Logo
Il dramma silenzioso |
Focus
/

Bullismo, la piaga che può uccidere

19 settembre 2025 | 17:32
Share0
Bullismo, la piaga che può uccidere

Violenze, fisiche e psicologiche, spesso silenti che provocano danni irreparabili: bisogna intervenire prima delle tragedie, non dopo

Un soprannome, uno scherzo di troppo, offese che sembrano innocue ma non lo sono, anzi… le parole fanno male, a volte anche più dei gesti, e quando si è piccoli o in quella fase in cui si sta crescendo e si comincia a far emergere la propria personalità, a capire chi siamo, fanno male ancor di più. Bullismo non è solo violenza fisica, spesso la violenza psicologica viene messa in secondo piano ma può diventare grave e molto. Al punto che chi ne è vittima cerca rifugio, preferisce isolarsi piuttosto che affrontare tutto questo. Si temono i giudizi, si ha paura di essere se stessi, si cerca di cambiare pur di piacere agli altri e di riuscire a non essere più presi di mira.

I danni che causano questi atti di violenza possono portare a conseguenze gravi: chi si sente indifeso, costantemente sotto attacco, può pensare anche di compiere gesti estremi pur di uscire dall’incubo. E’ quello che è successo a Paolo, 14enne di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina (leggi qui) che si è tolto la vita prima di iniziare l’anno scolastico. Forse non ci voleva tornare tra i banchi. Secondo quanto emerso sarebbe stato vittima bullismo. E ora a scuola non ci tornerà più.

Quello che dobbiamo capire da questa tragica vicenda è che spesso le conseguenze e danni causati dal bullismo sono silenti: non sempre si notano comportamenti strani di chi ne è vittima, forse perché è difficile denunciare o forse perché si temono ripercussioni maggiori da parte di chi lo perpetra. Passi in avanti per fornire supporto psicologico nelle scuole sono stati fatti, ma a quanto pare non bastano. Ci sono ragazzi e ragazze che si chiudono in se stessi e in questo caso resta più complicato riuscire a chiedere aiuto.

Il bullismo è una piaga che da tempo sta prendendo sempre più piede, soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie utilizzate come ulteriore mezzo per diffondere, offendere e perseguitare chi ne è vittima: dai dati più recenti dell’Istat, emerge un quadro preoccupante: nel 2023 il 68,5% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni ha dichiarato di essere rimasto vittima di almeno un comportamento offensivo non rispettoso e/o violento, online e/o offline, nei 12 mesi precedenti la rilevazione. Il 21% ha dichiarato di aver subito tali comportamenti in maniera continuativa (più di una volta al mese) e l’8% più volte a settimana. E andando più nel dettagli i dati sono ancora più allarmanti.

Se qualcosa è stato fatto ma questo fenomeno non smette, allora la presa di coscienza deve essere maggiore. In primis è fondamentale educare fin da piccoli alla cultura del rispetto, dell’inclusione e della non violenza. Le scuole, le famiglie e le comunità devono essere coinvolte in programmi che insegnano ai ragazzi a riconoscere il bullismo e a reagire in modo appropriato. Le campagne di sensibilizzazione possono aiutare a creare un ambiente in cui il bullismo non sia tollerato.

È importante poi che chi ne è vittima sappia di poter contare su un sistema di supporto. Le scuole dovrebbero disporre di consulenti scolastici e psicologi pronti ad ascoltare le vittime, offrendo loro un sostegno emotivo e pratico. Le vittime dovrebbero anche essere incoraggiate a denunciare i fatti, sapendo che non sono sole. I genitori devono essere consapevoli del comportamento dei loro figli e intervenire se notano segnali di bullismo, sia come vittime che come bulli. La comunicazione aperta tra genitori e figli è cruciale per identificare tempestivamente i problemi. Le scuole e le istituzioni devono avere politiche anti-bullismo chiare e procedure per affrontare i casi di bullismo. Questo implica non solo una risposta rapida ai casi segnalati, ma anche l’attuazione di programmi preventivi per sensibilizzare e formare sia gli studenti che il personale educativo.

Solo così, con l’ascolto, la comprensione e mantenendo alta l’attenzione si può sperare in un futuro migliore per fare in modo che i nostri giovani si sentano al sicuro tra i propri coetanei e che non li vedano come una potenziale minaccia alla propria serenità. Per far in modo che tragedie come quella di Paolo non si ripetano mai più.