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Anzio, la picchia poi prende a sassate l’ambulanza che l’ha soccorsa: incubo per una 51enne

20 gennaio 2024 | 11:37
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Anzio, la picchia poi prende a sassate l’ambulanza che l’ha soccorsa: incubo per una 51enne

La donna era da tempo vittima delle violenze dell’ex compagno: l’uomo è stato arrestato colto sul fatto

Anzio, 20 gennaio 2024 -Sono stati gli agenti della Polizia di Stato del commissariato Anzio-Nettuno ad arrestare un cittadino italiano di 53 anni gravemente indiziato del reato di maltrattamenti in famiglia. L’uomo era diventato un incubo per l’ex compagna, la quale da diverso tempo era vittima delle sue violenze. Infatti, la 51enne italiana era stata più volte aggredita e picchiata dall’uomo, e pur avendo fatto diversi accessi in ospedale per essere curata, non aveva mai denunciato le violenze subite per paura di ritorsioni.

Il 14 gennaio scorso, gli agenti del commissariato di zona sono intervenuti in un bar nei pressi della stazione ferroviaria di Lavinio, dove la donna era stata aggredita e malmenata. Appena giunti sul posto i poliziotti si sono imbattuti in un uomo che stava lanciando grosse pietre contro un’ambulanza dove all’interno vi era la donna, visibilmente impaurita con ferite in varie parti del corpo.

A questo punto l’uomo è stato immediatamente bloccato ed arrestato. Successivamente, l’Autorità Giudiziaria ha convalidato l’operato dei poliziotti e per l’uomo è stata disposta la custodia cautelare in carcere.

Inoltre, nel pomeriggio dello scorso 17 gennaio, nel comune di Nettuno, sempre gli agenti del Commissariato Anzio – Nettuno hanno tratto in arresto un 50enne nettunese, in esecuzione di un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri – Ufficio Esecuzioni Penali. Quest’ultimo dovrà espiare la pena di 4 anni di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, commessi nel 2019, a Nettuno. Sulla base del provvedimento restrittivo l’uomo è stato associato presso la casa circondariale di Velletri.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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