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Storia dell’Euro, la moneta unica che ha cambiato l’Europa

23 ottobre 2023 | 17:38
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Storia dell’Euro, la moneta unica che ha cambiato l’Europa

L’Euro entrò in circolazione il 1′ gennaio 2002, rivoluzionando per sempre la storia europea

Roma – Il 1′ gennaio 2002 la storia dell’Unione europea, e più in generale dell’Europa, cambiò per sempre. Una trasformazione destinata ad essere rivoluzionaria, nel bene e nel male. Fu quel giorno, infatti, che l’Euro iniziò ad entrare in circolazione in ben 12 paesi dell’Ue, tra cui l’Italia. E così la lira, ma anche il franco tedesco, il franco francese e molte altre valute , vennero spazzate via per dare spazio alla moneta unica. Le banche, “in trincea”, vennero letteralmente prese d’assalto e costrette a lavorare anche nel weekend.

Un cambiamento epocale che, ancora oggi, crea divisioni e polemiche. C’è chi crede si tratti di uno strumento fondamentale in grado di rendere più forte e competitiva l’Europa, ma c’è anche chi sostiene si tratti di un’ennesima cessione della sovranità che ha impoverito i singoli Stati. Sia chiaro: il dibattito non esiste solo a livello politico. Ma anche tra economisti, accademici, esperti, tecnici e quant’altro. Segno dell’enorme complessità della materia.

Ultimo Paese ad entrare nella moneta unica è stata la Croazia, nella quale l’Euro è in circolazione dal 1′ gennaio 2023. Oggi 20 stati su 27 dell’Ue adottano la moneta unica, e fanno parte della cosiddetta area dell’Eurozona. 

Un po’ di storia

La stabilità monetaria internazionale dell’immediato dopoguerra non durò a lungo. I disordini dei mercati valutari internazionali minacciarono il regime di prezzi comuni instaurato nell’ambito della politica agricola comune, uno dei principali pilastri dell’allora Comunità economica europea. Successivi tentativi di conseguire una stabilità dei tassi di cambio furono scoraggiati dalle crisi del petrolio e da altri shock, fino a quando, nel 1979, venne avviato il Sistema monetario europeo (Sme)

Lo Sme si basava su un sistema di tassi di cambio usato per mantenere le oscillazioni delle valute partecipanti entro un intervallo ristretto. Questo approccio completamente nuovo rappresentò una forma di coordinamento delle politiche monetarie tra i paesi dell’Ue senza precedenti e funzionò bene per oltre un decennio. Fu però sotto la presidenza di Jacques Delors che i governatori delle banche centrali dei paesi dell’Ue redassero la “relazione Delors” sulle modalità per conseguire l’Unione economica e monetaria.

La relazione Delors proponeva un periodo preparatorio suddiviso in tre fasi, compreso tra il 1990 e il 1999, per giungere a un’Unione economica e monetaria e all’area dell’euro. I leader europei accettarono le raccomandazioni contenute nella relazione Delors.

Il nuovo trattato sull’Unione europea, che conteneva le disposizioni necessarie per la creazione dell’Unione monetaria, fu approvato durante il Consiglio europeo di Maastricht, nei Paesi Bassi, nel dicembre 1991.

Dopo un decennio di preparativi, l’Euro venne introdotto il 1° gennaio 1999: durante i primi 3 anni fu “invisibile”, in quanto utilizzato solo a fini contabili e per i pagamenti elettronici. Le monete e le banconote entrarono in circolazione il 1° gennaio 2002 e in 12 paesi dell’Ue si assistette al passaggio a una nuova valuta più rilevante della storia.

L’Euro in Italia

Come detto, il 1′ gennaio 2002 l’Euro entrò in circolazione anche in Italia. In pochi forse ricordano come, all’epoca, presidente della Commissione europea fosse Romano Prodi, che ricoprì l’incarico dal 1999 al 2004. Già presidente del Consiglio dal 1996 al 1998 (sarebbe poi tornato a Palazzo Chigi nel 2006) Prodi, da sempre un paladino dell’Europa unita, lottò con tutte le sue forze per far si che l’Italia aderisse all’Euro da subito. Una vera e propria corsa ad ostacoli che, però, non percorse da solo: fu infatti affiancato dal potente ed influente Carlo Atzeglio Ciampi

La corsa a tappe partì dal 1996, anno dell’insediamento del Governo Prodi I. Senza badare a troppi fronzoli, quell’anno ci si rese conto di come le casse dello Stato fossero vuote. L’enorme debito pubblico stava attanagliando (e continua a farlo) il nostro Paese, divorato dalla folle spesa pubblica degli anni 70-80. E da Tangentopoli erano passati pochissimi anni. Insomma, in queste condizioni non ci sarebbe stato il via libera dell’Italia nell’Euro, in quanto non rispettava i requisiti previsti dal Trattato di Maastricht.

Ciampi, all’epoca ministro del Tesoro, fu impegnato non solo in un lavorativo di “quadratura” dei conti, ma anche in un intenso lavoro diplomatico. Sfruttando la sua esperienza da banchiere centrale, telefonò un giorno si e l’altro pure ai partner europei (soprattutto alla Germania, la più difficile con cui trattare) per convincerli che l’Italia ce l’avrebbe fatta. Vuoi per reale convinzione, vuoi per “prendere tempo”.

La svolta arrivò il 30 dicembre 1997: il Governo – su volontà precisa di Ciampi – varò la cosiddetta “eurotassa”, un’imposta sulle persone fisiche pari a 4.300 miliardi di lire. Obiettivo? Far quadrare i conti, con la promessa che il 60% di quei soldi sarebbe stato restituito l’anno dopo. Un vero e proprio “patto” tra popolo e Governo. Oltre a ciò però furono necessarie anche 2 manovre correttive.

Quella che sembrò essere una scommessa, per non dire una mossa disperata, si rivelò invece decisiva. Grazie all’eurotassa l’Italia riuscì a far scendere il proprio disavanzo dal 7% al 3% e, dunque, a soddisfare i parametri. E il resto è storia.

Nel 1999 Ciampi fu eletto Presidente della Repubblica, mentre nello stesso anno Prodi venne nominato presidente della Commissione europea. Coloro che furono i principali protagonisti dell’adesione italiana all’Euro si goderono il momento dagli scranni più alti, in Italia ed in Europa.

Perchè alcuni Stati non hanno l’Euro?

All’inizio dell’articolo abbiamo specificato come 20 Stati su 27 dell’Ue abbiano aderito alla moneta unica. All’appello, dunque, ne mancano 7: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Svezia e Danimarca.

Qui occorre fare due discorsi diversi che, forse, potrebbero sfatare dei miti o comunque delle false verità. I primi 6 paesi nominati, infatti, non ce l’hanno in quanto non possono averla. Si tratta infatti di economie – al momento – troppo deboli per potersi sobbarcare il peso di un cambio valuta (e quindi cambio tassi) così imponente. Nonostante spesso si dica – erroneamente – che si tratti di una “libera scelta” dei Paesi, desiderosi di rimanere con la loro moneta locale. Ma non è così, infatti tutti quanti si sono impegnati legalmente ad entrarci, quando le condizioni e requisiti lo permetteranno.

Discorso completamente diverso per la Danimarca: quest’ultima infatti ha firmato una specifica clausola con l’Ue, dopo lunghissime negoziazioni, con l’Ue che permette a Copenaghen e dintorni di utilizzare ancora la corona danese.

Questo tipo di clausola venne chiesta ed ottenuta, ai tempi, anche dal Regno Unito prima che quest’ultimo uscisse dall’Ue.

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