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Il Papa: Il mondo ha sete di Dio ma l’uomo di oggi si disseta col consumismo

Francesco: "Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza, questa cultura dell’indifferenza generano aridità e vuoto interiore"

Città del Vaticano – “‘Dammi da bere’ non sono solo la richiesta di Gesù alla samaritana, ma un appello – a volte silenzioso – che ogni giorno si leva verso di noi e ci chiede di prenderci cura della sete altrui”. A dirlo è Papa Francesco che, affacciato su una piazza San Pietro baciata dal sole e riempita da 20mila fedeli per la tradizionale preghiera dell’Angelus, commenta quello che lui stesso definisce “uno degli incontri più belli e affascinanti di Gesù” descritti nel Vangelo, “quello con la samaritana (cfr Gv 4,5-42)”.

“La scena ci mostra Gesù assetato e stanco, che si fa trovare al pozzo dalla samaritana nell’ora più calda, a mezzogiorno, e come un mendicante chiede ristoro. È un’immagine – spiega il Papa – dell’abbassamento di Dio: assetato come noi, soffre la nostra stessa arsura”. Ma la sete di Gesù, sottolinea Francesco, “non è solo fisica, esprime le arsure più profonde della nostra vita: è soprattutto sete del nostro amore. È più di un mendicante, è un assetato del nostro amore. Ed emergerà nel momento culminante della passione, sulla croce; lì, prima di morire, Gesù dirà: ‘Ho sete’. Quella sete dell’amore che lo ha portato a scendere, ad abbassarsi, ad essere uno di noi”.

Ma le parole “Dammi da bere”, sono pronunciate ogni giorno da “quanti – in famiglia, sul posto di lavoro, negli altri luoghi che frequentiamo – hanno sete di vicinanza, di attenzione, di ascolto; ce lo dice chi ha sete della Parola di Dio e ha bisogno di trovare nella Chiesa un’oasi dove abbeverarsi. Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza, questa cultura dell’indifferenza generano aridità e vuoto interiore. E – non dimentichiamolo – dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere, mentre si continua a inquinare e deturpare la nostra casa comune; e anch’essa, sfinita e riarsa, ‘ha sete'”.

Cosa fare? Davanti alla sete di Dio che prova il mondo, “noi non dobbiamo pensare più solo a placare la nostra sete, la nostra sete materiale, intellettuale o culturale, ma con la gioia di aver incontrato il Signore potremo dissetare altri: dare senso alla vita altrui, non come padroni, ma come servitori di questa Parola di Dio che ci ha assetato, che ci asseta continuamente; potremo capire la loro sete e condividere l’amore che Lui ha donato a noi”.

Infine, propone un esame di coscienza: “Siamo capaci di capire la sete degli altri? La sete della gente, la sete di tanti della mia famiglia, del mio quartiere? Oggi possiamo chiederci: io ho sete di Dio, mi rendo conto che ho bisogno del suo amore come dell’acqua per vivere? E poi, io che sono assetato, mi preoccupo della sete degli altri, la sete spirituale, la sete materiale?”.

Dopo la benedizione, il Papa ricorda che venerdì prossimo tornerà l’iniziativa “24 ore per il Signore”: un tempo dedicato alla preghiera di adorazione e al sacramento della Riconciliazione: “Nel pomeriggio di venerdì mi recherò in una parrocchia romana per la Celebrazione penitenziale. Un anno fa, in tale contesto, abbiamo compiuto il solenne Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, invocando il dono della pace. Il nostro affidamento non venga meno, non vacilli la speranza! Il Signore ascolta sempre le suppliche che il suo popolo gli rivolge per intercessione della Vergine Madre. Rimaniamo uniti nella fede e nella solidarietà con i nostri fratelli che soffrono a causa della guerra; soprattutto non dimentichiamo il martoriato popolo ucraino!”. Quindi l’immancabile saluto: “A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”. (Foto © Vatican Media)

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