Roma, alle poste per richiedere un finanziamento travestito da prete

12 novembre 2024 | 12:19
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Dagli accertamenti è emerso che l’uomo in passato aveva inviato il proprio certificato di morte contraffatto alle Procure che lo vedevano imputato per ottenere l’estinzione dei processi

Roma, 12 novembre- Nella mattinata odierna a Roma, la Polizia di Stato ha tratto in arresto, presso l’ufficio postale di via Anastasio II, un pluripregiudicato di 61 anni, precedentemente segnalato alla Polizia Postale dall’Ufficio Fraud Management di Poste Italiane, poiché intento ad effettuare operazioni sospette.

L’uomo, in compagnia di un altro soggetto e travestito con abito talare, si trovava in quell’ufficio postale per richiedere un finanziamento bancoposta esibendo una patente di guida precedentemente sottratta ad un alto prelato dello Stato del Vaticano; lo stesso veniva bloccato grazie al rapido intervento degli investigatori della Polizia Postale che, già da diversi giorni, monitoravano gli uffici postali del quartiere considerati a maggior rischio per la commissione dei reati di truffa.

Dagli accertamenti è emerso che l’uomo in passato aveva inviato il proprio certificato di morte contraffatto alle Procure che lo vedevano imputato per ottenere l’estinzione dei processi, inoltre lo stesso, al momento del controllo, veniva trovato in possesso anche di una carta d’identità, perfettamente riprodotta, intestata ad un’ignara persona residente nella provincia di Potenza.

L’accompagnatore del finto prelato, indagato per concorso nel reato, è risultato essere un quarantenne già indagato per essersi spacciato come Carabiniere dei NAS durante un controllo delle Forze dell’Ordine; nell’occasione quest’ultimo aveva esibito un falso distintivo di qualifica unitamente a un passaporto contraffatto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L’arresto è stato convalidato con l’applicazione della misura degli arresti domiciliari con obbligo del braccialetto elettronico.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio

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