sospette.

Nei primi giorni dello scorso mese di giugno, i Carabinieri del Nucleo Operativo di Civitavecchia, al termine di una mirata attività investigativa e di osservazione, hanno arrestato uno dei soci della citata attività commerciale poiché gravemente indiziato di aver ceduto una dose di cocaina dietro corrispettivo in denaro, all’interno del locale. Successivamente l’uomo è stato trovato in possesso di altri 15 g della stessa sostanza, già suddivisa in dosi pronte alla vendita, nascosti dietro alcune bottiglie di vino, modus operandi che aveva già portato al suo arresto nel 2020.

Ulteriori controlli effettuati, che hanno accertato la continua presenza nel locale di persone gravate da precedenti, anche inerenti le sostanze stupefacenti, hanno consentito di richiedere ed ottenere il provvedimento di sospensione.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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