Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”

3 novembre 2022 | 20:49
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Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”
Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”
Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”
Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”
Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”
Dal Bahrein l’appello del Papa per la pace: “Tacciano le armi! La guerra è la morte della verità”

Dal Sakhir Royal Palace l’appello per la pace: “Rifiutiamo la logica delle armi e invertiamo la rotta, tramutando le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitarie e di istruzione”

Awali – “Tacciano le armi!”. Inizia con uno dei mantra del suo pontificato il Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bahrein, il 39mo di Papa Bergoglio all’estero. Il Pontefice, atterrato all’aeroporto di Awali al tramonto, fa subito rotto verso il Sakhir Royal Palace, dove incontra le autorità, il corpo diplomatico e la società civile.

Le bandiere del Vaticano e del Regno del Bahrein sventolano lungo la strada che porta al palazzo reale: al momento degli inni i cannoni sparano a salve. Un suono che richiama l’attenzione del Pontefice alla situazione che sta vivendo non solo l’est Europa, ma anche la stessa penisola arabica nella quale si trova ora: “Ho nel cuore il dolore per tante situazioni di conflitto. Guardando alla Penisola arabica, i cui Paesi desidero salutare con cordialità e rispetto, rivolgo un pensiero speciale e accorato allo Yemen, martoriato da una guerra dimenticata che, come ogni guerra, non porta a nessuna vittoria, ma solo a cocenti sconfitte per tutti. Porto nella preghiera soprattutto i civili, i bambini, gli anziani, i malati e imploro: tacciano le armi, tacciano le armi, tacciano le armi! Impegniamoci ovunque e davvero per la pace!”.

La vocazione dell’uomo, “di ogni uomo che sta sulla terra”, sottolinea il Papa, “è far prosperare la vita. Ma oggi assistiamo, ogni giorno di più, ad azioni e minacce di morte. Penso, in particolare, alla realtà mostruosa e insensata della guerra, che ovunque semina distruzione e sradica speranza. Nella guerra emerge il lato peggiore dell’uomo: egoismo, violenza e menzogna. Sì, perché la guerra, ogni guerra, rappresenta anche la morte della verità. Rifiutiamo la logica delle armi e invertiamo la rotta, tramutando le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitarie e di istruzione”.

Il Santo Padre elogia quindi la Dichiarazione del Regno del Bahrein che riconosce, a tale proposito, come la fede religiosa sia “una benedizione per tutto il genere umano”, il fondamento “per la pace nel mondo”. “Sono qui da credente, da cristiano, da uomo e pellegrino di pace, perché oggi come mai siamo chiamati, dappertutto, a impegnarci seriamente per la pace – spiega il Papa -. Maestà, Altezze Reali, Autorità, Amici, faccio dunque mio e condivido con voi, quale auspicio per questi desiderati giorni di visita nel Regno del Bahrein, un bel passaggio della stessa Dichiarazione: ‘Ci impegniamo a lavorare per un mondo dove le persone dal credo sincero si uniscono tra di loro per ripudiare ciò che ci divide ed avvicinare invece ciò che ci unisce”.

Nel suo primo discorso in Bahrein, il Papa usa come filo conduttore il cosiddetto “albero della vita” (Shajarat-al-Hayat), uno dei simboli del regno che lo ospiterà fino a domenica 6 novembre. Si tratta di una maestosa acacia, che sopravvive da secoli in un’area desertica, dove le piogge sono molto scarse.

Il Pontefice tesse le lodi di questo regno, da “sempre luogo di incontro tra popolazioni diverse”. Secondo Bergoglio, infatti, la più grande ricchezza del Bahrein “risplende nella sua varietà etnica e culturale, nella convivenza pacifica e nella tradizionale accoglienza della popolazione. Una diversità non omologante, ma includente, rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto. E su queste isole si ammira una società composita, multietnica e multireligiosa, capace di superare il pericolo dell’isolamento”.

Oggi, invece, nel mondo, “assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala, dell’indifferenza e del sospetto reciproco, al dilatarsi di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate, a populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti. Nonostante il progresso e tante conquiste civili e scientifiche, la distanza culturale tra le varie parti del mondo aumenta, e alle benefiche opportunità di incontro si antepongono scellerati atteggiamenti di scontro”.

Da qui l’appello alla società civile: “Lavoriamo per l’insieme, per la speranza! Sono qui, nella terra dell’albero della vita, come seminatore di pace, per vivere giorni di incontro, per partecipare a un Forum di dialogo tra Oriente e Occidente per la pacifica convivenza umana. Questi giorni segnano una tappa preziosa nel percorso di amicizia intensificatosi negli ultimi anni con vari capi religiosi islamici: un cammino fraterno che, sotto lo sguardo del Cielo, vuole favorire la pace in Terra”.

Quindi, un monito sui diritti e sulla libertà religiosa affinché “diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi. Penso anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata”.

Nel suo discorso, un posto di rilievo lo occupano i migranti e il lavoro sicuro: “Non si può dimenticare che nei nostri tempi c’è ancora troppa mancanza di lavoro, e troppo lavoro disumanizzante: ciò non comporta solo gravi rischi di instabilità sociale, ma rappresenta un attentato alla dignità umana. Il lavoro, infatti, non è solo necessario per guadagnarsi da vivere, è un diritto indispensabile per sviluppare integralmente sé stessi e per plasmare una società a misura d’uomo”.

Francesco richiama l’emergenza della crisi lavorativa mondiale: “Spesso il lavoro, prezioso come il pane, manca; sovente, è pane avvelenato, perché schiavizza. In entrambi i casi al centro non c’è più l’uomo, che da fine sacro e inviolabile del lavoro viene ridotto a mezzo per produrre denaro. Siano perciò ovunque garantite condizioni lavorative sicure e degne dell’uomo, che non impediscano, ma favoriscano la vita culturale e spirituale; che promuovano la coesione sociale, a vantaggio della vita comune e dello sviluppo stesso dei Paesi”.

Infine, un appello per il rispetto dell’ambiente: “Quanti alberi vengono abbattuti, quanti ecosistemi devastati, quanti mari inquinati dall’insaziabile avidità dell’uomo, che poi gli si ritorce contro! Non stanchiamoci di adoperarci per questa drammatica urgenza, ponendo in essere scelte concrete e lungimiranti, intraprese pensando alle giovani generazioni, prima che sia troppo tardi e si comprometta il loro futuro! La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27), che avrà luogo in Egitto tra pochi giorni, sia un passo in avanti in tal senso!”. Domani  il viaggio entrerà nel vivo con gli incontri con i leader dell’Islam e la preghiera ecumenica per la pace. (Foto © Vatican Media)

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