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Ucraina, le 24 ore infinite di Trump

15 settembre 2025 | 23:11
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Ucraina, le 24 ore infinite di Trump

La pace promessa in un giorno non è mai arrivata. Putin è stato più spietato del solito: ha fatto credere a Trump di aver vinto

Washington, 16 settembre 2025 – Trump in campagna elettorale lo aveva promesso in pompa magna a più riprese: farò finire la guerra in Ucraina in 24 ore. C’è da credere che si sia messo un alert sul telefono: ripeti questa frase ogni giorno. Ogni 24 ore, appunto. A furia di dirlo, prima o poi, la profezia potrebbe avverarsi. Un po’ come le previsioni meteo: a furia di dire che domani piove, prima o poi succede. La legge dei grandi numeri non mente, quel furbacchione di Trump lo sa bene. Gli ucraini però un po’ meno, ma é solo questione di tempo. Altre 24 ore di attesa.

Trump ci credeva davvero, e continua a farlo. É un temerario, un sognatore. Assicura di essere un portatore di pace, e come prova porta le guerre che – dice – ha fatto terminare: “Ho chiuso 6 guerre in 6 mesi”. Ecco la sorpresa: è vero. Sfortunatamente però dimentica di ricordare come molte delle guerre a cui fa riferimento sono iniziate sotto la sua presidenza, come i conflitti Thailandia-Cambogia, India-Pakistan e Iran-Israele. Roba di poco conto, niente di che. Può succedere di avere qualche accidentale dimenticanza.

Dice che gli manca da sistemare la guerra tra Russia e Ucraina (anche se ci sarebbe ancora quel problema palestinese di cui ogni tanto si parla). Era sicuro: Putin non rispettava Biden ma rispetta me, ora gli faccio vedere chi comanda. Sono iniziate le centinaia di pen-ultimatum, minacciato sanzioni “durissime”, tariffe secondarie sul petrolio (alla fine finisce sempre a parlare di dazi, non può farne a meno), poi ha parlato apertamente di un ipotetico scambio di territori tra Russia e Ucraina. I migliori analisti del mondo ancora s’interrogano su quali presunti territori Kiev vorrebbe da Mosca, dato che fa fatica pure a tenersi i suoi. Prima o poi lo capiremo, c’è da starne certi.

Ucraina, I pen-ultimatum di Trump

Ecco che arriviamo al fatidico incontro gelato. Trump ha accolto Putin con tutti gli onori del caso in Alaska: tappeto rosso lungo una quaresima, sorvoli militari, foto di rito, addirittura risate nell’auto presidenziale stracciando ogni protocollo. Una grande festa che forse nemmeno che Putin si aspettava. Fino a lì, tutto bene. Poi però nella scaletta era previsto che Trump con Putin, dell’Ucraina, ci dovesse parlare per davvero. C’è da supporre che qualcosa sia andato storto, dato che Trump ama le conferenze stampa, fa gli show ogni volta che parla con i giornalisti. Un po’ alla Reagan, anche se qualche repubblicano americano potrebbe sentirsi offeso. Invece, con Putin, solo frasi di circostanza: un grande successo, accordi trovati su “molti punti” (vai a capire quali sono), e un invito di Putin a Mosca. Domande? Non si sono viste, un po’ come la tregua in Ucraina. Niente spettacolo, dunque. Peccato, sarà per la prossima.

L’appuntamento mancato

Pochi giorni dopo, a Washington, è arrivato Zelensky; la Casa Bianca purtroppo aveva finito i tappeti rossi, ma in compenso Trump gli ha fatto i complimenti per l’abito elegante. Ad ognuno il suo, cosa pretendeva questo presidente invaso ed in guerra da 3 anni e mezzo? Poi dopo l’incontro con il leader ucraino, ha anche incontrato i leader europei, che nel frattempo stavano chiacchierando in un’altra stanza. O magari giocavano a carte per ingannare l’attesa, vai a capire. A fine serata, con Trump che elogia tutti i suoi colleghi – anche se ha capito solo in un secondo momento che al tavolo c’era pure il presidente della Finlandia, il tycoon ha chiamato Putin per aggiornarlo.

Putin è stato più diabolico del solito: ha fatto credere a Trump di avercela fatta, che la guerra fosse in procinto di andare in archivio, nonostante i bombardamenti russi si fossero intensificati.  Trump ci ha creduto davvero: come dopo un primo appuntamento perfetto, già immaginava l’anello al dito e la cerimonia. Poi è arrivato il classico messaggino: “Sei simpatico, ma non possiamo continuare”. E con agosto passato, dell’incontro con Zelensky resta solo la stessa probabilità di un ritorno di fiamma: zero.

Petrolio, +5% e daddy Trump

Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti è tornato ad occuparsi del fronte Nato. Ha ordinato a tutti i Paesi di smettere di comprare petrolio russo. Tradotto: compratelo da me. Gli alleati, per ora, non hanno ancora deciso: prendono tempo, discutono, valutano. Ma l’aria che tira è la stessa di qualche mese fa, quando Trump impose il +5% di spesa militare. Dicono che i soldi per pagare non ci sono, ma non è vero: basta smantellare un po’ di sanità, qualche pezzo di scuola e tagliare due pensioni, ed ecco che i miliardi saltano fuori. Che sarà mai? Il segretario della Nato, Mark Rutte, in quell’occasione, gli scrisse in privato chiamandolo “daddy”: Trump non ebbe pietà di lui e pubblicò il testo sui social.

In conclusione, la guerra in Ucraina continua ma Trump è ottimista che possa finire presto. Solo che purtroppo nessuno se n’è ancora accorto, soprattutto gli ucraini. Ma in fondo, anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno. (Photo: Facebook White House)

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