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Case Erp di Fiumicino: vinta una battaglia, non la guerra. Ecco perché

16 dicembre 2019 | 06:30
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Case Erp di Fiumicino: vinta una battaglia, non la guerra. Ecco perché

Gli inquilini ora si aspettano la revoca della convenzione da parte del Comune e l’acquisizione del palazzo a patrimonio comunale

Fiumicino – Dopo anni di speranze disattese e di colpevoli “disattenzioni” da parte della politica, la Regione Lazio ha applicato i poteri sostitutivi, cioè in sostanza ha “scavalcato” il Comune di Fiumicino, avviando la procedura di revoca del finanziamento pubblico per la vicenda delle case Erp di via Berlinguer.

Un passo fondamentale, ma non definitivo. E’ importante chiarirlo, per non adagiarsi su un pericoloso trionfalismo e, di conseguenza, credere che il caso sia definitivamente risolto. Per dirla in termini calcistici, siamo all’intervallo: il primo tempo vede in vantaggio i cittadini, ma c’è da giocare ancora un tempo per poter vincere la partita.

Revoca del finanziamento, cosa accade ora?

La revoca del finanziamento pubblico della Regione dà il “la” ad una soluzione positiva. Di fatto “obbliga” il Comune a revocare la concessione o ad annullare la Convenzione, perché senza il finanziamento pubblico e l’appurato mancato impiego di quest’ultimo per lo scopo prefissato (cioè realizzare un palazzo erp, quindi fine sociale), viene a mancare il presupposto fondamentale per l’esistenza stessa della Convenzione (per questo bando regionale, condizione essenziale affinché potesse essere stipulata la Convenzione era appunto la presenza del finanziamento Regionale).

Di conseguenza venendo a mancare quest’ultimo, anche la Convenzione decade. E il Comune, anche se dovesse iniziare dapprima con solo la revoca per fallimento, concluso l’iter della Regione dovrà comunque annullare la Convenzione.

case erp isolato stazione fiumicino

“Quindi – chiarisce Emiliano Piccioni, portavoce degli inquilini erp – sarebbe più opportuno che il Comune parta immediatamente con la procedura di annullamento piuttosto che con la revoca per fallimento, visto che comunque alla fine dovrà annullarla.

Risulta quindi scontato anche l’abuso in atti d’ufficio – spiega ancora Piccioni – qualora il Comune non seguisse la Regione con l’annullamento, che peraltro toglie qualsiasi incombenza di natura economica per il Comune nei confronti della curatela che, automaticamente – con la riacquisizione del terreno e quindi del palazzo – non avrebbe più nelle proprie disponibilità il palazzo per ripagare i creditori”.

I soldi erogati dalla Regione dovrebbero essere coperti da una fideiussione, ma di questo non c’è certezza. Non è detto che la Regione rientri fisicamente in possesso dei soldi erogati, ma di sicuro c’è il fine e la destinazione per cui vennero stanziati quei soldi, cioè di essere scomputati dal prezzo massimo di cessione stabilito dal Comune, quindi di finire ai legittimi destinatari che sono gli assegnatari promissari acquirenti.

Questo atto blocca la procedura fallimentare e dunque gli sgomberi?

Formalmente no, nessun blocco della procedura fallimentare. Anche se sarebbe abbastanza assurdo che il Tribunale fallimentare insista con gli sgomberi. In teoria il custode fallimentare potrebbe presentarsi alla porta di uno degli inquilini e procedere allo sfratto. Con l’ausilio della forza pubblica, cosa per adesso mai avvenuta, anche se il 21 novembre, esattamente un giorno dopo la scadenza dell’ultimatum, il custode fallimentare si è presentato per procedere agli sgomberi, ma non assistito né dalla forza pubblica né dal sistema di tutele sociali (ambulanza, servizi sociali), e di fatto facendo un buco nell’acqua.

In questa fase di transizione solo due condizioni possono tranquillizzare dal punto di vista degli sgomberi: o il giudice fallimentare annulla lo sgombero sulla base delle istanze presentate dagli inquilini e delle Istituzioni, oppure il Comune coinvolge direttamente la Prefettura ottenendo una rassicurazione concreta (che di fatto ancora non c’è) che finché non verrà portata a termine la procedura di revoca non fornirà supporto al Tribunale fallimentare (ed è presumibile che la Prefettura non si opporrebbe a tale richiesta, perché già i motivi sociali e d’ordine pubblico sarebbero sufficienti ad accettarla, se poi aggiungiamo anche il fascicolo del Pubblico ministero dove gli inquilini risulterebbero truffati e, ad oggi, l’avvio della revoca della Regione, difficilmente l’opzione da scegliere sarebbe quella di cacciare via delle famiglie che di certo non sono “occupanti senza titolo”.

Ora dunque i cittadini si aspettano alcuni atti concreti.In primis, come detto, la revoca della convenzione da parte del Comune, e contemporaneamente un impegno della Prefettura di non mettere a disposizione la forza pubblica per gli sgomberi.

La revoca regionale è da considerare già definitiva?

Anche in questo caso la risposta è “no”. Entro 30 giorni il curatore fallimentare potrebbe presentare ricorso, bloccando o annullando la procedura in atto. Difficile che ciò accada, in quanto l’interesse pubblico è evidente, e Comune e Regione sarebbero schierate – se da via Portuense arrivasse anche la revoca della concessione – dalla stessa parte. Ma nulla è definitivo se non dopo l’emissione di un documento che lo attesti, o una sentenza.

Dunque attenzione. La procedura di revoca del finanziamento pubblico da parte della Regione è un grande passo in avanti, ma non è assolutamente il caso di abbassare la guardia. Vanno formalizzati alcuni passi, dal Comune e non solo, prima di considerare davvero chiusa la questione.

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(Il Faro on line)