Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”

25 ottobre 2022 | 18:26
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Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”
Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”
Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”
Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”
Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”
Un grido di pace si alza dal Colosseo: “Disinneschiamo la guerra con l’arma del dialogo”

Esattamente sessant’anni anni fa l’appello d Giovanni XXIII per scongiurare la crisi di Cuba. Oggi Papa Francesco fa suo quel grido guardando alla guerra in Ucraina: “Liberiamo il mondo dall’incubo nucleare”

Roma – “Basta con la guerra!”. E’ un vero e proprio “grido” di pace quello che si alza dal Colosseo dove, in un insolito e tiepido pomeriggio di fine ottobre, i leader religiosi del pianeta si sono dati appuntamento per il secondo anno consecutivo per continuare l’incontro di Assisi (svoltosi 36 anni or sono).

Un grido, sottolinea Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio (promotrice dell’evento), che arriva “dall’Ucraina bombardata, dalle trincee del Donbass”, dove a urlare sono i “feriti e i morenti”. Ma “le stesse urla di dolore, le stesse implorazioni di pace, si alzano dalla Siria, dal Caucaso, dall’Afghanistan, dallo Yemen, dalla Libia, dall’Etiopia, dal Sahel, dal Nord del Mozambico, da decine di altri luoghi conosciuti o sconosciuti. Quante grida, quante invocazioni! Chi ascolta queste voci? Chi ascolta le voci di chi non c’è più?”, gli interrogativi che il presidente di Sant’Egidio solleva al termine della preghiera ecumenica svoltasi nell’arena dell’antico anfiteatro.

Al centro c’è Papa Francesco, da sempre promotore di iniziative di pace in tutto il pianeta. Accanto a lui rappresentanti di tutte le chiese cristiane: ortodossi, metodisti, valdesi, anglicani. C’è anche Edith Bruck, scrittrice e testimone della Shoah a cui recentemente il Pontefice ha scritto una prefazione per il suo libro (leggi qui).

Simbolica la data scelta per questo incontro: esattamente sessant’anni anni fa, il 25 ottobre 1962, Giovanni XXIII si rivolgeva a tutti i governanti, per scongiurare la crisi di Cuba, a rischio di scontro atomico: “Noi ricordiamo i gravi
doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone, alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!”. Lo stesso grido di oggi, che ripeteremo finché non verrà ascoltato da tutti, umili e potenti: “Pace! Pace!”, ribadisce Impagliazzo.

Ma anche Papa Francesco, nel suo intervento, fa sue le parole del suo predecessore: “Papa Roncalli nel radiomessaggio del 1962 disse: ‘Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Eviteranno al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze’. Sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. Le faccio mie. Non siamo ‘neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza’”.

Oggi, sottolinea il Pontefice, “la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali”. Allo stesso tempo, la pace, fa notare Bergoglio, oggi “la pace è soffocata in tante regioni del mondo, umiliata da troppe violenze, negata perfino ai bambini e agli anziani, cui non sono risparmiate le terribili asprezze della guerra. Il grido della pace viene spesso zittito, oltre che dalla retorica bellica, anche dall’indifferenza. È tacitato dall’odio che cresce mentre ci si combatte”.

Il grido della pace esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà.

Con lo sguarda rivolto al passato e alla drammatica fine del secondo conflitto mondiale, Papa Francesco denuncia un’altra situazione che il mondo oggi sta vivendo: “Si sta verificando quello che si temeva e che mai avremmo voluto ascoltare: che cioè l’uso delle armi atomiche, che colpevolmente dopo Hiroshima e Nagasaki si è continuato a produrre e sperimentare, viene ora apertamente minacciato”.

“Non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell’odio per il nemico”, il monito del Pontefice, che invita tutti, credenti e non, a rimettere “la pace nel cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo”. Già, il dialogo, lo stesso che in questi ultimi anni ha fatto progressi tra le religioni, le stesse che oggi sono chiamate ad “aiutare i popoli fratelli a vivere in pace”. E questo perché “le religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza”, aggiunge poi con una frecciatina al Patriarca Kirill.

