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Il fatto

L’ombra della mafia su Ardea, La Repubblica: Cremonini e Marcucci sotto la lente della Dia

8 agosto 2024 | 14:20
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L’ombra della mafia su Ardea, La Repubblica: Cremonini e Marcucci sotto la lente della Dia

Il monitoraggio della Dia su un “incontro” a tema riciclaggio di denaro: cosa è emerso

Ardea, 8 agosto – Ancora l’ombra della mafia sul litorale, ancora il rischio di un terremoto che stavolta potrebbe travolgere Ardea. Non ci sono indagini in corso ma l’informativa della Dia, che il mese scorso ha arrestato Vincenzo Senese e Antonio Nicoletti, rispettivamente figli di Michele Senese, capo della camorra romana e Enrico Nicoletti, esponente della Banda della Magliana. La vicenda viene ricostruita in un articolo del La Repubblica, a firma di Clemente Pistilli e Giuseppe Scarpa: il capogruppo consiliare della Lega Franco Marcucci e il sindaco Maurizio Cremonini (detto Fabrizio) avrebbero avuto uno ”strano incontro” con due riciclatori legati alla camorra- secondo la ricostruzione della Dia – alla ricerca di società-lavatrici per pulire il denaro sporco. I due avrebbero negato: e se Marcucci nega anche solo di conoscere Pezzella e De Angelis (i due riciclatori), più mediato è Cremonini che ammette che l’incontro sia avvenuto, ma sostiene di aver prontamente rifiutato quel che, a casa di Marcucci, gli veniva offerto.

Marcucci, d’altra parte, non è estraneo ad una certa condotta criminosa di tutto rispetto: aveva già avuto precedenti con la giustizia e agli occhi di Senese e Nicoletti dev’essere sembrato l’uomo ideale.

Tornando alla “riunione” con i riciclatori, nella ricostruzione la Dia riporta anche alcuni passaggi di un’intercettazione ambientale effettuata dentro casa Marcucci: “C’è la possibilità di avere disponibilità contanti nell’immediato, c’è l’azienda che ha bisogno di tirare fuori 50mila euro, li facciamo la fattura andiamo con i soldi, con questi fai il bonifico, dietro il pagamento logicamente”. “Queste le chiare parole pronunciate da De Angelis (il riciclatore) – scrive la Dia – il giorno dell’incontro. L’impresa mafiosa – sottolineano gli investigatori immette capitali nell’economia legale, attraverso la compiacenza di imprenditori e professionisti”.

Ma dalle intercettazioni è emerso anche altro: “L’incontro organizzato nell’abitazione di Marcucci aveva come ulteriore obiettivo quello di consentire a Pezzella e De Angelis di aprire un nuovo canale nella di distribuzione per la vendita di carburanti (su cui De Angelis e Pezzella riciclavano soldi) agli agricoltori del litorale pontino – spiega la Dia – attraverso le competenze di Cremonini, interlocutore privilegiato nel settore agricolo poiché presidente della sezione Coldiretti di Ardea e Pomezia”. Proseguono intanto le investigazioni per fare chiara luce sulla vicenda.

La mafia sul litorale: le tappe della storia

Quella che vede la mafia prosperare sul litorale di Roma non è una storia nuova. Un primo incipit, drammatico, fu lo scioglimento del comune di Nettuno, allora in mano al centrodestra – si legge in un altro articolo di Pistilli e Scarpa – Dieci anni più tardi, i commissari antimafia arrivano ad Ostia, nel X Municipio, territorio ereditato dai Fasciani, dai Triassi e dagli Spada. Tra i clan scoppiò la guerra: fu ucciso un noto criminale romano Fabrizio Piscitelli e si iniziò a parlare della commistione, che appariva sempre più intricata, tra criminalità organizzata e gli stabilimenti. La giunta municipale di Andrea Tassoni fu sciolta.

Due anni fa, fu di nuovo la volta di Nettuno, stavolta insieme ad Anzio. La giunta fu sciolta per la seconda volta per gli affari con- sempre loro – i Gallace, con le famiglie dei Madaffari, Tedesco e Perronace. Più recenti i fatti di Aprilia che ha visto in manette, per mafia, addirittura il sindaco Lanfranco Principi. Il litorale è, quindi, sempre più sotto “torchio”, soprattutto a Sud della Capitale, da parte della Dia che con le sue inchiesta sta un poco alla volta stanando e portando alla luce l’ombra della mafia.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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