La rassegna stampa viola il diritto d’autore?
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La rassegna stampa viola il diritto d’autore?

19 giugno 2019 | 8:0


pochi conoscono la normativa vigente in materia


Quali sono i limiti che la legge italiana impone all’attività di realizzazione di una rassegna stampa? E la recente modifica varata dal Parlamento Europeo alla legge sulla privacy ha un impatto di qualche tipo sul lavoro di chi si occupa di rassegna stampa?

Sebbene si tratti di ordinaria amministrazione per tutti coloro che si occupano di informazione, pochi conoscono la normativa vigente in materia, anche perché nell’era del web l’accesso all’informazione sembra è decisamente più libero. Vediamo perciò cosa significa curare una rassegna stampa evitando di incorrere in infrazioni dei regolamenti che tutelano il diritto d’autore.

La legge italiana sul Diritto d’autore

In merito alla tutela del diritto d’autore ed alla libertà di riproduzione degli articoli, è la giurisprudenza, più che la legge stessa, a offrire un orientamento preciso. Le norme infatti si limitano a fornire delle linee guida, come fa ad esempio la Legge sul Diritto d’Autore del 22 aprile 1941.

Nell’articolo 65, viene stabilità la possibilità di utilizzare e riprodurre gli articoli pubblicati sui mezzi stampa, sempre specificando la fonte completa di autore e data:

“Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato.”

Nel caso in cui l’editore abbia indicato espressamente che si tratta di contenuti soggetti a “riproduzione riservata”, la riproduzione non sarebbe invece possibile.

Nell’articolo 70 della legge si aggiunge che la riproduzione di una fonte di stampa è lecita solo nel caso in cui non rappresenti un tentativo di fare concorrenza sleale all’opera originaria. Ecco cosa recita il testo:

“Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera”

Oltre alla legge degli anni quaranta, si può fare riferimento alla Convenzione di Berna per  la protezione delle opere letterarie, recepita in Italia con l’entrata in vigore della legge n. 399 del 1978. Nell’articolo 10 di questa legge viene data una definizione di “rassegna stampa”, intesa come un insieme di citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche, perciò come riproduzione di una parte dei contenuti stampati e mai della loro totalità.

Rispetto alle leggi appena descritte, fare una rassegna stampa in Italia è legale se:

  1. la riproduzione non è riservata
  2. la riproduzione non ha uno scopo commerciale o concorrenziale rispetto alla fonte
  3. la fonte viene citata con tutti i dettagli utili, tra cui autore e data di pubblicazione
  4. la riproduzione non riguarda tutto un giornale o un altro mezzo stampa, ma solo una parte di essi.

Ma oltre alle leggi, recentemente è intervenuta anche la giurisprudenza a chiarire alcuni punti chiave. Una sentenza del Tribunale di Roma ha infatti chiarito che la creazione di una rassegna stampa non viola i diritti d’autore del giornale, purché tale rassegna stampa consista effettivamente in una “selezione di articoli e notizie su singoli argomenti che interessano un singolo cliente a motivo della sua attività o funzione”. La sentenza, emessa dal Tribunale di Roma il 18 gennaio 2017, spiega perciò che la rassegna stampa è lecita se: viene effettuata a monte una selezione dei contenuti; se i contenuti sono tra loro interconnessi in base a un argomento specifico di interesse del fruitore della rassegna stampa stessa; se non è accessibile a chiunque ma solo ai soggetti interessati allo specifico tema della rassegna stampa. Traducendo, alla rassegna stampa è richiesta “verticalità”, mentre non può esservi “trasversalità”. In base a quanto stabilito dalla sentenza, risultano operare nella piena legalità anche le aziende che erogano il servizio di rassegna stampa a scopo di lucro, purché il loro cliente finale non sia il lettore generico di giornali e quotidiani, ma un soggetto con un profilo specifico interessato a vari “ritagli” relativi all’argomento di suo interesse.  Resta inteso che il destinatario della rassegna stampa non può divulgare a terzi gli articoli ricevuti.

Volendo fare un esempio concreto, una rassegna stampa dedicata ad un’azienda del settore ITC potrebbe contenere le notizie riguardanti leggi o regolamenti sull’utilizzo dei mezzi informatici, nonché news sulle software house e su fiere e eventi di settore. Non dovrebbe però contenere tutte le leggi riguardanti il mondo della tecnologia in generale, perché in quel caso perderebbe il carattere di specificità di settore.

La Direttiva europea: cosa cambia per chi si occupa di rassegna stampa

In realtà ben poco, poiché la Direttiva europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, approvata sia dal Parlamento sia dal Consiglio UE, non sembra contenere indicazioni significative per chi si occupa di rassegna stampa. Più probabile che vi siano ripercussioni per i grandi aggregatori di notizie sul web, come ad esempio Google News o facebook, che però sono cosa diversa sia nella forma che nella sostanza rispetto a una rassegna stampa, poco importa se realizzata con ritagli da giornali cartacei o digitali.

Reperimento delle fonti: restare nell’ambito della legalità

Chiaramente l’agenzia o l’addetto che si occupa della produzione di una rassegna stampa deve procurarsi giornali e periodici in maniera legale, attingendo perciò alle edizioni regolarmente acquistate o in edicola o attraverso la sottoscrizione di un abbonamento per la fornitura di una mazzetta di giornali (la cui definizione è questa).

I giornali possono essere acquistati anche in versione digitale, purché si tratti sempre di versioni con regolare licenza e acquistate legalmente oppure messe a disposizione in versione free direttamente dall’editore.