Roma, boss gestiva il traffico di droga dalla Comunità terapeutica: finisce in carcere

2 agosto 2022 | 09:33
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Roma, boss gestiva il traffico di droga dalla Comunità terapeutica: finisce in carcere
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Roma, boss gestiva il traffico di droga dalla Comunità terapeutica: finisce in carcere

Il 45enne, rintracciato all’interno della comunità terapeutica, è stato ristretto nella casa circondariale di Velletri

Roma – Nella mattinata del 29 luglio i Carabinieri del Comando provinciale di Roma hanno dato esecuzione a un’ordinanza di ripristino della misura cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Roma nei confronti di un noto pregiudicato di origini napoletane di 45 anni, da tempo stanziale sul territorio capitolino.

L’uomo era stato arrestato, unitamente ad altre 27 persone, nell’ambito dell’operazione “Alba – Tulipano”, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma in data 01 dicembre 2020, in quanto gravemente indiziato di essere a capo di uno dei più importanti sodalizi romani del narcotraffico operanti sotto l’egida del Clan Senese.

Il successivo 16 gennaio del 2021, il 45enne, a seguito di patologie legate a un suo presunto stato di tossicodipendenza, aveva beneficiato della concessione, da parte del Tribunale di Roma, della sostituzione della custodia in carcere con quella agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica per tossicodipendenti.

Divenuto nuovamente oggetto delle investigazioni dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, a carico del 45enne venivano raccolti gravi elementi indiziari che portavano a ritenere che avesse immediatamente ricominciato a gestire le importanti attività di narcotraffico del sodalizio dall’interno della comunità terapeutica grazie anche all’utilizzo di criptofonini. Infatti, i militari, coordinati dalla DDA della Procura della Repubblica capitolina che richiedeva in merito un Ordine di Indagine Europeo, reperivano, analizzavano e riscontravano tutte le conversazioni intercorse tra il pregiudicato e i suoi accoliti tramite chat crittografate. In particolare, gli investigatori riuscivano a raccogliere gravi indizi che consentivano di ipotizzare che l’indagato, a partire dal giorno stesso in cui era stato ammesso alla misura degli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica, avrebbe:

– organizzato ulteriori traffici;

– chiesto contezza circa la consistenza economica degli affari intrapresi in propria assenza, effettuando la contabilità relative alle forniture di sostanze stupefacenti e cercando di recuperare i crediti dai responsabili delle piazze di spaccio morosi;

– pianificato l’esecuzione di atti intimidatori nei confronti di uno degli spacciatori che non voleva onorare il proprio debito.

Il 45enne, rintracciato all’interno della comunità terapeutica, veniva ristretto presso la casa circondariale di Velletri.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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