papa in ungheria |
Esteri
/
Papa & Vaticano
/

Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”

29 aprile 2023 | 12:53
Share0
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”
Budapest, il Papa abbraccia i rifugiati: “Serve una Chiesa che parli il linguaggio della carità”

Nella chiesa di Sant’Elisabetta d’Ungheria il Papa incontra i poveri e rifugiati. E una famiglia fuggita dalla guerra in Ucraina lo ringrazia per aver fatto sentire la sua voce per la pace

Budapest – Una Chiesa che parli “il linguaggio della carità”. E’ il sogno di Papa Francesco per la comunità cattolica non solo ungherese da di tutto il Vecchio Continente. Nella seconda giornata di Viaggio Apostolico in Ungheria, il Papa, dopo aver incontrato i bimbi ciechi di Budapest (leggi qui), abbraccia i poveri e i rifugiati accolti nelle strutture cattoliche del Paese.

Tra i marmi e le alte colonne della chiesa dedicata a Sant’Elisabetta, riecheggiano le testimonianze di chi è fuggito dalla povertà e dalla guerra in cerca di un futuro migliore. Toccante il racconto di Oleg Yakovlev e della sua famiglia, scappato dalle bombe che nel maggio 2022 piovvero senza fine a Dnipropetrovsk: “Quando la nostra famiglia si è trovata in pericolo, abbiamo deciso di trasferirci. Io e mia moglie Lyudmila abbiamo 5 figli, Daniel, Maria, Alexandra, Iliya ed Elizaveta, e per proteggere le loro vite abbiamo pensato di non avere altra scelta che partire. Non sapevamo quando avremmo avuto di nuovo un tetto sopra la testa. Ma dove andare? Una volta, 46 anni fa, ho prestato servizio come cuoco-soldato in Ungheria e ancora oggi mi ricordo bene l’ospitalità e la cordialità degli ungheresi, ho anche imparato un po’ la lingua. Sapevo che se fossimo fuggiti, saremmo andati in Ungheria, anche se Budapest è molto lontana, più di 1500 chilometri”.

“Il viaggio è durato diversi giorni, eravamo molto stanchi, potevamo portare con noi ben poco. Quando siamo arrivati in Ungheria, nel primo periodo ci sono state brave persone a preoccuparsi di fornire una sistemazione per la nostra famiglia e ci hanno dato l’aiuto di cui avevamo bisogno – prosegue Oleg -. In seguito siamo stati accolti nel Centro di Integrazione della Caritas Cattolica. Abbiamo ricevuto un aiuto finanziario tangibile sotto forma di voucher, che è stato un salvavita per la mia famiglia nei primi giorni di povertà, e ci ha anche dato incoraggiamento e speranza. Per noi e per i nostri figli, l’Ungheria è stata l’inizio di una nuova vita, di una nuova possibilità. Qui siamo stati accolti e abbiamo trovato una nuova casa. Molti hanno sofferto e soffrono ancora per la guerra”.

Poi, il “grazie” al Pontefice: “Siamo molto grati a Vostra Santità per aver fatto sentire la sua voce per la pace e per essersi schierato a favore delle vittime della guerra, e siamo anche grati per l’affetto dei fedeli cattolici e per le loro preghiere che non solo ci aiutano ma ci rafforzano”. E il grazie a chi li ha accolti si trasforma in musica: “I miei figli hanno preparato una canzone di ringraziamento per gli operatori della Caritas Ungheria, che vorremmo suonare adesso anche al Santo Padre. In questa canzone, la nostra famiglia intende esprimere allo stesso tempo il rispetto per le vittime, la gratitudine per chi li ha aiutati, il desiderio di pace e la preghiera. Dio ci benedica tutti. Pace e armonia!”.

Il Papa ascolta e si commuove. Prendendo la parola, Francesco ricorda quanto siano imporranti i poveri per la Chiesa, perché “ci indicano una sfida appassionante, perché la fede che professiamo non sia prigioniera di un culto distante dalla vita e non diventi preda di una sorta di ‘egoismo spirituale’, cioè di una spiritualità che mi costruisco a misura della mia tranquillità interiore e della mia soddisfazione. Vera fede, invece, è quella che scomoda, che rischia, che fa uscire incontro ai poveri e rende capaci di parlare con la vita il linguaggio della carità”.

Un linguaggio, fa notare il Pontefice, parlato “da Santa Elisabetta. Figlia di re, era cresciuta nell’agiatezza di una vita di corte, in un ambiente lussuoso e privilegiato; eppure, toccata e trasformata dall’incontro con Cristo, ben presto sentì un rigetto verso le ricchezze e le vanità del mondo, avvertendo il desiderio di spogliarsene e di prendersi cura di chi era nel bisogno. Così, non solo spese i suoi averi, ma anche la sua vita a favore degli ultimi, dei lebbrosi, dei malati fino a curarli personalmente e a portarli sulle proprie spalle. Ecco il linguaggio della carità”.

“E a questo proposito esprimo la mia gratitudine alla Chiesa ungherese per l’impegno profuso nella carità, un impegno capillare: avete creato una rete che collega tanti operatori pastorali, tanti volontari, le Caritas parrocchiali e diocesane, ma anche gruppi di preghiera, comunità di credenti, organizzazioni appartenenti ad altre Confessioni ma unite in quella comunione ecumenica che sgorga proprio dalla carità. E grazie per come avete accolto, non solo con generosità ma pure con entusiasmo, tanti profughi provenienti dall’Ucraina”, aggiunge il Papa.

