Notte di Natale, Papa Francesco “Dio nasce nella storia per far rinascere la storia”

24 dicembre 2022 | 20:15
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Notte di Natale, Papa Francesco “Dio nasce nella storia per far rinascere la storia”
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Notte di Natale, Papa Francesco “Dio nasce nella storia per far rinascere la storia”
Notte di Natale, Papa Francesco “Dio nasce nella storia per far rinascere la storia”

Mentre infuria la guerra tra Russia e Ucraina, dal pulpito della basilica di San Pietro il Papa tuona contro i leader delle nazioni: “Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, potere e piacere, calpestano la dignità e la libertà degli uomini”

Città del Vaticano – Una mangiatoia: ecco “il manifesto con cui” Dio “si presenta, il modo in cui Dio nasce nella storia per far rinascere la storia”. Nella notte più santa dell’anno, Papa Francesco invita i fedeli a guardare al centro del presepe, al bambinello, al luogo in cui Dio si fa uomo per riscoprire il senso della festa cristiana del 25 dicembre.

Nella basilica vaticana, addobbata a festa e gremita da 7mila fedeli (altri 3mila sono davanti ai maxischermi in piazza San Pietro) per la celebrazione della Messa della Notte di Natale, il Pontefice presiede il suggestivo rito che celebra la nascita di Cristo. Niente processione iniziale: il dolore al ginocchio continua e così il Pontefice arriva in sedia a rotelle dalla porta laterale e, vestiti i paramenti sacri, assiste allo “svelamento” dell’immagine di Gesù Bambino mentre fuori i rintocchi del campanone, e di tutte le altre campane della basilica, suonano a festa.

Nell’omelia, il Papa si sofferma sul significato più profondo di questa notte, perché, “dopo molti Natali festeggiati tra addobbi e regali, dopo tanto consumismo che ha avvolto il mistero che celebriamo, c’è un rischio: sappiamo tante cose sul Natale, ma ne scordiamo il significato”. Del resto, anche il Vangelo, nel raccontare la nascita di Cristo, inizia “con una situazione simile alla nostra: tutti sono presi e indaffarati per un importante evento da celebrare, il grande censimento, che richiedeva molti preparativi. In tal senso, il clima di allora era simile a quello che ci avvolge oggi a Natale. Ma da quello scenario mondano il racconto del Vangelo prende le distanze: “stacca” presto l’immagine per andare a inquadrare un’altra realtà, su cui insiste. Si sofferma su un piccolo oggetto, apparentemente insignificante, che menziona per ben tre volte e sul quale i protagonisti del racconto convergono: la mangiatoia”.

Francesco la definisce “il manifesto con cui Dio si presenta”. E proprio il Dio, tramite quell’oggetto dice all’uomo di oggi, che vive nell’epoca post-Covid e soffre per la guerra, almeno tre cose: “vicinanza, povertà e concretezza”.

Natale 2022: il Papa in sedia a rotelle porta Gesù Bambino nel presepe di San Pietro

Vicinanza, perché “la mangiatoia serve a portare il cibo vicino alla bocca e a consumarlo più in fretta”. Essa, spiega il Papa, “può così simboleggiare un aspetto dell’umanità: la voracità nel consumare”. Poi tuona: “Perché, mentre gli animali nella stalla consumano cibo, gli uomini nel mondo, affamati di potere e di denaro, consumano pure i loro, i loro fratelli. Quante guerre! E in quanti luoghi, ancora oggi, la dignità e la libertà vengono calpestate! E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli”.

Il riferimento, implicito, è a quanto sta accadendo alle porte dell’Europa. dove il conflitto da Russia e Ucraina sembra non vedere una fine. E si scaglia contro i leader delle nazioni: “Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, potere e piacere non fa posto, come fu per Gesù, ai più piccoli, a tanti nascituri, poveri, dimenticati. Penso soprattutto ai bambini divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini”.

