Nomine dei Vescovi: il Papa sana la frattura con la Cina ma “Pechino rispetti l’accordo”

15 luglio 2023 | 16:37
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Nomine dei Vescovi: il Papa sana la frattura con la Cina ma “Pechino rispetti l’accordo”

Papa Francesco riconosce mons. Giuseppe Shen Bin vescovo di Shangai ma il Vaticano tuona contro Pechino: “Che ci siano dei
problemi è inevitabile, ma se tale dialogo cresce nella verità e nel rispetto reciproco, potrà risultare fecondo per la Chiesa e per la società cinese”

Città del Vaticano – Papa Francesco prova a sanare la frattura con la Cina ma il Vaticano tuona contro Pechino affinché rispetti l’accordo con la Santa Sede per la nomina dei vescovi. In queste ore il bollettino ufficiale diffuso dalla Sala Stampa vaticana, infatti, ha reso noto che il Pontefice ha nominato vescovo di Shanghai mons. Giuseppe Shen Bin, trasferendolo dalla Diocesi di Haimen, provincia di Jiangsu.

Mons. Shen Bin, classe 1970, esattamente cento giorni fa era stato già trasferito a Shangai per volere del governo cinese, che lo aveva nominato a capo della suddetta diocesi senza informare la Santa Sede, scavalcando de facto l’autorità del Papa.

La situazione della Chiesa cattolica in Cina, si sa, non è facile. Passi avanti erano stati fatti con l’accordo, poi rinnovato e mai divulgato, tra Pechino e Vaticano sulla nomina dei vescovi. Un accordo “violato” dalla Cina ad aprile e ora “sanato” da Romano Pontefice che con la nomina odierna prova ricucire lo strappo.

Infatti, la Santa Sede, non aveva accettato la nomina di aprile. E questo si evince anche dal curriculum vitae di mons. Shen Bin che correda la nomina nel bollettino: è nato il 23 febbraio 1970 a Qidong, nella provincia di Jiangsu. Dopo aver compiuto gli studi filosofici a Sheshan (Shanghai) e quelli teologici a Pechino, è stato ordinato sacerdote il 1° novembre 1996. Ha, quindi, svolto il Ministero Pastorale nella diocesi di Haimen, dapprima come Vicario parrocchiale, nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, poi come Vicario Generale e, infine, come parroco, nella Parrocchia della Madre di Dio. Il 17 aprile 2010 è stato nominato alla Sede di Haimen, con il consenso delle due Parti, e il 21 successivo è stato consacrato Vescovo. Dal 2022, mons. Shen Bin è anche Presidente dell’organismo denominato “Collegio dei Vescovi Cattolici Cinesi”.

Nessun accenno, dunque, a quanto avvenuto il 4 aprile scorso. Come spiegare ciò? Il cardinal Parolin, Segretario di Stato vaticano, in una lunga intervista rilasciata ai media vaticani, lo fa richiamando “i precedenti e le circostanze della vicenda. Come si ricorderà, l’Accordo provvisorio sulla nomina dei Vescovi in Cina è stato prorogato per un altro biennio il 22 ottobre 2022. Circa un mese dopo, la Santa Sede ha dovuto esprimere sorpresa e rammarico per la notizia dell’installazione di mons. Giovanni Peng Weizhao, Vescovo di Yujiang, come Ausiliare della Diocesi di Jiangxi, non riconosciuta dalla Santa Sede e senza che quest’ultima sia stata né consultata né informata. Per quanto riguarda invece Shanghai, la Santa Sede è stata informata del provvedimento adottato dalle Autorità cinesi di trasferire mons. Giuseppe Shen Bin, Vescovo di Haimen, ma, ancora una volta, non è stata coinvolta. La decisione di prendere tempo prima di commentare pubblicamente il caso va attribuita alla necessità di valutare attentamente sia la situazione pastorale della Diocesi di Shanghai, che è riconosciuta dalla Santa Sede e che da troppo tempo era senza Vescovo, sia l’opportunità di trasferire mons. Shen Bin, Pastore stimato”.

