Checco dello Scapicollo: “Non stiamo lavorando, converrebbe chiudere”

14 novembre 2020 | 19:03
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Checco dello Scapicollo: “Non stiamo lavorando, converrebbe chiudere”

Ristorazione al collasso, parla uno dei ristoranti più famosi di Roma: “Le poche entrate non bastano a sopravvivere”

Roma – È sempre più grave la situazione di collasso economico nel settore della ristorazione: a parlare è il proprietario di “Checco dello Scapicollo“, uno dei ristoranti romani più famosi e frequentati della Capitale.

Prima dell’ultimo Dpcm, una giornata di media affluenza corrispondeva a 60, 70 coperti. Quando il ristorante era affollato, la media era ancora più alta. In queste settimane, non arriviamo contare più di 15, massimo 25 coperti totali. Le persone hanno paura di mangiare fuori: le famiglie non vengono più nemmeno la domenica

Così il proprietario dello storico ristorante, Francesco Testa, denuncia il momento di profonda crisi in cui riversa la sua attività e in generale anche quelle di tutti i suoi colleghi ristoratori: “Quasi preferirei chiudere, invece di andare avanti così“, dichiara, accusando anche un forte sentimento d’incertezza generalizzato e la mancanza dello spirito giusto per continuare a lavorare.

Con la chiusura degli uffici e l’incremento dello smartworking“, continua,  “L’affluenza è diminuita drasticamente e le entrate non coprono le spese. Con le nuove regole di stare a tavola soltanto in quattro per volta, le cose sono peggiorate ancora di più.  In trent’anni che faccio questo mestiere, è la prima volta che il fornitore di bevande non ha ricevuto una mia richiesta.” Delineando, tra l’altro, il consequenziale collasso dei fornitori e le problematiche relative alla quantità di spesa da fare, ormai contingentata, per non buttare scorte di cibo che, senza clienti, andrebbero buttate.

Il ristoratore conferma ancora una volta gli sforzi economici impiegati nella sanificazione del locale e per rispettare tutte le regole del distanziamento sociale, affinchè mangiare al ristorante potesse diventare un’attività sicura. Sono stati fatti anche degli investimenti per mantenere il più possibile l’attività all’aperto e tenerla al sicuro dagli spazi chiusi. “Abbiamo fatto delle spese per comprare i funghi di riscaldamento da esterno, così da poter servire ai tavoli fuori per il più lungo tempo possibile, ma ora con il freddo e ulteriori provvedimenti da parte del governo, non credo che tutto questo sarà servito a molto.”

Francesco Testa, insieme a molti altri ristoratori e proprietari di attività e pub, fa parte dell’associazione M.I.O. (Movimento Imprese e Ospitalità), di cui circa 200 persone costituiscono un gruppo Whatsapp di supporto e confronto, nato per superare il lockdown. Su Telegram, questo numero sale a 800 utenti: lavoratori che si connettono tra loro, facendosi forza reciprocamente in un momento cui le attività rischiano di non sopravvivere, andando incontro a una chiusura definitiva.
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