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Articolo Redazionale

Piani Individuali di Risparmio, uno strumento finanziario in crescita nonostante tante criticità

La principale novità dell’anno solare già dai primi mesi ha avviato un circolo virtuoso di investimento nei confronti delle aziende del territorio italiano

Guardando al 2017, lo strumento finanziario che ha catalizzato maggiormente l’attenzione dei risparmiatori è stato il PIR. La principale novità dell’anno solare già dai primi mesi ha avviato un circolo virtuoso di investimento nei confronti delle aziende del territorio italiano, a vantaggio soprattutto delle piccole e medie imprese. Lo Stato, ideatore di questa nuova forma di investimento, ha studiato nei dettagli le caratteristiche dei PIR, portando benefici sia ai risparmiatori, che rispettando determinate regole avrebbero potuto accedere ad importanti sgravi fiscali sul rendimento e sulla successione del titolo, sia per le aziende del territorio, che avevano necessità di una spinta per abbandonare la crisi che ha coinvolto sia l’Italia che il resto del mondo.

Apparentemente, quindi, i PIR hanno portato vantaggi a tutti gli interpreti del mercato finanziario: SGR e SIM, che hanno potuto gestire un numero più importante di fondi, gli investitori stessi, che sono stati attirati dalla promessa di una defiscalizzazione, ma anche le stesse aziende, che avevano bisogno di liquidità per competere alla pari con le altre aziende provenienti soprattutto dal continente asiatico. E il 2017 si è chiuso con un risultato strabiliante: i Piani Individuali di Risparmio hanno registrato una raccolta pari a 10 miliardi di euro, ben oltre forecast e aspettative e una stima per gli anni a seguire che parla addirittura di 50 miliardi di euro.

A ben vedere, però, gli addetti ai lavori hanno evidenziato una serie di criticità legate a questo strumento e in particolar modo allo stato attuale dell’industria piccola e media del territorio italiano: superata la fase di entusiasmo che si lega a qualsiasi novità, il mercato ha assorbito anche i dubbi legati ad una possibile bolla, ma i dubbi sulla tenuta restano. Per il futuro, bisognerà superare queste criticità per cercare di attirare le attenzioni degli altri investitori e puntare ad un’uscita repentina dalla crisi.

Il primo elemento di criticità è un vantaggio al momento unilaterale, visto che a trarre beneficio al momento sono state le case produttrici e le reti di distribuzione: gran parte del mercato dei PIR è stato dominato dai cinque attori principali, lasciando agli altri distributori soltanto le briciole. Questo scenario di mercato è giustificato da una raccolta che si è concentrata essenzialmente sul risparmio gestito, sui fondi aperti e sulle assicurazioni, in linea con i trend di mercato. I PIR non sono però circoscritti a queste opzioni, ma potrebbe andare a premiare con un flusso di capitale diretto anche quelle aziende che non hanno previsto l’ingresso in borsa, lasciando all’investitore uguale beneficio fiscale.

Verificando poi l’andamento durante il primo anno di vita “commerciale” dei PIR, la raccolta è stata trainata dalla smania di ottenere benefici fiscali, caratteristica che finora non era così evidente negli altri strumenti presenti sul mercato. Ma questo gettito così ampio non ha previsto l’opzione di nuove forme di finanziamento nei confronti delle piccole imprese nell’orbita dei PIR e non alimenta altri mercati minori, come quello del private equità, dei venture capitalist, dei cosiddetti mini-bond e del fenomeno “digitale” del crowdfunding.

È poi evidente che le società presenti nei listini indicati dal regolamento dei PIR sono limitate in confronto all’enorme richiesta che è arrivata negli scorsi mesi, provocando così quell’effetto bolla che è stato bypassato da una serie di storni che sono stati effettuati in autunno. Altra conseguenza, forse ancor più preoccupante, è che a fronte degli investimenti profusi, le realtà medie o piccole presenti sul mercato che hanno beneficiato degli investimenti sono esigue e non hanno ancora fatto registrare significativi aumenti di capitale. Nello scenario attuale sarebbe quindi importante allargare la base di aziende che possono beneficiare dei fondi provenienti da investitori italiani, al fine di consentire al motore dell’economia nazionale di riprendere la marcia dopo diversi mesi in apnea.

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