“Convertitevi!”: trent’anni fa il grido di Giovanni Paolo II che fece tremare i mafiosi

9 maggio 2023 | 07:33
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“Convertitevi!”: trent’anni fa il grido di Giovanni Paolo II che fece tremare i mafiosi

Da lì a pochi mesi due bombe esplosero a Roma, una al Laterano: la chiesa più importante del mondo, con un chiaro messaggio indirizzato al Pontefice

Città del Vaticano – “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!“. Un grido pronunciato come mai prima in quella che ancora oggi è considerato un gioiello dell’antichità. Parole che riecheggiano tra quei marmi e scuotono le coscienze dei presenti. “Convertitevi!”.

Le parole pronunciate trent’anni fa da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento rappresentano una svolta nella lotta alla mafia con conseguenze – probabilmente – inaspettate. Frasi che arrivano dal capo della Chiesa cattolica. La stessa che per decenni aveva aiutato e coperto gli orrori di Cosa nostra e che, ora, gli si rivoltava contro. “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.

Ma è d’obbligo fare una precisazione. A differenza di quanto erroneamente si crede, infatti, solo una piccola parte degli uomini di Sancta Romana Ecclesia rinnegò la sua natura per aiutare i mafiosi. Ma la storia, se analizzata a dovere, ci dimostra un’altra versione. E’ vero. ci sono stati uomini in talare che hanno amministrato i sacramenti a chi aveva cosparso le strade di Palermo e non solo col sangue di centinaia di uomini. “Convertitevi!”. Quel grido, Wojtyla, lo rivolse anche a loro, a quei sacerdoti che benedicevano gli assassini, perché alla “civiltà della morte”, come disse lo stesso Pontefice polacco, “ci vuole civiltà della vita!“.

“Convertitevi!”, urlato da un uomo vestito di bianco aggrappato a una croce d’argento. Già, la croce, la cattedra dell’amore di Dio, lo stesso Dio che millenni fa face scolpire sulla pietra la sua parola: “Non uccidere”. E Giovanni Paolo II lo ricorda con chiarezza: “Non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!“. Ed è forse qui che i cosiddetti uomini d’onore hanno davvero tremato. Per la prima volta un Papa parla apertamente di mafia. E lo fa contrapponendola all’insegnamento della Chiesa.

Del resto, già da diversi mesi, don Pino Puglisi, oggi beato e venerato come martire, a Brancaccio, aveva fatto capire con le sue omelie, ma soprattutto con le sue azioni, che la mafia era incompatibile col Vangelo. E in fondo i mafiosi ne sono consapevoli. Il loro non è vero cristianesimo, bensì una fede di facciata. “Convertitevi!”. Perché gridarlo a chi è già cattolico? La Chiesa lo urlava agli infedeli, ora lo urla a chi si vernicia di cattolicità.

“Convertitevi!”. Il messaggio è chiaro. E loro, i mafiosi, che conoscono solo il linguaggio dell’odio, rispondono colpendo il Papa. Non direttamente. Due autobombe vengono fatte esplodere a Roma. Una a San Giorgio al Velabro, l’altra al Laterano. Appena quattro minuti passano tra un boato e l’altro. I luoghi non sono scelti a caso: San Giovanni è la cattedrale di Roma, la chiesa più importante del mondo. “Ecclesia omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput“, è scolpito nel marmo. Il luogo per eccellenza che rappresenta il magistero del Pontefice, diventa bersaglio del fuoco mafioso. Dalle indagini emerse un aspetto inquietante: l’esplosivo usato per l’attentato al Laterano è lo stesso che appena un anno prima uccise il giudice Falcone.

Ma i mafiosi non si accontento. Roma è lontana da Palermo. Anche lo Stato, per tanto, troppo tempo, è rimasto lontano. A combattere sul campo questa assurda guerra sono pochi soldati che cadono uno dopo l’altro. Ma ogni omicidio è un clamoroso autogol per la cupola, che vede nel martirio di don Pino Puglisi la sua rovina. “Me l’aspettavo”, disse il sacerdote ai giovani killer. Era la prima volta che i mafiosi uccidevano un prete. Del resto, il rigido codice d’onore mafioso imponeva di non fare del male ai sacerdoti, in quanto storicamente la Chiesa cattolica non si era mai schierata contro Cosa nostra. O meglio, non ufficialmente. E non così apertamente come aveva fatto don Pino col suo ministero – prima – e l’anatema di Giovanni Paolo II – dopo.

Quel “convertitevi” segna – finalmente – una frattura insanabile che fino al 1993 non era stata così chiara. Ci vorranno poco più di due decenni però per avere un altro passo avanti, che vede anche sul piano del Diritto, un netto contrasto tra mafia e Chiesa. La scomunica latae sententiae che Papa Francesco lancia dalla piana di Sibari nel 2014 completa quell’anatema urlato anni prima in un’altra assolata valle del sud Italia. Ed è vero: “Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore”.

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