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Scandalo mascherine in Regione, blitz della Finanza alla Pisana: sequestrati 14 milioni

20 aprile 2023 | 12:37
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Truffa sulle mascherine alla Regione Lazio durante la prima fase del Covid. L’operazione della Finanza riguarda 7 persone fisiche e 2 società

Roma – Truffa sulle mascherine alla Regione Lazio durante la prima fase del Covid. I militari del comando provinciale della guardia di finanza di Roma, su delega della Procura, hanno dato esecuzione al decreto emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale capitolino per il sequestro preventivo di beni per circa 14 milioni di euro nei confronti di sette persone fisiche e due società in relazione al profitto per ipotesi di reato di truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture, riciclaggio e autoriciclaggio.

Il provvedimento, riferisce la Guardia di Finanza in una nota, è stato emesso al termine delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma e svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria per la fornitura di 9,5 milioni di dispositivi sanitari e di protezione individuale (mascherine triplo strato e mascherine Ffp2/Ffp3), affidata a una società capitolina dall’Agenzia regionale della Protezione Civile Lazio, nel marzo 2020, durante le prime fasi dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Secondo l’ipotesi d’accusa, riporta la Guardia di Finanza, “la società affidataria, ottenuto in via anticipata dalla Regione Lazio il pagamento di un acconto di oltre 14,6 milioni di euro (su un valore complessivo della fornitura di 35,8 milioni di euro), pur avendo assicurato la pronta disponibilità della merce, ne consegnava al committente solo una minima parte e solo dopo numerose sollecitazioni, costringendo l’Ente ad annullare in autotutela i contratti stipulati“.

Sempre secondo l’ipotesi d’accusa, successivamente, “i responsabili della società presentavano certificazioni tecniche non genuine e polizze fidejussorie rilasciate da società non abilitata, in modo da indurre nuovamente in errore l’Agenzia Regionale la quale disponeva la novazione dei contratti”.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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