15 luglio, il Santo del giorno: San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa

15 luglio 2023 | 06:01
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15 luglio, il Santo del giorno: San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa

Memoria della deposizione di san Bonaventura, vescovo di Albano e dottore della Chiesa, che rifulse per dottrina, santità di vita e insigni opere al servizio della Chiesa.
Resse con saggezza nello spirito di san Francesco l’Ordine dei Minori, di cui fu ministro generale. Nei suoi molti scritti unì una somma erudizione a una ardente pietà. Mentre si adoperava egregiamente per il II Concilio Ecumenico di Lione, meritò di giungere alla visione beata di Dio.

Oggi, 15 luglio, la Chiesa cattolica ricorda San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa. Il Martirologio Romano dice di lui: Memoria della deposizione di san Bonaventura, vescovo di Albano e dottore della Chiesa, che rifulse per dottrina, santità di vita e insigni opere al servizio della Chiesa. Resse con saggezza nello spirito di san Francesco l’Ordine dei Minori, di cui fu ministro generale. Nei suoi molti scritti unì una somma erudizione a una ardente pietà. Mentre si adoperava egregiamente per il II Concilio Ecumenico di Lione, meritò di giungere alla visione beata di Dio. E’ il patrono dei facchini, dei fattorini, dei teologi e dei tessitori.

La data in cui Bonaventura venne alla luce non è certa e viene collocata tra il 1217 e il 1221. Nacque a Civita di Bagnoregio, in Tuscia, oggi provincia di Viterbo. Era figlio di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita (o Ritella). Iniziò i suoi studi giovanili nel convento di San Francesco “vecchio”, situato a metà strada tra Bagnoregio e Civita. Nel 1235 si recò a Parigi a studiare nella facoltà delle Arti e successivamente, nel 1243, nella facoltà di teologia. Probabilmente in quello stesso anno entrò tra i Frati Minori. Il suo principale maestro fu Alessandro di Hales, ma ebbe come docenti anche Giovanni de La Rochelle, Oddone Rigaldi e Guglielmo di Melitona.

Verso la fine del 1253, avendo completato gli studi necessari, Bonaventura ottenne la licentia docendi (la “licenza di insegnare”) esponendo le Quaestiones disputatae de scientia Christi. Egli divenne così maestro reggente nello Studio francescano di Parigi, incorporato all’Università da quando Alessandro di Hales si era fatto francescano e aveva portato con sé la cattedra. Il titolo, però, gli venne conferito solo nel 1257, a causa delle ostilità dei maestri secolari.

Nel 1250 il papa aveva autorizzato il cancelliere dell’Università di Parigi a conferire la licenza di insegnamento a religiosi degli ordini mendicanti, sebbene ciò contrastasse con il diritto di cooptare i nuovi maestri rivendicato dalla corporazione universitaria. Nel 1253, difatti, scoppiò uno sciopero al quale tuttavia i membri degli ordini mendicanti non si associarono. La corporazione universitaria richiese loro un giuramento di obbedienza agli statuti, ma essi rifiutarono e pertanto vennero esclusi dall’insegnamento.

Questa esclusione colpì anche Bonaventura, che fu maestro reggente fra il 1253 e il 1257. Nel 1254 i maestri secolari denunciarono a papa Innocenzo IV il libro del francescano Gerardo di Borgo San Donnino, Introduzione al Vangelo eterno. In questo testo fra’ Gerardo, rifacendosi al pensiero di Gioacchino da Fiore, annunciava l’avvento di una “nuova età dello Spirito Santo” e di una “Chiesa cattolica puramente spirituale fondata sulla povertà”, profezia che si doveva realizzare attorno al 1260. In conseguenza di questo il Papa — poco prima di morire — annullò i privilegi concessi agli ordini mendicanti.

Il nuovo pontefice papa Alessandro IV condannò il libro di Gerardo con una bolla nel 1255, prendendo tuttavia posizione a favore degli ordini mendicanti e senza più porre limiti al numero delle cattedre che essi potevano ricoprire. I secolari rifiutarono queste decisioni, venendo così scomunicati, anche per il boicottaggio da loro operato ai danni dei corsi tenuti dai frati degli ordini mendicanti. Tutto questo nonostante che i primi avessero l’appoggio del clero e dei vescovi, mentre il re di Francia Luigi IX si trovava a sostenere le posizioni dei mendicanti.

Nel 1257 Bonaventura venne riconosciuto magister. Nello stesso anno fu eletto Ministro generale dell’Ordine francescano, rinunciando così alla cattedra. A partire da questa data, preso dagli impegni del nuovo servizio, accantonò gli studi e compì vari viaggi per l’Europa.

Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo), sia contro le tendenze mondane insorte in seno all’Ordine. Favorevole a coinvolgere l’Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l’incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell’Ordine.

Infatti il Capitolo generale successivo, del 1263 (Pisa), approvò l’opera composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla Legenda Maior, probabilmente per proporre all’Ordine una immagine univoca del proprio fondatore, in un momento in cui le diverse interpretazioni fomentavano contrapposizioni e conducevano verso la divisione.

In modo analogo a Tommaso d’Aquino che rifiutò ripetutamente la proposta di essere nominato Arcivescovo di Napoli, nel 1265 fu nominato arcivescovo di York dal neoeletto papa Clemente IV, incarico che, dopo numerose richieste al Sommo Pontefice, gli fu consentito di lasciare l’anno seguente.

