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L’intervento del delegato al settore della nautica: “Ripristinare la navigabilità del Tevere farebbe tornare aziende che hanno lasciato #Fiumicino”

27 novembre 2016 | 07:25
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L’intervento del delegato al settore della nautica: “Ripristinare la navigabilità del Tevere farebbe tornare aziende che hanno lasciato #Fiumicino”

Di Bianco: “Il punto? Il rinnovo delle concessioni. C’è un problema tra canoni e valore economico”

L’intervento del delegato al settore della nautica: “Ripristinare la navigabilità del Tevere farebbe tornare aziende che hanno lasciato #Fiumicino”

Il Faro on line – “La notizia che avete recentemente riportato sulla morosità dei cantieri rispetto ai canoni di concessione demaniale, offre uno spunto per fare degli approfondimenti. Spero che anche i soggetti titolati a rappresentare la categoria facciano altrettanto”. A parlare è David Di Bianco, delegato del Sindaco Montino alla Cantieristica e allo Sviluppo Nautico, che sulla scorta della notizia pubblicata sulle morosità del comparto, propone un’analisi appronfondita.

“Innanzitutto – spiega – ci tengo a sfatare la diceria che talvolta sento ancora ripetere da persone non informate circa l’abusivismo diffuso tra i cantieri nautici situati sulle sponde del Tevere. Ebbene, tranne qualche rara eccezione, la stragrande maggioranza di essi ha ricevuto, fin dalla fine degli anni ’90, una concessione rilasciata dalla Regione Lazio. Aggiungo che non bisogna cadere nel solito clichè (non è il caso del vostro giornale), dei furbi che non vogliono pagare le tasse per un arricchimento personale ma bisogna pensare che i canoni non pagati rappresentano un campanello d’allarme per un settore che è in forte difficoltà, nonostante i deboli segnali di ripresa.

Seconda considerazione. Con la sottoscrizione delle concessioni, ad eccezione di pochi casi isolati, le imprese da circa venti anni pagano i canoni di affitto (e in qualche caso anche gli arretrati a sanatoria del pregresso) versando nelle casse regionali delle cifre importanti, ben più grandi dell’ammanco stimato fino al 2015.
Se vogliamo stare sul merito delle questioni, farò alcune considerazioni sui dati da me riscontrati. Premetto che le stime citate nell’articolo potrebbero essere parziali perché contemplano solo le concessioni di Fiumara Grande e non sono prese in considerazione quelle dei cantieri posti sulla Fossa Traianea. Evidentemente la verifica è stata fatta da una sola delle due aree di competenza regionale (patrimonio e ambiente); anche questo è un segnale di una macchina burocratica da semplificare.

Come avete riportato nell’articolo, la morosità complessiva calcolata dagli uffici regionali ammonta alla considerevole cifra di 1.018.089€ per il periodo 2010/2015. Il 2010 è l’anno in cui sono scadute le concessioni del primo blocco rilasciato nel 1997-1998. E qui emerge la prima grande questione dei mancati rinnovi perché nel frattempo è subentrata la famigerata direttiva europea Bolkestein (2006/123/CE) rispetto alla quale lo Stato e le Regioni non hanno ancora fatto le leggi necessarie all’attuazione.
E’ difficile pensare che un’impresa possa affrontare la crisi economica e pianificare gli investimenti, senza la certezza di un rinnovo della concessione che faccia guardare al futuro.

Per sintetizzare i dati, del milione mancante, circa il 28% è riconducibile a concessioni scadute, il 27% a concessioni attualmente attive, e il 45% a concessioni revocate per morosità per due soli titoli concessori.
Escludendo quindi i pochi casi isolati di morosità conclamata, tra concessioni attive e scadute si osserva che gli importi versati fino ad oggi ammontano a diversi milioni di euro e la morosità si attesta alla media del 17% del totale delle indennità da riscuotere. Per questo motivo credo sia più esatto parlare di un fenomeno legato alla congiuntura economica sfavorevole piuttosto che ad una situazione di negligenza incallita.

Per concludere aggiungo che, ed arriviamo alla seconda grande questione, mentre i canoni sono stabiliti in maniera rigida da una legge, il valore economico dei terreni, che deriva dalla posizione di accesso all’acqua e al mare, fondamentale per la categoria, si deperisce in conseguenza al mancato livellamento dei fondali di Fiumara Grande e del canale navigabile (per quest’ultimo soffrono enormemente anche gli operatori della pesca e dei mezzi di soccorso a mare) e anche della Darsena.

Cosa fare. Quando il Sindaco Montino mi ha chiesto di occuparmi della cantieristica, sapevo già che avrei dovuto affrontare in primis questo problema. Anche se il tema mi sembrava una montagna da scalare non mi sono lasciato intimorire. Dopo essermi rivolto alle Attività Produttive della Regione Lazio, ho compreso che questi non potevano risolvere il problema per la mancanza di un quadro normativo aggiornato. A quel punto mi sono rivolto al Parlamento con il supporto dell’associazione di categoria Cna (Confederazione Nazionale Artigiani). Questo impegno si è concretizzato nel febbraio del 2016 con la presentazione di una proposta di legge “Disposizioni concernenti il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali marittime per i cantieri di costruzione e manutenzione di unità da diporto» (n.3615)“ i cui primi firmatari sono l’On. Marco Miccoli membro della Commissione Lavoro e l’On. Guglielmo Epifani, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera.

Dei passi avanti dunque su questo versante sono stati fatti. Mi auguro che si arrivi presto alla nuova normativa che ha l’obiettivo di cercare un equilibrio tra l’attuazione della direttiva europea e la tutela degli interessi degli attuali concessionari.

Per quanto riguarda la navigabilità del Tevere, l’amministrazione comunale ha più volte sollecitato le autorità competenti (Regione Lazio ed Autorità Portuale). Vista la complessità degli iter di approvazione, la mia proposta è di uscire dalla logica degli interventi saltuari e, dopo aver stabilito quale deve essere l’esatta conformazione dei fondali, pianificare una manutenzione costante e regolare.
Questo – conclude David Di Bianco – garantirebbe maggiore sicurezza alle imbarcazioni spingendo gli armatori che hanno lasciato Fiumicino a tornare nei cantieri del territorio che resta sempre uno degli approdi più importanti del Lazio e del Mediterraneo».