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Parrucchiere e shopping durante il turno di lavoro: nei guai 9 dipendenti del Parco regionale

I finanzieri hanno accertato un diffuso fenomeno di assenteismo da parte di dipendenti dell’Ente regionale che gestisce il Parco dei Monti Lucretili

Roma – Misure cautelari del divieto di dimora nei confronti di 9 dipendenti dell’Ente regionale Parco Naturale dei Monti Lucretili sono state emesse dal gip del Tribunale di Tivoli. Le indagini, coordinate dalla Procura di Tivoli e condotte dal Gruppo della Guardia di Finanza di Guidonia Montecelio, hanno consentito di accertare un diffuso fenomeno di assenteismo da parte di dipendenti dell’Ente regionale che gestisce il Parco dei Monti Lucretili, un territorio di particolare valore ambientale che insiste su 13 comuni del circondario di Tivoli.

Durante l’orario di lavoro alcuni dipendenti si assentavano per attività personali che nulla avevano a che fare con il servizio per effettuare le attività più disparate, quali fare shopping o andare dal parrucchiere se non addirittura per tornare a casa e rientrare sul luogo di lavoro solo per registrare l’uscita. Allontanamenti illegittimi che hanno causato una grave sottrazione di attività lavorativa all’Ente pubblico, riflettendosi sui tanti dipendenti che, invece, svolgevano puntualmente il proprio lavoro.

Il divieto di dimora a Palombara Sabina, sede del Parco, disposto dal gip non consentirà agli indagati di proseguire nelle condotte. Secondo il gip “l’attività d’indagine, davvero capillare, ha permesso di ricostruire il fenomeno, che risulta allarmante, perché non solo rappresenta una frode del soggetto pubblico ma incide anche (e, forse, soprattutto) sulla quantità e qualità dei servizi offerti in quanto quei servizi sono stati inficiati dall’assenza, di fatti, dei soggetti che avrebbero dovuto materialmente erogarli o che avrebbero dovuto garantirne la regolare e puntuale erogazione.

Gli indagati hanno violato, pertanto, il rapporto fiduciario con la pubblica amministrazione e questi, anziché rispettare gli impegni lavorativi assunti, con meccanismi ben collaudati, hanno attestato la loro presenza fittizia sul posto di lavoro nel mentre si trovavano in tutt’altro luogo”. La diffusione del fenomeno emerge anche dal fatto che durante le indagini il personale risultava, per la maggior parte del tempo, impiegato in regime di smart-working a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19 sussistente in quei mesi.

La Procura ha richiesto le 9 misure, emesse dal gip, solo in relazione ai fatti più gravi e nei confronti dei dipendenti per i quali gli allontanamenti hanno trovato chiaro riscontro nell’analisi delle riprese video, dei servizi di osservazione, pedinamento e controllo svolti e dai quali si è proceduto ad effettuare rilievi fotografici. Inoltre, sono indagati altri 21 dipendenti per i quali, pur in presenza di estremi di reato, i fatti non sono apparsi tanto gravi da richiedere una misura cautelare.

Attraverso telecamere posizionate nei pressi dell’apparecchiatura “marcatempo” e degli ingressi della struttura e pedinamenti sono stati accertati: per un indagato, allontanamenti illeciti, dal luglio all’ottobre 2021, anche in 41 occasioni per complessive 195 ore lavorative; per altro indagato, allontanamenti illecito, nello stesso periodo, in 34 occasioni per complessive 130 ore lavorative; retribuzioni illecitamente percepite, per il periodo indicato, anche di 3.000 euro. Questi gli esiti di alcune osservazioni operate dalla Guardia di Finanza durante le assenze rilevate: due dipendenti, sono uscite dall’ingresso secondario dell’Ente Parco, si allontanavano a bordo delle proprie auto; un dipendente si allontanava per circa trenta minuti per recarsi in una gioielleria; numerosi dipendenti si allontanavano dal servizio, anche per ore, recandosi nelle proprie abitazioni o in vari esercizi commerciali.

La Procura precisa “di aver constatato più volte la preparazione e diligenza di gran parte dei dipendenti dell’Ente Parco, sia perché alcuni sono distaccati in Procura sulla base del protocollo stipulato tra Regione Lazio e Procura Generale presso la Corte d’appello, sia attraverso ulteriori progetti in corso voluti anche dalla dirigenza del Parco”.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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