Francesco rilancia quindi la via del dialogo proprio nel giorno in cui Mosca si dice pronta a parlare proprio col Pontefice e con gli americani, come ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov nella sua quotidiana conferenza stampa commentando la richiesta del presidente francese Emmanuel Macron al Pontefice di dialogare con il presidente russo Vladimir Putin, il Patriarca ortodosso russo Kirill e il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden per “favorire il processo di pace” in Ucraina.

“Se tutto ciò è davvero in linea con gli sforzi finalizzati alla ricerca di possibili soluzioni, allora lo valutiamo positivamente”, ha detto Peskov sottolineando però che Macron ”non ha detto nulla sul fatto che qualcuno dovrebbe chiamare Zelensky e occuparsi del quadro legislativo, che ora vieta qualsiasi negoziato con la parte russa”. Citato dalla Ria Novosti, Peskov ha poi detto che i russi sono ”pronti a discutere di tutto questo con gli americani e con i francesi e con il Pontefice. Ripeto ancora una volta, la Russia è aperta a tutti i contatti. Ma bisogna partire dal fatto che l’Ucraina ha codificato il fatto di non continuare le trattative”.

ROMA SI RISCOPRE CAPITALE DI PACE

“Roma è in questo momento vera capitale della pace, punto di sinergia del coro di richieste di una intesa vera, concreta, necessaria, che possa sanare scontri e divisioni dinanzi alle tante guerre che dilaniano il mondo. Da domenica, grazie all’evento di Sant’Egidio iniziato alla Nuvola dell’Eur, la nostra città è divenuta ponte di comunione oltre le singole nazioni e religioni: un luogo di concordia tra le persone, a prescindere dall’appartenenza politica, sociale, religiosa”.

Questo il commento del capogruppo capitolino di Demos e neo-deputato Paolo Ciani, che aggiunge: “Fin dall’evento inaugurale con gli interventi dei Presidenti Mattarella e Macron, del presidente della Cei Zuppi, del fondatore di Sant’Egidio Riccardi, per continuare con 2 giorni di Panel con ospiti di tutto il mondo fino all’incontro di stasera con Papa Francesco al Colosseo: un crescendo di confronti, riflessioni, ricerca di nuove vie. La Pace è un anelito di tutti, perché senza pace non c’è vita, non c’è libertà, non c’è crescita. Come ha detto il Presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ‘non vogliamo inchinarci alle ragioni della guerra’. Roma, città eterna, capace di accogliere, includere, ascoltare, in questi giorni ha mostrato il suo volto migliore. La speranza, il desiderio, l’impegno è quello di rendere Roma capitale della pace e del dialogo anche dal punto di vista operativo: luogo di manifestazioni e preghiere ma anche di incontri diplomatici, negoziati, dialoghi finalizzati all’incontro, gesti solidali per il supporto delle fragilità, campagne di difesa dei diritti umani. Grazie a Sant’Egidio per questo evento, grazie a Papa Francesco per le sue parole forti e chiare in favore della Pace”.

“Siamo emozionati e onorati di aver ospitato all’interno del Colosseo un momento così solenne di preghiera e di riflessione che ha visto i capi religiosi di tutto il mondo riuniti, alla presenza del Santo Padre, insieme ad autorevoli rappresentanti delle istituzioni internazionali. Un messaggio di speranza nel nome del bene più grande, la Pace, che parte proprio da qui – luogo d’incontro tra culture e crocevia di popoli – per diffondersi all’intera umanità nel nome di un dialogo e di una fratellanza universali. Si tratta di un momento storico anche per Roma che per la prima volta vede riuniti due simboli della città in una comunione solenne tra la più alta sacralità e la storia più antica”, le parole di Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo.

“È uno straordinario messaggio di speranza quello lasciato da Papa Francesco al Colosseo. Un grido contro l’indifferenza e l’odio e un invito all’ascolto e al dialogo che deve essere fatto con serietà e rispetto. Roma, che si prepara ad accogliere il Giubileo 2025, diventa per l’occasione la capitale della pace e del dialogo”, aggiunge il consigliere dem Mariano Angelucci, presidente della Commissione capitolina Turismo.

(Foto © Vatican Media)

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