Il Fatto

Historical crimes. Carlo Panfilla, storia del killer che appuntava i suoi delitti in agenda

28 maggio 2023 | 08:00
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Historical crimes. Carlo Panfilla, storia del killer che appuntava i suoi delitti in agenda

Il “mostro di Lusicano”, al momento dell’arresto, ha in tasca due cose: la pistola e un’agenda che rivela una verità inquietante

Carlo Panfilla nasce a Lusciano in provincia di Caserta nel 1945. Della sua fanciullezza non si hanno notizie certe poiché trascorsa in una situazione di disagio ma senza problematiche eccessive. Si sa solamente che soffre di un tic nervoso ad un occhio e al mento, cose queste che lo fanno sentire un emarginato. Di carattere collerico e vendicativo, andava su tutte le furie se gli sguardi di chi incontrava si posavano insistentemente su questi due piccoli handicap.

Non ancora ventenne e già disoccupato cronico si dedica a piccoli traffici malavitosi in una zona, come quella di Caserta, all’epoca ad alto indice di criminalità. Nel tentativo di vivere senza lavorare pensa di sfruttare una donna per avviarla alla prostituzione. Ma la stessa deprecabile idea l’hanno anche due suoi conoscenti che vedono in questa attività illecita un modo per risolvere i propri problemi economici.

Il 16 ottobre 1974 Carlo Panfilla ha una violenta lite con questi due altri giovani che hanno avuto la sua stessa idea. I due ragazzi sono Giovanni Improta di 27 anni e Francesco De Lucia di 23. Al termine della disputa, Panfilla uccide con una pistola i due concorrenti e si da alla fuga facendo perdere le sue tracce alla polizia prontamente intervenuta sul luogo del duplice omicidio.

Ma Carlo è ben conosciuto dalla Polizia e viene rintracciato pochi giorni dopo. Si era rifugiato nel cimitero del suo paese e dormiva in un loculo non ancora utilizzato. I poliziotti lo trovano nudo e in stato confusionale. Viene quindi processato e riconosciuto infermo di mente e condannato a dieci anni nel manicomio criminale di Aversa e poi in quello di Montelupo Fiorentino.

Beneficiando di una licenza premio il 15 agosto 1981 si da alla latitanza ed inizia a girovagare per il Molise e la Campania. Sei giorni dopo incontra quattro giovani che forse lo prendono in giro per i suoi tic nervosi e lui implacabilmente ne uccide tre con un pistola che aveva rimediato durante la sua latitanza. Ma il quarto riesce a fuggire e a dare l’allarme ma le forze dell’ordine non riescono a trovarlo.

Il giorno dopo Panfilla viene avvicinato da due operai, Angelo Marcantonio e Mario Antenucci, che gli rimproverano di aver acceso un fuoco per bivaccare accanto ad un bosco. La reazione del killer è immediata: estratta la rivoltella li fredda all’istante. Ma le tracce che lascia questa volta sono così evidenti che i carabinieri lo riescono ad acciuffare in poco tempo. Al momento dell’arresto, in una tasca della sua giacca la pistola e un’agendina sulla quale aveva annotato tutti i suoi omicidi.

Carlo Panfilla viene condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere. Ma un vizio procedurale (la mancanza di una perizia medico legale) permette al suo difensore di far annullare il processo. Sottoposto a nuova perizia psichiatrica viene ritenuto sano di mente e nuovamente condannato all’ergastolo che sconta ancora in un carcere nella provincia di Caserta.