EUROPEE 2024 |
Esteri
/

La Banca centrale europea: tra contrasto all’inflazione e tassi alle stelle

30 ottobre 2023 | 17:55
Share0
La Banca centrale europea: tra contrasto all’inflazione e tassi alle stelle

Lo spettro dell’inflazione si aggira in Europa da circa 2 anni, “costringendo” la Bce ad intervenire con politiche monetarie fortemente restrittive

Francoforte – Lo spettro dell’inflazione si aggira in Europa (ed in particolare in Italia) da circa 2 anni. Un esponenziale aumento dei prezzi, con conseguente diminuizione del potere d’acquisto, sta attanagliando il Vecchio Continente. Un aumento che ha “costretto” la Banca centrale europea (Bce) ad intervenire con mosse da lacrime e sangue, condizionando e non poco la vita di milioni di europei. Tanto basta a capire come mai il tema Bce, dopo tanti anni, è tornato preponderante nel dibattito pubblico. E, probabilmente, lo sarà ancora per un bel po’.

La Banca centrale europea, che ha sede a Francoforte, è la banca centrale incaricata dell’attuazione della politica monetaria per i venti 20 Stati ell’Unione europea che hanno aderito alla moneta unica, formando la cosiddetta “Eurozona”. Il suo compito principale è mantenere la stabilità dei prezzi, favorendo in tal modo la crescita e l’occupazione. La Bce, dunque, interviene soprattutto quando l’inflazione prende il largo. Ma quest’ultima da cosa scaturisce?

L’inflazione: come e perchè ha colpito l’Europa

L’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti, ecc.) e dei servizi (un taglio di capelli, un biglietto del treno, ecc.). Non riguarda quindi il prezzo di singoli prodotti ma interessa molti campi (se non tutti). L’aumento dei prezzi diminuisce la quantità di beni o servizi che possiamo acquistare con i nostri soldi: per questo si dice che l’inflazione riduce il valore della moneta nel tempo. Ciò significa che con 10 euro posso comprare meno cose di quante potessi comprarne prima, con il paniere che rischia di essere mezzo vuoto.

Cause dell’inflazione sono sostanzialmente 2: innanzitutto l’azione combinata dell’immissione di moneta per ristori e bonus a seguito della pandemia e l’euforia di spesa seguita ai due anni di lockdown, che hanno generato una naturale crescita dei prezzi. Poi la guerra in Ucraina, con la conseguente crisi di approvvigionamento energetico, che ha fatto impennare i prezzi dell’energia e dei combustibili e ha causato significativi tagli alla produzione in numerosi comparti.

Nel corso del 2023 in quasi tutti i Paesi dell’Ue l’inflazione ha toccato (e, in molti casi, superato) il 10%. Significa che un paio di pantaloni, se prima costavano 100 euro, ora costano almeno 110. E il discorso si fa molto più drammatico se ci riferiamo ai beni di prima necessità, i più colpiti, quelli che riguardano la vita di tutti. Insomma, una situazione diventata insostenibile che ha costretto la Bce ad intervenire. Ma come lo ha fatto?

Il ruolo della Bce

Ci sono diversi modi per contrastare l’inflazione, anche se tutti difficili da accettare per i consumatori. I governi nazionali tendono a ridurre, anche in maniera drastica, la spesa pubblica o anche ad adottare politiche di controllo dei prezzi. Possono altresì mettere in campo riforme strutturali, con le privatizzazioni e le liberalizzazioni del mercato. Ma se questo è compito della politica, compito delle Istituzioni economico-finanziarie è quello di adottare soluzioni prettamente tecniche. 

La Bce, infatti, ha deciso (come di consueto, in tali situazioni) per l’aumento dei tassi d’interesse. Quest’ultimi altro non sono che la percentuale dell’interesse su un prestito e la somma che riceve chi ha prestato il denaro. Aumentarli – ed è questa la logica della Bce – significa frenare la domanda di accesso al credito e dunque bloccare l’inflazione. Più il denaro costa, più l’inflazione si riduce. 

Giudicata un falso per la sua politica monetaria fortemente restrittiva, la governatrice della Bce Christin Lagarde ha optato per il rialzo dei tassi in ben 10 occasioni, con quest’ultimi che sono ora fermi al 4,5% (non ci sarà un altro aumento, almeno nel breve periodo).

Ora, se è vero che questo tipo di politica ha ridotto di molto l’inflazione, è anche vero che ciò è avvenuto ad un altissimo prezzo – per restare in tema –. L’aumento dei tassi d’interesse si ripercuote soprattutto sui mutui delle case, le cui rate sono praticamente raddoppiate. Motivo per cui i governi nazionali – anche quello italiano – non vedono di buon occhio questo tipo di politica, in quanto temono che possa rallentare troppo la crescita ed aumentare la povertà, con le famiglie non in grado di affrontare costi così elevati. Ma da Francoforte, al momento, non vogliono nemmeno sentirne parlare: il taglio dei tassi dovrebbe infatti arrivare non prima di fine 2024, quando l’inflazione dovrebbe essere pienamente sotto controllo. (Foto: unioneeuropea.it)