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Primo morto in Italia per il Coronavirus: è un uomo di 78 anni

21 febbraio 2020 | 23:56
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Primo morto in Italia per il Coronavirus: è un uomo di 78 anni

L’uomo, ricoverato già da una decina di giorni per precedenti patologie, è spirato all’ospedale di Schiavonia

Padova – Primo morto in Italia per il Coronavirus: è un uomo di 78 anni, di Monselice, nel padovano, risultato positivo alla malattia. L’anziano è deceduto nella serata di giovedì 21 febbraio 2020 poco dopo le 22,45.

Come riporta l’Ansa, era un muratore in pensione. L’uomo, ricoverato già da una decina di giorni per precedenti patologie, è spirato questa sera all’ospedale di Schiavonia (Padova), e non nell’ospedale del capoluogo euganeo, come riferito in un primo tempo.

Di lui aveva parlato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: “Per noi le analisi sono positive, stiamo aspettando la conferma dallo Spallanzani, ho parlato più volte con Borrelli oggi pomeriggio, sono due cittadini di Vo’ Euganeo, uno del ’42 e uno del ’53, uno in condizioni critiche in terapia intensiva. Siamo preoccupati”. Poi la morte. “Non c’è stato neppure il tempo per poterlo trasferire” ha detto il governatore Zaia.

A quanto si apprende, salgono inoltre a quindici i casi positivi al nuovo Coronavirus nel lodigiano. Il nuovo paziente sarebbe una persona della zona, della quale sono ancora da ricostruire gli eventuali collegamenti con gli altri contagiati. L’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera ha spiegato che sono risultati positivi “cinque operatori sanitari dell’Ospedale di Codogno e tre pazienti”.

“Tutti gli ospedali d’Italia si preparino”

Tutti gli ospedali d’Italia devono approfittare di questo periodo per prepararsi a fronteggiare il nuovo coronavirus, non solo il Sacco e lo Spallanzani, che sono strutture perfettamente attrezzate”. Parola dell’epidemiologo Pierluigi Lopalco, professore ordinario di Igiene dell’Università di Pisa, parlando con l’Adnkronos Salute del focolaio di Covid-19 emerso in Lombardia. “La situazione è da tenere strettamente sotto controllo”, aggiunge l’esperto.

E restano ancora molte le cose da capire. “A partire dal paziente zero: dobbiamo ancora capire se è stato individuato, oppure no. Il contatto del malato ricoverato a Codogno, e rientrato dalla Cina, è risultato negativo al test: potrebbe essersi liberato del virus, e questo ce lo dirà l’eventuale presenza di anticorpi nel suo sangue. Altrimenti occorrerà cercare ancora.

Un altro problema – aggiunge Lopalco – è rappresentato dal fatto che quelli individuati sono quasi tutti casi gravi, che sappiamo essere il 20% del totale. Dove è finito l’altro 80%? I colleghi stanno facendo proprio questo lavoro, testando 250 contatti. Il paziente di Codogno infatti anche con i sintomi ha lavorato, ha fatto sport ed è andato in giro”.

Dunque per l’epidemiologo “al momento qualunque misura di restrizione che possa limitare la circolazione del virus è ottima. Dobbiamo approfittare per preparaci. E devono farlo – conclude – tutti gli ospedali d’Italia“.

(Il Faro online)