IL FATTO

“L’azzardo non è un gioco, fermatelo”: l’appello dei Vescovi del Lazio ai sindaci

5 dicembre 2022 | 18:29
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“L’azzardo non è un gioco, fermatelo”: l’appello dei Vescovi del Lazio ai sindaci

I dati aggiornati al 2018 dicono che in Italia i giocatori abituali sono 5milioni e mezzo e tra questi un milione e mezzo scommettono in maniera patologica

Roma – I vescovi del Lazio lanciano un appello ai sindaci per frenare il gioco d’azzardo. Monsignor Gianrico Ruzza, vescovo delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina, che presiede la Commissione regionale per la pastorale sociale e del lavoro, è intervenuto questa mattina al convegno “L’azzardo non è un gioco e sollecita le responsabilità” svoltosi nella Sala degli Imperatori del Palazzo Lateranense. L’iniziativa è stata promossa dalla Conferenza episcopale del Lazio allo scopo di lanciare un appello pubblico ai sindaci del Lazio attraverso le Caritas diocesane.

“L’azzardo, come le droghe, l’alcol e la pornografia, è il sintomo di un vuoto da colmare: di solitudini, emarginazioni e sofferenza che cercano consolazione. Ma è figlio di una cultura, un modo di intendere la vita e le relazioni. Il suo proliferare procede di pari passo con quelle che sono le fragilità del nostro tempo”, afferma il presule, indicando le principali fragilità nella povertà educativa delle nuove generazioni, nella politica e del sistema economico.

Stabilire orari limitati per accedere nelle sale da gioco e negli esercizi commerciali dotati di slot machine per ridurre al minimo la possibilità di ricorrere al gioco d’azzardo è uno dei deterrenti all’azzardopatia individuati dai vescovi e proposti ai Primi Cittadini.

Nel testo è evidenziato che i sindaci hanno il potere di intervenire in forza della legge regionale del Lazio n. 5 del 2013 emanata per contenere un fenomeno che nel 2021, ha visto, “nel solo Lazio, 11 miliardi e 568 milioni di euro scommessi, in media 2.019 a persona, con profitti per l’industria del settore per 839 milioni e 294mila euro”. Le sale da gioco con ampie superfici nelle cinque province laziali sono 378 e gli esercizi che hanno installato al loro interno le slot machine sono 5.700.

La Conferenza episcopale del Lazio si impegna “a creare ancora più consapevolezza su questo dramma tra le comunità cristiane”, ha spiegato monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma e presidente della Commissione regionale per la carità. Al tempo stesso, la CEL suggerisce agli amministratori locali di varare una serie di misure, tra le quali fasce orarie di apertura ridotte delle sale da gioco, l’interdizione dal gioco alle persone in evidente stato di ubriachezza e la separazione netta tra lo spazio dedicato alle slot e gli altri ambienti degli esercizi commerciali.

L’appello e il “grido di dolore” non è rivolto solo ai sindaci ma, come detto, anche alle comunità cristiane. “Ai sindaci chiediamo risposte necessarie e improcrastinabili che rientrano tra le loro possibilità, per regolamentare ed arginare questa deriva dell’economia e fabbrica di miseria che produce solo disgregazione sociale”, ha detto il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale del Lazio. Le comunità cristiane devono interrogarsi sulle modalità “con le quali poter essere accanto a chi è nelle difficoltà”, ha proseguito il porporato, rimarcando che “chi si rifugia in questa alienazione non cerca la fortuna economica, cerca di riempire la propria vita e arginare la solitudine”. Il cardinale ha inoltre manifestato la “seria preoccupazione e il dispiacere” dei vescovi del Lazio perché “una legge regionale considerata di avanguardia, anche se mai entrata in vigore, come quella approvata nel Lazio nel 2013, sia stata pesantemente annacquata la scorsa estate”.

I dati aggiornati al 2018 dicono che in Italia i giocatori abituali sono 5milioni e mezzo e tra questi un milione e mezzo scommettono in maniera patologica. Il dato è stato ricordato dal sociologo Maurizio Fiasco, il quale ha annunciato che con la pandemia sono cresciuti in maniera «esponenziale» il gioco online che vede primeggiare le regioni del Sud. L’esperto ha anche spiegato che “tra le 51 modalità di gioco c’è la scommessa tra privati che non è compatibile con il codice penale. Tra l’altro un terzo di queste avvengono dall’estero facilitando così il riciclaggio di denaro”.