Sottufficiale dell’Esercito ucciso a Centocelle: estradato in Italia il sospettato

15 marzo 2023 | 18:15
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L’uomo sarebbe fuggito da Roma per recarsi in Francia qualche giorno dopo aver commesso il fatto, quando la sua foto era ormai riportata da tutti i mass media

Roma – Ad attenderlo al varco di polizia di frontiera di Ventimiglia, gli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile di Roma per notificargli l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Procura capitolina, poiché gravemente indiziato dell’omicidio preterintenzionale del militare dell’Esercito Italiano il Caporal Maggiore Lucente Pipitone, ucciso di botte in strada a Centocelle il 10 febbraio scorso. (leggi qui).

Abidi Mohamed sarebbe fuggito da Roma qualche giorno dopo aver commesso il fatto, quando la sua foto era ormai riportata da tutti i mass media; gli agenti della Squadra Mobile non erano riusciti a trovarlo nell’appartamento che, da indagini tecniche, era emerso come suo nascondiglio, ma avevano trovato evidenti e fresche tracce della sua presenza. Dopo aver appreso della sua partenza, ed accertato che avesse dei parenti in Francia nella zona di Montpellier, allora si è proceduto ad intensificare i precedenti contatti giá avviati con la Polizia Francese, attraverso il Servizio di Cooperazione Internazionale Divisione S.I.Re.N.E., che hanno portato al fermo il 24 febbraio scorso, al posto di Polizia di Frontiera francese di Le Perthus munito di fotocopia di un documento intestato ad un connazionale mentre tentava di raggiungere la Spagna.

Era conosciuto dalla Gendarmeria Francese in quanto nel suo passato periodo di vita in Francia era stato fermato per guida senza patente nella zona di Perpignan: nella circostanza gli erano state prese le impronte digitali, risultate utili per la sua identificazione e per riscontrare l’inserimento nel circuito Schengen del Mandato di Arresto Europeo ai fini estradizionali emesso dall’Autorità Giudiziaria competente.

Le indagini della Squadra Mobile sull’omicidio hanno portato a ritenere che il movente dell’omicidio del Caporal Maggiore possa essere ascrivibile ad una banale lite per motivi di viabilità, iniziata con una discussione e poi sfociata nell’aggressione. Lucente, cadendo a terra dopo aver ricevuto un pugno, ha violentemente sbattuto la testa nell’asfalto. I testimoni, infatti, avevano visto la scena delle due auto, la Fiat 500 Abarth del tunisino e la Fiat Panda del militare infermiere, ferme in mezzo alla carreggiata con il motore acceso.

Il tunisino, dopo il pugno si sarebbe chinato verso la vittima provando a scuoterla per sincerarsi delle sue condizioni, ma avendo notato che il malcapitato non aveva reazioni, lo avrebbe afferrato dalle spalle e trascinato verso lo sportello lato passeggero, sistemandolo in posizione semi seduta per poi allontanarsi velocemente a bordo della sua auto. Le serrate indagini hanno portato al rintraccio del proprietario del mezzo, un romano dell’87, il quale quella notte aveva prestato la sua auto ad un suo conoscente di origini tunisine, a lui noto come “Mo Bro” che poi gliela aveva riportata nella nottata stessa.

Ad incastralo l’impronta trovata dalla Scientifica di Roma sul vetro dell’autovettura del Caporal Maggiore. A seguito della ricostruzione investigativa effettuata dalla Squadra Mobile, la Procura di Roma richiedeva la misura cautelare in carcere dell’uomo concessa poi dal Gip. Si stanno raccogliendo ulteriori elementi sui fiancheggiatori del tunisino che ne hanno coperto la latitanza sia su Roma che successivamente in Francia: a seguito delle perquisizioni, sono stati trovati e sequestrati i cellulari e alcuni supporti informatici in possesso di alcuni soggetti, indagati per favoreggiamento personale.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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