Sequestrò e picchiò un dipendete per un credito vantato: in manette un 35enne

1 agosto 2022 | 16:12
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Sequestrò e picchiò un dipendete per un credito vantato: in manette un 35enne

A lanciare l’allarme la responsabile di una società romana, che aveva segnalato alle forze dell’ordine che un suo collaboratore era stato sequestrato dal titolare di una ditta individuale operante nel settore dei lavori edili, al quale erano stati affidati i lavori di ristrutturazione di un immobile ubicato ad Anzio

Roma – Lo scorso 28 luglio, la Squadra Mobile di Roma ha eseguito un’ordinanza con la quale il Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo classe 1987. L’indagato è gravemente indiziato di essere l’autore di un sequestro di persona a scopo di estorsione, nonché di una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

I fatti risalgono al primo pomeriggio del 9 maggio 2022, quando al Centro Operativo Telecomunicazioni della Questura di Roma giungeva la segnalazione di un sequestro di persona che si stava svolgendo in località Aprilia. La responsabile di una società romana segnalava che un suo collaboratore era stato sequestrato dal titolare di una ditta individuale operante nel settore dei lavori edili, al quale erano stati affidati i lavori di ristrutturazione di un immobile ubicato ad Anzio e di alcuni locali siti nella capitale.

La motivazione del gesto era da ricondurre a un credito vantato dall’uomo nei confronti della società per cui aveva effettuato i lavori. Dalla preliminare attività investigativa esperita nell’immediatezza dalla Squadra Mobile di Roma, con l’ausilio della Squadra Mobile di Latina, e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, emergeva che la vittima era stata costretta ad entrare nella autovettura dell’indagato ed era stata privata della libertà per circa 5 ore, durante le quali veniva minacciata e picchiata.

Inoltre, al fine di sollecitare il pagamento, l’uomo aveva inviato ai vertici aziendali della società capitolina fotografie e video ritraenti la vittima con il volto tumefatto. La ricostruzione di quanto accaduto è stata pienamente confermata dai successivi approfondimenti investigativi, dai quali è altresì emerso che la vittima, mentre era in ostaggio, era stata obbligata a consegnare la somma di denaro contante che aveva con sé e per ottenere la sua liberazione aveva dovuto effettuare due prelievi al bancomat.

Soltanto dopo aver ottenuto il pagamento, l’indagato riaccompagnava la persona offesa alla sua autovettura. All’uomo, inoltre, viene contestato di aver tentato di estorcere una somma di denaro al responsabile commerciale della società per la quale aveva effettuato lavori edili.

Le indagini, infatti, hanno consentito di appurare che l’indagato, inviava tramite WhatsApp messaggi dal contenuto intimidatorio in cui evocava la propria contiguità alla criminalità organizzata campana, prospettando, in caso di mancato pagamento, l’intervento di soggetti riconducibili a un gruppo criminale mafioso.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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