Negli ultimi anni della sua vita Bonaventura intervenne nelle lotte contro l’aristotelismo e nella rinata polemica fra maestri secolari e mendicanti. A Parigi, tra il 1267 e il 1269, tenne una serie di conferenze sulla necessità di subordinare e finalizzare la filosofia alla teologia. Nel 1270 lasciò Parigi per farvi però ritorno nel 1273, quando tenne altre conferenze nelle quali attaccava quelli che erano a suo parere gli errori dell’aristotelismo. Peraltro, negli anni tra il 1269 ed il 1271, fu spesso a Viterbo ove si svolgeva il famoso, lunghissimo conclave, per tenere numerosi sermoni volti ad accelerare ed indirizzare la scelta dei cardinali; alla fine fu eletto papa Gregorio X, cioè quel Tedaldo Visconti di cui Bonaventura era amico da molti anni.

Fu proprio papa Gregorio X a crearlo cardinale vescovo con titolo di Albano nel concistoro del 3 giugno 1273, mentre Bonaventura soggiornava nel convento del Bosco ai Frati presso Firenze; l’anno successivo partecipò al Concilio di Lione accompagnato dal francescano Tommaso di Pavia (in cui favorì un riavvicinamento fra la Chiesa latina e quella greca), nel corso del quale morì.

Pietro di Tarantasia, futuro papa Innocenzo V, ne celebrò le esequie e Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione. Intorno all’anno 1450 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d’Assisi; la tomba venne aperta e la sua lingua venne trovata in perfetto stato di conservazione: questo fatto ne facilitò la canonizzazione, che avvenne ad opera del papa francescano Sisto IV il 14 aprile 1482, e la nomina a dottore della Chiesa, compiuta il 14 marzo 1588 da un altro francescano, papa Sisto V. Oggi, 15 luglio, la Chiesa ricorda anche:

Santi Eutropio, Zosima e Bonosa, martiri. Presso l’odierna Fiumicino, santi Eutropio, Zosima e Bonosa, martiri.

San Felice, vescovo di Tubzak e martire. A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sulla via detta degli Scillitani nella basilica di Fausto, deposizione di san Felice, vescovo di Tubzak e martire, che, ricevuto dal procuratore Magniliano l’ordine di dare alle fiamme i libri della Bibbia, rispose che avrebbe bruciato se stesso piuttosto che la Sacra Scrittura e fu per questo trafitto con la spada dal proconsole Anulino.

San Catulino, diacono e martire, altri martiri. Sempre nello stesso luogo, commemorazione dei santi Catulino, diacono e martire, in onore del quale sant’Agostino tenne un sermone al popolo, e altri martiri, che riposano nella basilica di Fausto.

Santi martiri Filippo e dieci bambini. Ad Alessandria d’Egitto, santi martiri Filippo e dieci bambini.

Sant’Abudemio, martire. Nell’isola di Ténedo nel mare Egeo davanti alle coste dell’Ellesponto, sant’Abudemio, martire.

San Giacomo, vescovo. A Nisibi in Mesopotamia, nel territorio dell’odierna Turchia, san Giacomo, primo vescovo di questa città, che partecipò al Concilio di Nicea e governò in pace il suo gregge, nutrendolo e difendendolo dall’assalto dei nemici della fede.

San Plechelmo, vescovo. A Roermond sulla Mosa in Austrasia, nell’odierna Olanda, san Plechelmo, vescovo, che, originario della Northumbria, annunciò a molti le ricchezze di Cristo.

San Gumberto, abate. Ad Ansbach in Franconia, ora in Germania, san Gumberto, abate, che fondò nella sua villa questo cenobio.

San Giuseppe, vescovo di Salonicco. Nella Tessaglia in Grecia, transito di san Giuseppe, vescovo di Salonicco, fratello di san Teodoro Studita: dapprima monaco, compose moltissimi inni; quindi, non appena elevato all’episcopato, patì molte e aspre difficoltà per difendere la disciplina ecclesiastica e il culto delle sacre immagini e, relegato in esilio in Tessaglia, vi morì oppresso dalla fame.

Sant’Atanasio, vescovo. A Napoli, sant’Atanasio, vescovo, che, dopo aver sofferto molto da parte del suo empio nipote Sergio, fu scacciato dalla sua sede e passò al cielo a Veroli tra i monti Ernici nel Lazio afflitto dalle tribolazioni.

San Vladimiro principe. A Kiev nell’odierna Ucraina, san Vladimiro principe, che ricevette al battesimo il nome di Basilio e spese le sue forze a diffondere tra i popoli a lui soggetti la retta fede.

Sant’Ansuero, abate e martire. A Ratzeburg nell’Alsazia, ora in Germania, sant’Ansuero, abate e martire, che fu lapidato con altri ventotto monaci dai Vinédi insorti contro i predicatori della fede cristiana.

San Davide, vescovo. A Västerås in Svezia, san Davide, vescovo, che, di nazionalità inglese, dopo essere divenuto monaco cluniacense, partì per convertire gli Svedesi a Cristo e, ormai anziano, morì piamente nel monastero da lui stesso fondato.

San Pompilio Maria Pirrotti, sacerdote. A Campi Salentina in Puglia, san Pompilio Maria Pirrotti, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, insigne per austerità di vita.

San Pietro Nguy n Bà Tuân, sacerdote e martire. Nella città di Nam Dinh in Tonchino, ora Viet Nam, san Pietro Nguy n Bà Tuân, sacerdote e martire, che, detenuto in carcere per Cristo, morì oppresso dalla fame sotto
l’imperatore Minh Mang.

Sant’Andrea Nguyen Kim Thông Nam (Nam Thuông), martire. Nella provincia di My Tho in Cocincina, ora Viet Nam, sant’Andrea Nguyen Kim Thông Nam (Nam Thuông), martire, che, catechista, condannato dopo il carcere all’esilio sotto l’imperatore Tu Duc, legato con catene e caricato di una trave, portò a compimento durante il viaggio il suo martirio.

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