Il serial killer

Historical crimes. Giorgio Orsolano, la iena che decapitava le bambine

5 marzo 2023 | 08:00
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Historical crimes. Giorgio Orsolano, la iena che decapitava le bambine

Il serial killer ribattezzato “la iena del Canavese”, terrorizzò le campagne di Ivrea rapendo e violentando bambine. Poi lo scempio sui cadaveri

Giorgio Orsolano nasce a San Giorgio Canavese, in provincia di Ivrea il 17 marzo del 1835. Rimasto orfano del padre quando era ancora bambino, viene mandato dalla madre presso un lontano zio, sacerdote, col compito di essere educato.

Ma gli sforzi del prete per fargli frequentare la scuola sono infruttuosi, al punto che lo rimanda dalla madre ammettendo che è troppo vivace e non vuole seguire alcuna regola di disciplina. La mamma cerca di fare del suo meglio ma il ragazzo preferisce di più le osterie che la scuola.

Non avendo voglia di lavorare, Orsolano si dedica al furto finché, un giorno, tenta di violentare una ragazza, tale Teresa Pignocco di 16 anni, tenendola prigioniera a casa sua per sei giorni. Viene però arrestato prima che la violenza possa essere compiuta e condannato ad otto anni. Esce di prigione anticipatamente per buona condotta. Sembra essersi pentito e si mette sulla buona strada. Apre un negozio di salsicce e pare aver messo la testa a posto.

Le cronache del tempo lo descrivono con un corpo mostruoso, con indole irrequieta, selvaggia, tetra, con barba sempre lunga, testa deformata, con la mandibola inferiore più sporgente della superiore. La mancanza di un occhio lo costringe a farsi crescere i capelli per nascondere quel deficit. Questo però non gli impedisce di trovare moglie in una vedova di 24 anni dalla quale ha una figlia. Giorgio allarga la sua piccola attività commerciale vendendo anche vino e carbone.

Ma la sua indole di stupratore torna ad emergere in modo prepotente e violento. Il 14 febbraio 1834 attira con un pretesto, in un luogo appartato, una bambina di dieci anni, Caterina Scavarda. La violenta, poi l’uccide decapitandola. Seppellisce i resti lungo un torrente della zona. Nel paese nessuno sospetta di quel negoziante che aveva messo la testa a posto. Tutti in paese lo considerano un bravo giovane, come anche la seconda vittima. Il 24 giugno dello stesso anno riesce a comprarsi la fiducia di una bambina di nove anni, Caterina Givogre che stupra, decapita e getta i suoi poveri resti nel torrente Piatonia.

Le forze dell’ordine suppongono che le due bambine scomparse siano state divorate da branchi di lupi che infestano quella zona. Il 3 marzo 1835 Giorgio attira una quattordicenne, Francesca Tonso, che incontra al mercato come venditrice di uova. Le chiede di portargliele a casa. E qui avviene il solito rituale bestiale. La violenta, la uccide e ne fa a pezzi il giovane corpo del quale si disfa nelle campagne. Ma questa volta una zia della povera ragazza descrive alla polizia l’ultima persona che aveva parlato con la nipote: Giorgio.

La casa dell’Orsolano viene perquisita e si scoprono gli zoccoli di Francesca e degli stracci che sono riconosciuti per essere appartenenti alla ragazza. Giorgio viene arrestato. La folla tenta di linciarlo. Viene trasferito al castello di Ivrea. Qui confessa gli omicidi aggiungendo particolari ancora più raccapriccianti. Con alcuni parti dei corpi delle vittime ha confezionato delle salsicce che ha venduto agli stessi compaesani nutrendosene lui stesso. Vengono poi scoperti i luoghi di abbandono delle altre due vittime.

Dopo un rapido processo, la iena di San Giorgio, come lo hanno subito soprannominato in paese, è condannato a morte. In carcere tenta di togliersi la vita ma senza successo. Viene quindi impiccato, quattro giorni dopo la sentenza. L’università di Torino inviò poi dei medici per sportarne la testa ed i testicoli, risultati più grandi del solito, esponendoli quindi al museo di anatomia di quella città, poiché questi resti servivano a dimostrare le tesi del celebre criminologo Cesare Lombroso: le tare fisiche e psichiche erano la causa primaria delle attività delinquenziali dei criminali.