IL SERIAL KILLER

Historical Crimes. Giorgio Vizzardelli, il più giovane serial killer della storia italiana

26 marzo 2023 | 16:00
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Historical Crimes. Giorgio Vizzardelli, il più giovane serial killer della storia italiana

I suoi hobby sono la distillazione dei liquori e il tiro con la pistola, diventando un estimatore del famoso malvivente americano Al Capone

Verzana – Giorgio Wuilliam Vizzardelli nasce a Francavilla al Mare il 23 agosto del 1922. La sua infanzia è funestata da un terremoto che gli procura danni alla testa, tali da renderlo col tempo timido,  introverso e socialmente alienato. In collegio veniva spesso picchiato dai professori. I suoi hobby sono la distillazione dei liquori e il tiro con la pistola, diventando un estimatore del famoso malvivente americano Al Capone.

Appena adolescente commette il primo duplice omicidio. La sera del 4 gennaio 1937 si reca nella biblioteca del collegio della città di Serzana, dove si era trasferito:  vi si trovava il rettore don Umberto Bernardelli che vedendolo con una pistola in mano tenta di evitare il peggio dandogli tutto il denaro che aveva in tasca.  Ma Vizzaerdelli  gli spara invece tre colpi uccidendolo.

Questo serial killer venne raccontato poi dalla stampa italiana come l’omicida del “morto che chiama morto” . Infatti nella fuga dopo aver ucciso il religioso Vizzardelli incontra due collegiali di quindici anni che accorrevano avendo ascoltato la sparatoria. Giorgio Vizzardelli spara anche a loro ferendo uno di essi. Immediatamente dopo si imbatte nel portiere del collegio: anche per lui due colpi in pieno petto che lo uccidono.

Iniziano subito le indagini che prendono però una via sbagliata. Infatti si parte da una pista errata: si pensa ad una storia di sesso. Infatti il primo religioso ucciso era molto chiacchierato in paese per la supposta passione per le donne. Si pensa quindi ad un marito tradito dalla moglie e alla sua conseguente vendetta. Successivamente  i sospetti si dirigono invece su uno studente del collegio con il quale il rettore  aveva avuto una serie di litigi.

Questo studente, Vincenzo Montepagani, viene  indagato ed arrestato. Resta in prigione ben diciotto mesi, rischiando perfino la pena di morte prima che alcune testimonianze lo scagionano del tutto dal duplice assassino. Mussolini, molto colpito da questo errore giudiziario, vuole risarcire l’uomo donandogli personalmente venticinquemila lire.

A capo delle indagini viene nominato il capo della squadra mobile di La Spezia, Paolo Cozzi. Ma non si arriva a capo di nulla nei circa due lunghi anni che seguono. Finchè il 20 agosto 1938 vengono ritrovati sul greto del torrente vicino Sarzana altri due cadaveri. Si tratta del barbiere Livio Delfini di vent’anni e del tassista Bruno Veneziani di anni trentacinque. Erano crivellati di colpi di pistola ma con armi  diverse: una calibro 9 ed una calibro 6,5.

Come consuetudine del tempo viene ordinato ai quotidiani di minimizzare l’accaduto, per non gettare nel panico la popolazione del luogo. Subito Mussolini convoca il capo della polizia ordinandogli di risolvere al più presto questa serie di efferati delitti. Ma a complicare la vicenda sopraggiunge un nuovo delitto. Viene ritrovato assassinato a colpi d’accetta Giuseppe Bernardini, il custode dell’Ufficio del registro della cittadina ligure.

Il povero uomo ha un ascia ancora incastrata nel cranio. Il Commissario Cozzi scopre che non ci era stata però nessunaeffrazione: quindi il criminale doveva conoscere la vittima od avere le chiavi dell’ingresso dell’Ufficio che però le aveva solo il Direttore, un certo Guido Vizzardelli, uomo di grande rigore morale e da tutti conosciuto come persona integerrima. Comunque il commissario fa perquisire la sua abitazione.

Le chiavi dell’Ufficio vengono esaminate con accuratezza riscontrandovi sopra una sorta di liquido appiccicoso, la stessa sostanza che ricopriva il manico dell’accetta che ha ucciso il custode. Da un esame approfondito la sostanza viene riconosciuta come liquore e il commissario scopre che il figlio del direttore distillava vino e liquori. Prontamente interrogato  Giorgio Vizzardelli confessa.

Il movente del primo delitto era stato la necessità di procurarsi del denaro per emigrare in America, mentre la causa del secondo era stata quella di evitare di essere riconosciuto dal guardiano del Collegio. Ma il barbiere Livio Delfini lo aveva visto uscire dal collegio e l’aveva cominciato poi a ricattare. Vizzardelli gli da allora appuntamento sul greto del fiume  e lo uccide per evitare  di soggiacere al ricatto. Uccide anche il suo accompagnatore, il tassista, colpevole solo di avergli dato un passaggio in auto ed ignaro della vicenda.

Vizzardelli viene riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo. Scampa alla pena di morte soltanto perchè ancora minorenne al tempo degli omicidi. Dopo la caduta del fascismo il padre di Giorgio Vizzardelli comincia a presentare domande di grazia a vari presidenti della Repubblica, come Einaudi, Gronchi, Saragat. Quest’ultimo gli concede la libertà dopo 28 anni di carcere.

Uscito di prigione Giorgio va vivere dalla sorella a Carrara (il padre era morto prima che venisse scarcerato), seppure in libertà vigilata. Ogni giorno deve andare  a firmare presso la caserma dei carabinieri. Ma una sera, il  12 agosto 1973, dopo aver visto in televisione un programma sui serial killer, preso da sensi di colpa, si chiude in bagno e si conficca un coltello nella gola, terminando così la vita con un atto di violenza contro se stesso.