Il Pontefice dice di aver “ascoltato con commozione la testimonianza di Oleg e della sua famiglia; il vostro ‘viaggio verso il futuro’, un futuro diverso, lontano dagli orrori della guerra, è iniziato in realtà con un ‘viaggio nella memoria’, perché Oleg ha ricordato la calorosa accoglienza ricevuta in Ungheria anni fa, quando venne a lavorare come cuoco. La memoria di quella esperienza lo ha incoraggiato a partire con la sua famiglia e a venire qui a Budapest, dove ha trovato generosa ospitalità. Il ricordo dell’amore ricevuto riaccende la speranza, incoraggia a intraprendere nuovi percorsi di vita”.

Anche nel dolore e nella sofferenza, infatti, si ritrova il coraggio di andare avanti quando si è ricevuto il balsamo dell’amore: e questa è la forza che aiuta a credere che non è tutto perduto e che un futuro diverso è possibile. L’amore che Gesù ci dona e che ci comanda di vivere contribuisce allora a estirpare dalla società, dalle città e dai luoghi in cui viviamo, i mali dell’indifferenza – è una peste l’indifferenza! – e dell’egoismo, e riaccende la speranza di un’umanità nuova, più giusta e fraterna, dove tutti possano sentirsi a casa.

Il pensiero del Papa va quindi ai poveri di tutto il mondo,  “sorelle e fratelli segnati dalla fragilità, soli, con vari disagi fisici e mentali, distrutti dal veleno della droga, usciti di prigione o abbandonati perché anziani, sono colpiti da gravi forme di povertà materiale, culturale e spirituale, e non hanno un tetto e una casa da abitare”. Ma ammonisce gli operatori credenti che prestano accoglienza”Non basta dare il pane che sfama lo stomaco, c’è bisogno di nutrire il cuore delle persone! La carità non è una semplice assistenza materiale e sociale, ma si preoccupa della persona intera e desidera rimetterla in piedi con l’amore di Gesù: un amore che aiuta a riacquistare bellezza e dignità”.

Per il Pontefice, “fare la carità significa avere il coraggio di guardare negli occhi. Tu non puoi aiutare un altro guardando da un’altra parte. Per fare la carità ci vuole il coraggio di toccare: tu non puoi buttare l’elemosina a distanza senza toccare. Toccare e guardare. E così tu toccando e guardando incominci un cammino, un cammino con quella persona bisognosa, che ti farà capire quanto bisognoso, quanto bisognosa sei tu dello sguardo e della mano del Signore”.

Francesco lascia quindi la chiesa per incontrare la comunità ortodossa. Uscendo si ferma davanti ai numerosi disegni realizzati da bambini affissi su una bacheca. Alcuni disegni a tema calcistico, uno in particolare col Santo Padre che indossa la maglia dell’Argentina, suo Paese natale, ma anche riferimenti alla guerra nella vicina Ucraina, con il disegno del Papa al centro fra le bandiere russa e ucraina e la scritta “peace”, pace.

L’incontro con la comunità ortodossa

Tra gli applausi e attraverso una rampa, Papa Francesco raggiunge in sedia a rotelle la Chiesa greco-cattolica di Budapest”Protezione della Madre di Dio”, distante solo pochi metri dalla chiesa di Sant’Elisabetta. “Da
Papa Giovanni Paolo II abbiamo imparato l’importante verità che la Chiesa di Cristo respira con due polmoni, lo spirito dell’Oriente e lo spirito dell’Occidente, che insieme fanno vivere il Corpo Mistico”, il saluto di mons. Fülöp Kocsis, arcivescovo metropolita dell’Eparchia di Hajdudorog per i cattolici di rito bizantino. “Per noi greco-cattolici l’appartenenza alla Chiesa cattolica è particolarmente importante. Sin dalla nostra nascita, dalle nostre prime unioni, abbiamo dovuto soffrire molto a causa di questa doppia appartenenza. I nostri martiri sono morti non solo per la loro fede cristiana, ma soprattutto per la loro fedeltà alla Chiesa cattolica: invece che piegarsi ai dettami della violenza comunista, sono rimasti fedeli alla Chiesa cattolica e, per questo, sono morti”, ha aggiunto ribadendo che “nessuno può dubitare che, pur cercando di rimanere fedeli alle nostre radici orientali, noi non desideriamo separarci, ma intendiamo diventare un ponte tra le due Chiese sorelle, poiché, in un certo senso, apparteniamo ad entrambe. Con la sua visita di oggi abbiamo una forte conferma che siamo membri uguali della famiglia cattolica e promettiamo di impegnarci nel portare a tutti un messaggio di unità e di fraternità”.

Il Papa si ferma a pregare con gli ortodossi e impartisce la benedizione. Quindi fa rientro nella Nunziatura Apostolica. Nel pomeriggio l’ultimo incontro pubblico della giornata, quello con i giovani. (Foto © Vatican Media)

Il Faro online, il tuo quotidiano sempre con te –  Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
ilfaroonline.it è su TELEGRAM. Per iscriverti al canale Telegram con solo le notizie di Papa & Vaticano, clicca su questo link.
ilfaroonline.it è anche su GOOGLE NEWS. Per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie, clicca su questo link e seleziona la stellina in alto a destra per seguire la fonte