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Quando l’intelligenza fa morire dal ridere, Angelo Pintus in scena al Teatro Olimpico con “Bau”

16 febbraio 2023 | 09:00
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Quando l’intelligenza fa morire dal ridere, Angelo Pintus in scena al Teatro Olimpico con “Bau”

Viaggio nelle ansie e negli stereotipi dei nostri tempi, per riuscire ad esorcizzarli e – forse – a cambiare atteggiamento

Roma – Lo spettacolo è esilarante… da morire dal ridere. E stavolta non è un modo di dire. La sera del 15 febbraio si è rischiata la tragedia al Teatro Olimpico allorché, per il troppo sganasciarsi, uno spettatore si stava soffocando con la saliva. All’inizio la platea pensava ad una boutade, ma poi si è capito trattarsi di una cosa seria, tanto che lo spettacolo è stato interrotto per qualche minuto, per capire le condizioni dell’uomo. Poi tutto fortunatamente si è risolto solo con un grande spavento, e la serata è continuata in totale allegria e spensieratezza. Ma anche in questo frangente, Angelo Pintus è riuscito a mostrare tutte le sue doti, artistiche e umane, alternando la giusta preoccupazione per ciò che stava accadendo alla necessità di mantenere la tensione emotiva positiva nel pubblico. Impegno non facile, ma che il genio di Pintus ha risolto al meglio.

E se vogliamo, ciò che è accaduto è lo specchio del racconto che l’artista stava sciorinando sul palco di un teatro gremito in ogni ordine di posti, ossia il dipanarsi – a vari livelli – delle vicende della vita di tutti i giorni, dal concepimento di un figlio alle incursioni su Tik Tok, dalla parità di genere al politically correct.

Un viaggio sulle incongruenze dei nostri comportamenti, sulla involontaria comicità di chi non si rassegna a vivere a pieno la propria età, sulla eterna lotta genitori/figli. Il tutto condito con la spontaneità tipica di Angelo Pintus, capace di saltare da un microfono all’altro (sul palco ce ne sono tre… ma non sveliamo il perché) per regalare battute e frecciate, imitazioni e gag.

L’unicità di Pintus è quella di trasformare l’intelligenza in comicità, di costringere lo spettatore a ridere di se stesso; e riesce a farlo senza mai essere volgare, mettendo a nudo i difetti del nostro tempo.

Inutile cercare nel titolo, “Bau”, un filo conduttore. Non è uno spettacolo sugli animali – che pure in parte sono protagonisti -; è piuttosto è un pretesto, un inciampo, un codice di comunicazione che apre a qualunque interpretazione, esattamente come spesso facciamo con i nostri amici animali.

Anche il finale, carico di sentimento e di riflessioni sulla vita, lascia con un buon sapore in bocca, quello di aver richiamato il cervello, seppur con stimolazioni elettriche brillanti e non cattedratiche, ad una capacità di riflessione che il mondo dei social ha completamente annichilito.

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