Dall’impeachment all’agguato nello Studio Ovale: l’epopea di Trump e Zelensky
Dallo scandalo Ucrainagate al vertice di febbraio 2025, il rapporto tra i presidenti è stato logorato da da scandali, guerre e ambizioni. Oggi si ritrovano alla Casa Bianca e cercano una pace che non passi come resa
Washington, 18 agosto 2025 – Dal loro primo contatto nel 2019, quando Zelensky, un ex attore trasformato in leader politico, muoveva i suoi primi passi sulla scena internazionale, e Trump dominava la Casa Bianca con il suo stile imprevedibile, fino agli eventi più recenti del 2025. In vista dell’incontro di oggi, 18 agosto 2025, alla Casa Bianca, dove il presidente statunitense Donald Trump accoglierà il presidente ucraino , destinato a includere i principali leader europei e a segnare potenzialmente un punto di svolta nel conflitto ucraino-russo, vale la pena ripercorrere la relazione tra questi due protagonisti, un intreccio drammatico e spesso burrascoso. Il loro rapporto è stato un susseguirsi di momenti di tensione, scandali clamorosi, promesse audaci e tentativi di mediazione in un contesto geopolitico sempre più complesso. Ecco una cronologia dei momenti salienti, intessuta di eventi documentati e dichiarazioni che hanno fatto eco dappertutto.
Dal “leader straordinario” all’impeachment
La storia tra Trump e Zelensky inizia con un’apparente nota di calore. Il 21 aprile 2019, Trump, allora nel pieno del suo primo mandato, telefona a Zelensky per congratularsi per la sua vittoria elettorale in Ucraina. L’ex comico, eletto con una campagna che prometteva di combattere la corruzione e rinnovare il Paese, riceve parole di elogio da Trump, che lo definisce un “leader straordinario” e assicura il sostegno degli Stati Uniti. È un momento di apparente armonia, ma destinato a durare poco.
Il 25 luglio 2019, una telefonata tra i due leader cambia tutto. Trump, con il suo tipico tono, chiede a Zelensky di indagare su Joe Biden e suo figlio Hunter, suggerendo che gli aiuti militari all’Ucraina – cruciali per un Paese già in tensione con la Russia – potrebbero dipendere da questa collaborazione. La chiamata, che Trump definirà “perfetta”, diventa invece il fulcro di uno scandalo politico senza precedenti. La trascrizione della conversazione, resa pubblica, scatena un terremoto a Washington, passato alla storia come Ucrainagate, portando al primo impeachment di Trump a dicembre 2019. Zelensky, costretto a navigare tra le pressioni di un alleato potente e la necessità di mantenere la propria credibilità, adotta un tono cauto, negando di aver subito pressioni ma finendo inevitabilmente sotto i riflettori, suo malgrado.
Il loro primo incontro faccia a faccia avviene il 25 settembre 2019, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. L’atmosfera è carica di tensione: Trump alterna elogi a velate richieste di collaborazione, mentre il presidente ucraino, visibilmente a disagio, ringrazia per gli aiuti militari ma cerca di mantenere le distanze dalle polemiche interne agli Stati Uniti. È l’inizio di un rapporto che oscillerà tra necessità strategica e diffidenza reciproca.
Nel febbraio 2020, Trump viene assolto dal Senato, controllato dai Repubblicani, chiudendo il capitolo dell’impeachment. Tuttavia, lo scandalo ha lasciato cicatrici. I contatti con Zelensky si fanno più rari e formali. Gli Stati Uniti continuano a fornire aiuti militari, come i missili anticarro Javelin, ma il rapporto personale tra i due leader rimane freddo. Zelensky, impegnato a gestire le tensioni nel Donbass e a consolidare il suo governo, evita di commentare pubblicamente l’impeachment, concentrandosi invece sui negoziati con la Russia e sulle riforme interne.
L’invasione russa
Con la sconfitta di Trump alle elezioni del 2020 e l’insediamento di Joe Biden nel gennaio 2021, il dialogo diretto tra il tycoon e Zelensky si interrompe. Dal suo ritiro a Mar-a-Lago, Trump si scaglia contro l’amministrazione Biden, accusandola di debolezza nella gestione delle relazioni con l’Ucraina e la Russia. La sua voce, però, rimane ai margini, mentre Zelensky si concentra sul rafforzamento delle alleanze con l’Occidente, in un contesto di crescenti tensioni con Mosca.
L’invasione russa del 24 febbraio 2022 cambia le carte in tavola. Zelensky si trasforma in un simbolo di resistenza tramite discorsi appassionati e una leadership carismatica, capace di mobilitare il sostegno occidentale. Trump, invece, in piena campagna per le midterm, adotta una posizione controversa: elogia Vladimir Putin, definendolo un “genio” e “abile stratega” per l’invasione, e attribuisce la responsabilità del conflitto alla presunta debolezza di Biden. Le sue parole provocano indignazione, mentre Zelensky, sotto il peso delle bombe, evita di rispondere direttamente, concentrandosi sulla richiesta di armi, fondi e sanzioni contro la Russia. In questo periodo, il divario tra i due leader è palpabile: da un lato, Zelensky incarna la lotta per la sopravvivenza nazionale; dall’altro, Trump sembra suggerire che l’Ucraina dovrebbe negoziare con Mosca per porre fine al conflitto.
