Droga e sesso a pagamento nel cuore di Roma: maitresse cinesi in manette

24 marzo 2023 | 17:32
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Raffica di arresti nel cuore di Roma, dove i Carabinieri hanno smantellato quella che sembrerebbe un’associazione a delinquere di stampo cinese

Roma – Avrebbero spacciato metanfetamine in Italia, oltre a gestire un giro di prostituzione a Roma. Una vera e propria organizzazione criminale, caratterizzate da “cellule madri” e “cellule satelliti”. Con a capo 2 donne.

Protagonisti della vicenda sarebbero 47 cittadini cinesi, arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, con la collaborazione dei Comandi Provinciali dei Carabinieri di Roma e Prato. Per la precisione 19 sono stati portati in carcere, 16 ai domiciliari e ad altri 12 è stato invece imposto il divieto di dimora. I militari hanno dato seguito ad un’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Le indagini sono andate avanti per quasi un anno, da settembre 2021 a luglio 2022.

I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro hanno raccolto e sviluppato le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di nazionalità cinese. Una novità in ambito giudiziario, in virtù del forte ermetismo che permea le organizzazioni criminali cinesi. Le sue rivelazioni hanno consentito ai militari di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di una solida struttura criminale di tipo associativo, gestita da cittadini cinesi, attiva nel traffico nazionale ed internazionale di metamfetamine (shaboo, yaba, ketamina). Ma anche dedita allo sfruttamento della prostituzione.

Tramite l’attuazione di servizi dinamici e attività tecniche di geolocalizzazione, intercettazione telefonica e telematica, i Carabinieri sono riusciti a stimare la peculiare architettura federativa del sodalizio, composto da una “cellula madre” radicata a Prato ed un’altra “cellula satellite” presente a Roma, entrambe capeggiate da donne cinesi dotate di una forte leadership sui loro sodali e capaci di imporre loro rigide regole di comportamento.

L’attività investigativa, grazie anche alla cooperazione internazionale di polizia, ha consentito di ipotizzare come il sodalizio criminale detenesse un posto privilegiato nell’orbita delle associazioni dedite al traffico di stupefacenti. Ciò in quanto specializzata nell’importazione e distribuzione di droghe sintetiche, nel cui ambito era consapevole di non intralciare gli interessi delle organizzazioni criminali locali.

Il gruppo, infatti, è gravemente indiziato di avere stabilito un solido canale di approvvigionamento con la Grecia, potendo contare della presenza, sul territorio ellenico, di due connazionali cinesi (destinatari di Mandato d’Arresto Europeo) capaci di far giungere in Italia ingenti quantitativi di stupefacente attraverso corrieri o imbarcati su voli di linea. Ma anche tramite spedizioni postali internazionali: emblematico è un pacco intercettato dai Carabinieri, destinato a Roma da Atene, contenente un peluche incartato in una confezione dotata di doppio rivestimento. Oppure un altro, in transito in Germania, all’interno del quale le autorità tedesche hanno rinvenuto dello shaboo nascosto in alcune confezioni di alimenti.

Sono stati inoltre raccolti gravi elementi indiziari in ordine al fatto che ogni consegna avvenisse sotto il controllo della capo cellula di Prato, vertice di fatto di tutta l’organizzazione. Avrebbe imposto per i carichi diretti a Roma, sia alla responsabile della cellula romana che ai fornitori cinesi presenti in Grecia, il pagamento di un vero e proprio “dazio” di 1 € a testa, da versare direttamente a lei, per ogni grammo di stupefacente introdotto in Italia. La droga, una volta sul territorio nazionale, veniva movimentata in auto, taxi cinesi oppure in treno, e poi rivenduta “all’ingrosso” a pochi e noti acquirenti cinesi o filippini e, solo in casi eccezionali, a fidati italiani, autorizzati poi a rivendere in proprio ed “al dettaglio” lo stupefacente che finiva nelle varie piazze di spaccio della Capitale.

Proprio seguendo gli spostamenti dello stupefacente, i Carabinieri hanno raccolto elementi indiziari che fanno presumere che parte di esso non veniva rivenduto a terzi ma utilizzato dalla cellula romana per rifornire una discoteca situata nella periferia sud-est della Capitale. All’interno della casa si ipotizza vi fosse una vera e propria “casa d’appuntamenti”, gestita dallo stesso sodalizio ed accessibile solo a clienti di nazionalità cinese ai quali le ragazze sfruttate, offrivano prestazioni sessuali e droghe sintetiche. Il tutto sotto  il controllo serrato dei responsabili scelti fra gli affiliati di maggior spessore criminale così da evitare intromissioni di altre consorterie cinesi interessate al business.

L’attività di prostituzione era organizzata nei minimi dettagli: dai turni delle ragazze che venivano associate ad un “numero” per facilitare la scelta da parte dei clienti, al tariffario delle loro prestazioni, dal loro “ricambio” ciclico ai transfert per accompagnarle nelle sistemazioni alloggiative procurate dal sodalizio, dalla definizione degli appuntamenti tramite Chat su un’esclusiva piattaforma di messaggistica cinese alla promozione di “pacchetti all inclusive” (consumazione alcolica, prestazione sessuale e dose di shaboo).

L’approfondimento di tutte le posizioni dei sodali e la captazione delle loro conversazioni ha consentito infine ai Carabinieri di raccogliere gravi indizi di colpevolezza che hanno consentito di comprenderne ed evidenziarne la sua solidità poiché sono emersi i connotati tipici delle più forti associazioni criminali quali ad esempio l’utilizzo di un codificato linguaggio criptico, la capacità di sostituire o ripianare rapidamente le posizioni dei sodali arrestati nel corso dell’indagine ed ancora la tutela legale garantita ai consociati detenuti.

Nel corso dell’attività investigativa, a riscontro degli elementi indiziari raccolti, sono state arrestate in flagranza 17 persone, 4 denunciate a piede libero e sequestrati complessivamente circa 450g di shaboo, 230g di ketamina, 60 pasticche di ecstasy (MDMA) e 10.745,00 euro incontanti.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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