Ambedue i trasferimenti, precisa il porporato, “sono stati compiuti senza coinvolgimento della Santa Sede. Questo modus procedendi pare non tenere conto dello spirito del dialogo e della collaborazione instauratisi tra la Parte vaticana e la Parte cinese negli anni e che ha trovato un punto di riferimento nell’Accordo”. Dunque, spiega Parolin, il Papa “ha comunque deciso di sanare l’irregolarità canonica creatasi a Shanghai, in vista del maggior bene della Diocesi e del fruttuoso esercizio del ministero pastorale del Vescovo. L’intenzione del Santo Padre è fondamentalmente pastorale e permetterà a mons. Shen Bin di operare con maggior serenità per promuovere l’evangelizzazione e favorire la comunione ecclesiale. Nello stesso tempo, noi speriamo che egli possa, d’intesa con le Autorità, favorire una soluzione giusta e saggia di alcune altre questioni pendenti da tempo nella Diocesi, come – per esempio – la posizione dei due Vescovi ausiliari, mons. Taddeo Ma Daqin, tuttora impedito, e mons. Giuseppe Xing Wenzhi, ritirato”.

Il Vaticano si piega al governo cinese? Per Parolin la questione è diversa: l’Accordo è provvisorio e il testo è riservato “perché ancora non approvato in via definitiva. Esso ruota attorno al principio fondamentale della consensualità delle decisioni che riguardano i Vescovi. Qualora si presentino situazioni che sembrano nuove e impreviste, si tratterà di cercare di risolverle in buona fede e con lungimiranza, rileggendo meglio quanto è scritto e ispirandosi ai principi che ne hanno guidato la stesura. Stiamo, perciò, cercando di chiarire questo punto, in un dialogo aperto e in un confronto rispettoso con la Parte cinese. Confidando nella saggezza e nella buona volontà di tutti, speriamo di arrivare a conclusioni positive, utili per proseguire il cammino, superando ogni difficoltà”.

Ad oggi, secondo il Segretario di Stato, “sono molti i temi che hanno urgenza di essere trattati, perché molte sono le
situazioni complesse e le questioni aperte nella Chiesa in Cina. Ne accenno solo tre: la Conferenza episcopale; la comunicazione dei Vescovi cinesi con il Papa; l’evangelizzazione”. E spiega: “Anzitutto, la Santa Sede desidera veder crescere la responsabilità dei Vescovi nella guida della Chiesa in Cina, e per questo è necessario che si possa riconoscere quanto prima una Conferenza episcopale dotata di Statuti adeguati alla sua natura ecclesiale e alla sua missione pastorale. In questo contesto, è giocoforza che si stabilisca una regolare comunicazione dei Vescovi cinesi con il Vescovo di Roma, indispensabile per una effettiva comunione, sapendo che tutto ciò appartiene alla struttura e alla dottrina della Chiesa cattolica, che le Autorità cinesi hanno sempre detto di non voler alterare. Infatti, c’è da dire che i troppi sospetti rallentano e ostacolano l’opera di evangelizzazione: i cattolici cinesi, anche quelli definiti ‘clandestini’, meritano fiducia, perché vogliono sinceramente essere leali cittadini ed essere rispettati nella loro coscienza e nella loro fede”.

Ma “affinché il Vangelo possa diffondersi con la sua pienezza di grazia e di amore, recando buoni frutti in Cina e per la Cina, e affinché Gesù Cristo possa ‘farsi cinese con i cinesi’, è necessario superare la diffidenza verso il cattolicesimo, che non è una religione da considerarsi estranea – tanto meno contraria – alla cultura di quel grande popolo. Sarà una grande gioia per noi quando ciò diverrà realtà ed io confesso di pregare personalmente ogni giorno il Signore per questa intenzione”.

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