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Rapita e minacciata la ragazza che denunciò lo stupro di Palermo

2 aprile 2024 | 18:17
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Rapita e minacciata la ragazza che denunciò lo stupro di Palermo

A denunciare i fatti sarebbe stato il fidanzato della ragazza

Palermo, 2 aprile 2024- Momenti di paura, ieri sera, per A.V., la ragazza palermitana di 20 anni che nel luglio del 2023 denunciò sette giovani palermitani con l’accusa di violenza sessuale di gruppo. I sette sono tutti in carcere e uno, che all’epoca era ancora minorenne, è stato anche condannato. Come si apprende, la ragazza si trovava ieri sera a Ballarò, con il suo attuale fidanzato, quando è stata avvicinata da un ragazzo e la madre di quest’ultimo. Si tratta del giovane che la ragazza ha denunciato per abusi sessuali durante l’inchiesta. Ma non c’entra con i sette del presunto stupro di gruppo. Avrebbe abusato della giovane tra i mesi di maggio e giugno del 2023, quindi un mese prima della violenza del Foro Italico.

Il giovane e la madre avrebbero avvicinato la ragazza per intimarle di ritrattare la denuncia. Poi, avrebbero costretto la giovane a seguirli nella loro abitazione, a due passi da Ballarò. Il fidanzato non ha potuto fare nulla, come dirà agli inquirenti. Ma dopo alcune ore, il ragazzo si è presentato ai carabinieri per denunciare quanto stava accadendo. E nella notte, madre e figlio, con la ragazza, si sono presentati in caserma dove lei avrebbe dovuto ritrattare, secondo la madre del giovane. Invece hanno trovato lì il fidanzato che stava denunciando il sequestro e le minacce. Sono stati ascoltati per tutta la notte. E l’indagine cerca di fare luce su quanto avvenuto.

Madre e figlio, come apprende l’Adnkronos, sono stati denunciati per minacce e sequestro di persona. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero costretto la giovane ad andare a casa dove l’avrebbero sottoposta a minacce e percosse. La ragazza è stata trasferita in una comunità protetta su decisione dalla Procura di Palermo. Fonte: Adnkronos

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio

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