Nella mangiatoia del rifiuto e della scomodità, Dio si accomoda: viene lì, perché lì c’è il problema dell’umanità, l’indifferenza generata dalla fretta vorace di possedere e consumare. Cristo nasce lì e in quella mangiatoia lo scopriamo vicino. Viene dove si divora il cibo per farsi nostro cibo. Dio non è un padre che divora i suoi figli, ma il Padre che in Gesù ci fa suoi figli e ci nutre di tenerezza. Viene a toccarci il cuore e a dirci che l’unica forza che muta il corso della storia è l’amore. Non resta distante e potente, ma si fa prossimo e umile; Lui, che sedeva in cielo, si lascia adagiare in una mangiatoia. Fratello, sorella, Dio stanotte si fa vicino a te perché gli importa di te. Natale vuol dire che Dio è vicino: rinasca la fiducia!

Ma la mangiatoia di Betlemme, oltre che di vicinanza, “ci parla di povertà. Attorno a una mangiatoia, infatti, non c’è molto: sterpaglie, qualche animale e poco altro. Le persone stavano al caldo negli alberghi, non nella fredda stalla di un alloggio. Ma Gesù nasce lì e la mangiatoia ci ricorda che non ha avuto altro intorno, se non chi gli ha voluto bene: Maria, Giuseppe e dei pastori; tutta gente povera, accomunata da affetto e stupore, non da ricchezze e grandi possibilità”. In altre parole, spiega il Papa, “la povera mangiatoia fa emergere le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone. E la prima persona, la prima ricchezza, è Gesù”.

Certo, non è facile lasciare il caldo tepore della mondanità per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme, ma ricordiamo che non è veramente Natale senza i poveri. Senza di loro si festeggia il Natale, ma non quello di Gesù. Fratelli, sorelle, a Natale Dio è povero: rinasca la carità!

L’ultimo punto su cui pone l’accento il Papa, che pronuncia l’omelia seduto lateralmente rispetto al baldacchino del Bernini, è la “concretezza”. Infatti, spiega, “un bimbo in una mangiatoia rappresenta una scena che colpisce, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto davvero carne. E allora su di Lui non bastano più le teorie, i bei pensieri e i pii sentimenti. Gesù, che nasce povero, vivrà povero e morirà povero, non ha fatto tanti discorsi sulla povertà, ma l’ha vissuta fino in fondo per noi”. Dalla mangiatoia alla croce, aggiunge il Santo Padre, “il suo amore per noi è stato tangibile, concreto. Non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo! E dunque, non si accontenta di apparenze”.

Lui che è nato nella mangiatoia, cerca una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di chiacchiere ed esteriorità. Lui, che si mette a nudo nella mangiatoia e si metterà a nudo sulla croce, ci chiede verità, di andare alla nuda realtà delle cose, di deporre ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie. Lui, che è stato teneramente avvolto in fasce da Maria, vuole che ci rivestiamo di amore. Dio non vuole apparenza, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono. A Natale Dio è concreto: nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!

Infine, prima della benedizione, una preghiera: “Gesù, guardiamo a Te, adagiato nella mangiatoia. Ti vediamo così vicino, vicino a noi per sempre: grazie, Signore. Ti vediamo povero, a insegnarci che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nelle persone, soprattutto nei poveri: scusaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro. Ti vediamo concreto, perché concreto è il tuo amore per noi: aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede. Amen”.

Nonostante il dolore alla gamba, il Papa non rinuncia all’atto di venerazione del presepe. Al termine del rito, è proprio il Santo Padre a portare davanti alla scena della natività, allestita in una cappella laterale della basilica di San Pietro, vicino l’altare maggiore, la statua del Bambinello svelata all’inizio della celebrazione. Lo fa sulla sedia a rotelle, con la statuina del piccolo Gesù in braccio, attorniato da un gruppo di bimbi vestiti con abiti tradizionali di diversi paesi. Francesco bacia il Bambinello e lo consegna nelle mani del diacono che lo pone nella culla.

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