Il Papa bacchetta credenti e non: “I poveri gridano e noi alziamo muri: vergogniamoci!”

25 settembre 2022 | 13:43
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Il Papa bacchetta credenti e non: “I poveri gridano e noi alziamo muri: vergogniamoci!”
Il Papa bacchetta credenti e non: “I poveri gridano e noi alziamo muri: vergogniamoci!”
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Il Papa bacchetta credenti e non: “I poveri gridano e noi alziamo muri: vergogniamoci!”

A Matera il Papa presiede la messa di chiusura del Congresso Eucaristico Nazionale, il Pontefice: “Se alziamo adesso dei muri restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte”. Poi il monito ai credenti: “Sogno una Chiesa eucaristica fatta di uomini e donne che si spezzano come pane per i poveri”

Matera – “Vergogniamoci!”. Dallo Stadio XXI Settembre di Matera, Papa Francesco dà voce ai più poveri, bacchettando credenti e non. L’occasione è la messa conclusiva del 27mo Congresso Eucaristico Nazionale, svoltosi in questi giorni nella Città dei Sassi. Una visita-lampo, quella di Bergoglio, che anticipa in rientro in Vaticano a per permettere ai Vescovi italiani presenti di tornare nelle loro sedi a votare (leggi qui).

“Vergogniamoci!”, l’esortazione del Pontefice davanti a 12mila fedeli che riempiono l’impianto sportivo, “per le quotidiane ingiustizie, disparità, soprusi compiuti ogni giorno verso i deboli, l’indifferenza nei riguardi dei poveri”. Un’esortazione che nasce a partire dal commento dell’odierna pagina del Vangelo, quella del ricco, vestito di porpora e di bisso, che sfoggia la sua opulenza e banchetta lautamente, e del povero, coperto di piaghe, che giace sulla porta sperando che da quella mensa cada qualche mollica di cui sfamarsi. “Davanti a questa contraddizione, che vediamo tutti i giorni, chiediamoci: a che cosa ci invita il sacramento dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita del cristiano?”, la prima riflessione del Santo Padre.

L’Eucaristia, fa notare il Papa, “ci ricorda anzitutto il primato di Dio”. E spiega: “Il ricco della parabola non è aperto alla relazione con Dio: pensa solo al proprio benessere, a soddisfare i suoi bisogni, a godersi la vita. E con questo ha perso anche il nome. Il Vangelo non dice come si chiamava: lo nomina con l’aggettivo ‘un ricco’, invece del povero dice il nome: Lazzaro. Le ricchezze ti portano a questo, ti spogliano anche del nome. Soddisfatto di sé, ubriacato dal denaro, stordito dalla fiera delle vanità, nella sua vita non c’è posto per Dio perché egli adora solo sé stesso”.

“Com’è triste anche oggi questa realtà, quando confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo, quando giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno, dai titoli che esibiscono, dai ruoli che ricoprono o dalla marca del vestito che indossano. È la religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote: sempre – ammonisce Francesco -. Al contrario, il povero ha un nome, Lazzaro, che significa ‘Dio aiuta’. Pur nella sua condizione di povertà e di emarginazione, egli può conservare integra la sua dignità perché vive nella relazione con Dio. Nel suo stesso nome c’è qualcosa di Dio e Dio è la speranza incrollabile della sua vita”.

Ecco allora la sfida permanente che l’Eucaristia offre alla nostra vita: adorare Dio e non sé stessi, non noi stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io. Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto. Sempre la vita ci chiede il conto.

Ma l’Eucaristia, fa notare Francesco, “ci chiama all’amore dei fratelli. Questo Pane è per eccellenza il Sacramento dell’amore. È Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita sia frumento macinato e diventi pane che sfama i fratelli”. Poi, il monito: “Il nostro futuro eterno dipende da questa vita presente: se scaviamo adesso un abisso con i fratelli e le sorelle, ci ‘scaviamo la fossa’ per il dopo; se alziamo adesso dei muri contro i fratelli e le sorelle, restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte anche dopo”.

Il Santo Padre si dice poi addolorato nel vedere come questa parabola, pronunciata 2mila anni fa, “è ancora storia dei nostri giorni: le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indifferenti”.

Ed è per questo che il Papa sogna “una Chiesa eucaristica”, “fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono affamati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza. Una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucaristia e adora con stupore il Signore presente nel pane; ma che sa anche piegarsi con compassione e tenerezza dinanzi alle ferite di chi soffre, sollevando i poveri, asciugando le lacrime di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti. Perché non c’è un vero culto eucaristico senza compassione per i tanti ‘Lazzaro’ che anche oggi ci camminano accanto”.

Infine, l’appello ai credenti: “Da questa città di Matera, ‘città del pane’, vorrei dirvi: ritorniamo a Gesù, ritorniamo all’Eucaristia. Torniamo al gusto del pane per essere Chiesa eucaristica, che mette Gesù al centro e si fa pane di tenerezza, pane di misericordia per tutti”.

Prima di fare rientro in Vaticano, il Papa, all’Angelus, affida alla Madonna i bisogni di Myanmar, Ucraina, Camerun e migranti. E, nel giorno in cui l’Italia è chiamata a rinnovare il Parlamento, Francesco pronuncia una preghiera speciale per il Bel Paese (leggi qui). Poi, prima di salire sull’elicottero che lo avrebbe riportato a Roma, il Papa ha raggiunto in auto la Mensa della Fraternità intitolata a “Don Giovanni Mele”, dove ha incontrato e salutato il personale e benedetto la nuova struttura.

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