Guerra in Ucraina, Parolin: “Difendersi è legittimo ma la pace bisogna volerla”

17 novembre 2022 | 18:27
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Guerra in Ucraina, Parolin: “Difendersi è legittimo ma la pace bisogna volerla”

Nella basilica di Santa Maria Maggiore la “Messa per la Pace” nel 30mo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Vaticano e Ucraina: “La pace è possibile ma ci vuole disponibilità”

Roma – Dal centro di Roma si alza una grande preghiera per la pace in Ucraina. La basilica di Santa Maria Maggiore, infatti, fa da sfondo alla celebrazione della messa per i 30 anni dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l’Ucraina. Un anniversario, come ha sottolineato il cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che oggi “celebriamo mentre infuria una tremenda guerra”.

Alla celebrazione, presieduta dal numero 2 del Vaticano, partecipano anche il vescovo di Leopoli e diversi esponenti del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In prima fila l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash che, prima della celebrazione, ha accolto personalmente i vari diplomatici giunti in basilica per la “Messa per la pace”.

Una basilica, quella di Santa Maria Maggiore, colorata di giallo e azzurro. La bandiera ucraina, esposta al lato dell’altare accanto a quella vaticana, brilla infatti anche in mezzo all’assemblea: gli ucraini hanno appuntato al petto o al bavero della giacca un fiocco giallo e blu. Qualcuno, al momento della processione iniziale, innalza anche la bandiera.

Nell’omelia, il Segretario di Stato vaticano, rifacendosi alle letture bibliche (scelte ad hoc) proclamate durante il rito, paragona la martoriata Ucraina “al deserto”, che è il “simbolo di ciò che appare perduto. Ma anche tra le macerie di una situazione che sembra via d’uscita, l’uomo di Dio non si scoraggia perché sa che anche il deserto può rifiorire”

Quello della pace, sottolinea Parolin, è “un annuncio che viene da Dio stesso. È lui che trasforma ciò che sembra perduto. Non esiste situazione che non può essere sanata da Dio. Anche il deserto può sperare”.

Concentrandosi poi sulla situazione che sta vivendo l’Ucraina, il Segretario di Stato vaticano fa notare come “il fallimento dei tentativi di pace” incida sulla popolazione, “mentre lacrime e sangue continuano a scorrere”. Ma anche se gli sforzi umani falliscono, la pace è possibile. Possibile se la si vuole. “Dio – sottolinea il Cardinale – chiede la nostra disponibilità”. “Violenza e l’ingiustizia – spiega Parolin – procurano non solo un danno esterno, ma anche interno”. Esterno per chi lo riceve, interno per chi lo provoca. Ed è da qui che “nascono i rancori”. Per questo bisogna “tutelare un bene ben maggiore”, e, come scritto nel Vangelo, “porgere l’altra guancia”.

Ma “porgere l’altra guancia”, precisa il porporato, non significa piegarsi all’ingiustizia. Al contrario, è proprio la “realizzazione della giustizia”. “Il Signore non esige cose ingiuste. Porgere l’altra guancia vuol dire allora imitare Gesù che denuncia il male per non esserne assorbito”.

Poi il monito: “È legittimo difendersi da chi vuole sopraffare, ma ancora di più da chi vuole odio e giustizia. Però, non si può mettere fine al male esterno se dilaga nei nostri cuori. Non è né ingiusto né impossibile. Lo chiede Gesù”. Da qui l’appello, velato, alle autorità ucraine, a essere “disponibili”, come ci chiede Dio, alla pace. “E’ una richiesta esplicita e diretta quella del Signore”.

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