La ri-elezione di Trump
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 2024, Trump intensifica la sua retorica sulla guerra. Durante la campagna, promette ripetutamente di “porre fine al conflitto in 24 ore” se rieletto, dipingendo Zelensky come un “venditore” che sfrutta gli aiuti americani per interessi personali. Queste dichiarazioni aumentano le distanze. Zelensky, consapevole dell’importanza del sostegno statunitense, risponde con un invito pubblico: chiede a Trump di visitare l’Ucraina per vedere con i propri occhi la realtà della guerra. L’invito, più un gesto diplomatico che una reale aspettativa, rimane senza risposta immediata.
Il 27 settembre 2024, quando Zelensky incontra il presidente a Trump Tower, a New York, durante una visita negli Stati Uniti. L’incontro, durato circa un’ora, è descritto come “costruttivo” da entrambe le parti. Trump, in campagna elettorale, ribadisce la sua capacità di mediare un accordo tra Ucraina e Russia, mentre Zelensky sottolinea l’importanza di un sostegno continuo da parte degli USA. Le immagini dei due leader, uno accanto all’altro, segnano un raro momento di dialogo diretto dopo anni di distanza. Pochi mesi dopo, Trump vince le elezioni di novembre 2024, tornando alla Casa Bianca con una promessa: risolvere il conflitto ucraino rapidamente.
“Stai giocando con la Terza guerra mondiale”
Le tensioni tra Washington e Kyiv esplodono il 28 febbraio 2025, durante un incontro nell’Oval Office seguito in diretta da televisioni e social (leggi qui). In quello che molti analisti hanno descritto come un vero e proprio agguato mediatico e che ha addirittura una pagina Wikipedia dedicata: Trump (tornato presidente da un mese) e il suo vice Vance accusarono Zelensky di non mostrare abbastanza gratitudine verso gli Stati Uniti, insinuando che il presidente ucraino stesse “giocando con la terza guerra mondiale”. Il leader ucraino respinge con veemenza le accuse, di fatto definendole un insulto al sacrificio del popolo ucraino. L’incontro segna il punto più basso nei rapporti tra i due leader, e il 3 marzo la Casa Bianca annuncia una temporanea sospensione degli aiuti militari all’Ucraina, giustificata ufficialmente come conseguenza di “disaccordi strategici”. Quel giorno stesso, Zelensky venne cacciato dalla Casa Bianca. I due si sarebbero rivisti in Vaticano, a margine dei funerali di Papa Francesco, dove furono “beccati” a parlare su due sedie circondati dagli affreschi.
L’incontro di Anchorage ed il summit alla Casa Bianca con i leader Ue
Il punto di svolta è arrivato, con l’incontro tra Trump e Vladimir Putin alla base militare di Anchorage, in Alaska. Il summit, avvolto in un velo di segretezza, non produce risultati immediati e viene descritto da alcune fonti come un fallimento. Tuttavia, al ritorno, Trump chiama Zelensky da Air Force One, con il Segretario di Stato Marco Rubio al suo fianco, per discutere di possibili percorsi di pace, invitandolo a Washington
Oggi, 18 agosto 2025, Zelensky arriva alla Casa Bianca su suo invito, accompagnato da una delegazione di peso: il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Keir Starmer, la premier Giorgia Meloni, il presidente finlandese Alexander Stubb e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. L’assenza del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez è l’unica nota stonata in un parterre che rappresenta l’unità dell’Europa. L’agenda del vertice è audace: discutere apertamente di cessioni territoriali in cambio di garanzie di sicurezza, potenzialmente modellate sull’ombrello NATO, con la presenza di forze militari, anche americane, in Ucraina. Trump, nelle ultime settimane, ha ribadito che Zelensky “può finire la guerra”, mentre il leader ucraino cerca un equilibrio tra la necessità di pace e la difesa dell’integrità nazionale.
Da quella telefonata “perfetta” del 2019 al vertice di oggi, che potrebbe cambiare le sorti della guerra in Ucraina, la relazione tra Trump e Zelensky è stata una danza complessa, fatta di momenti di scontro acceso e deboli tentativi di dialogo. Il loro rapporto, forgiato nel fuoco di scandali, guerre e ambizioni, riflette le contraddizioni di un momento storico incerto. Oggi, sotto gli occhi dell’Europa (letteralmente), i due leader si trovano a un crocevia: riusciranno a trasformare anni di tensioni in un accordo che porti pace all’Ucraina e stabilità al continente? La risposta, forse, si scriverà già oggi.










